Questa campagna elettorale regionale ed europea, a Torino almeno, è circondata da un po’ di silenzio. Io sto andando dappertutto: si moltiplicano singole iniziative di presentazione dei candidati, ma si procede in modo molto frammentario.
È come se la faticosissima ricerca delle preferenze individuali avesse messo il silenziatore ad una campagna politica e amministrativa che doveva essere invece molto forte e propositiva. Non bastano certo le aperture iniziali al Palaisozaki a dare il carburante a tutta la campagna.
Il messaggio più importate che dobbiamo far passare è che c’è una battaglia in corso tra riformismo e populismo. I riformisti, coi quali ci identifichiamo, si battono per la riforma dell’architettura europea, affrontano il problema di un’Europa a due velocità, L’Europa nordica, con un surplus e una produttività enormi, che non sviluppa in maniera sufficiente i consumi dei suoi popoli, e un’europa del sud, che ha un grande debito pubblico e un surplus commerciale molto limitato, che ha problemi strutturali di riforma della pubblica amministrazione, di riforma della contrattazione e dei salari.
Unificare queste due Europe in un progetto nuovo doveva essere la nostra parola d’ordine. Invece si cincischia sul “dentro l’euro”, “fuori dall’euro”, “tutta colpa dei tedeschi”, si cerca il male massimo nella Merkel. L’egemonia ora in europa sta tutta in mano alla Germania ed è egemonia politica, non solo economica. Noi vorremmo un’europa diversa, più ricca e più unitaria, e non siamo per ora riusciti a dare il senso di questa battaglia. Adesso spero che prenderemo la rincorsa.