L’apertura della campagna elettorale al Palaisozaki a parer mio è stata un po’ fiacca quanto a forza di argomenti politici. Molto pop politic la lunga sfilata dei sindaci candidati e delle quattro capolista, tutte vestite da ragazzine come per un cast televisivo, nessun serio approfondimento sulla questione europea, quasi che si trattasse solo di mandare fresco personale politico in un tempo qualunque della storia europea, come se non ci fosse stato il voto in Francia, Ungheria ecc. Troppo casting, poca politica.
Per fortuna ha recuperato Chiamparino in alcune parti del suo discorso, che ha dato storicità e spessore alla sua sfida e al ruolo del Piemonte in Italia e in Europa. Considero però un po’ eccesivo però il continuo autobiografismo di Sergio che ha voluto riconoscere a Renzi quel coraggio riformista che lui dice di non aver avuto. Molti di quelli che lo ascoltavano si saranno chiesti come mai.
La spiegazione si è trovata nella sua intervista ieri a La Stampa: nel 2009 io e alcuni amici tra cui Morando e Morri gli chiedemmo di candidarsi a segretario e sfidare Bersani, che ci sembrava su posizioni conservatrici. Fino all’ultimo ci disse di sì. Poi ricordo un bel giorno, quando io e Morri salivamo trionfanti le scale del Senato dicendo che Chiamparino aveva accettato, fummo invece travolti da un coro di risate dei nostri colleghi che avevano letto la recentissima dichiarazione stampa di smentita di Chiamparino. Ci dissero che erano stati “illustri consiglieri” a fargli cambiare idea e su La Stampa ieri Sergio accennava anche a ipotesi di sviluppi di carriera che gli erano state fatte.
È vero, allora mancò di coraggio. Se avesse avuto più fiducia nelle sue forze e in quelle dei tanti riformisti che ci sono e c’erano nel PD la storia di questo partito sarebbe stata diversa, la sua evoluzione sarebbe stata meno caotica e rischiosa.
Non posso che ricordare il coraggio di Enrico Morando quando nel 2001 presentò la mozione congressuale anticipatrice dello sviluppo del PD che si distingueva nettamente da quella di sinistra e da quella centrista di Fassino ed altri. Eravamo quattro gatti, sapevamo di fare una battaglia difficile ma non ci mancò il coraggio.
Il comizio finale di Renzi è stato buono anche se tutto centrato sul programma di governo. Anche lui non ha voluto cogliere la dimensione europea.