Riflessioni della domenica (e del lunedì)
Qualcosa si muove anche in periferia (la grande periferia di Torino) dopo i Congressi di DS e Margherita.
La prima riunione della Direzione DS di Torino ha in fondo segnato un nuovo clima.Sinceramente c’era rammarico, ma anche accettazione serena della scelta dei compagni della mozione Mussi di cercare nuove aggregazioni con la sinistra più “ortodossa” e identitaria. Altrettanto sinceramente c’era soddisfazione per la scelta di quasi tutti i compagni della ex mozione Angius di restare e segnare della propria ricerca e della propria identità il percorso del nuovo partito.
Tutto bene, ma mi sia consentito qualche compiaciuto stupore. Davvero il Congresso e il suo esito è stata un’idrovora. Hafagocitato e attratto a sé anche gli scettici più duri.
A parte l’ovvia rivisitazione del “Manifesto” e la battaglia che tutti ci accomuna sulla difesa della laicità (ma misuriamoci sulle soluzioni legislative possibili, compagni…) a quale metamorfosi (spero non camaleontica) della Angius stiamo assistendo!
Prima la denuncia del patto oligarchico DS-Margherita, ora il monito pubblico e continuo a fare tutto, a fare subito, a celebrare e consumare il matrimonio DS-Margherita in ogni gruppo e in ognicomune o comunello, con l’indice accusatore contro i “fassiniani” tiepidi. E poi è tutto un parlare di liste trasversali per la Costituente, di appello al popolo dell’Ulivo etc…!
Folgorati sulla via di Damasco, anzi del Congresso.
Luca Ricolfi oggi su “La Stampa” e il ministro Parisi sul “Corriere” parlano di referendum e di PD.
Disboscare i “cespugli” micropartitici e sfidare i grandi partiti all’autoriforma per la stabilità del governo e la difesa del bipolarismo, creare un sistema per difendere il bipolarismo e l’alternanza sono i compiti radicali dei riformisti di buona stoffa.
Contro ogni risorgente politica dei due forni, pur evocata da qualche esponente della Margherita, il referendum è il vettore di tante potenzialità riformatrici. Parisi invita a ben calibrare il peso delle parole. “I partiti chiamano i sistemi elettorali e i sistemi elettorali chiamano i partiti”, scrive “e il PD per cui dobbiamo spenderci dev’essere un partito nuovo , quindi nessuna addizione di partiti, né fusione, né continuazione”. Fatta la tara della sua consueta solitaria radicalità, Parisi ha nella sostanza ragione.