Sento una personale responsabilità per quello che sta accadendo ai fucilieri della San Marco in India.

La normativa sul contrasto della pirateria, con particolare riferimento all'impiego di nuclei di protezione a bordo del naviglio civile, è stata lungamente discussa in commissione difesa di camera e senato e approvata in sede legislativa, senza passare dalle camere.

A lungo ci si è divisi su due fronti: tra chi avrebbe preferito usare contractors civili, anche formati da società di ex militari, e chi sosteneva la superiorità tecnica ed etica di mettere esponenti dell'esercito a difesa delle navi commerciali. Il primo modello è seguito da Inglesi, olandesi, tedeschi e americani, il secondo da francesi e spagnoli.

Per pura intuizione, per prudenza e precauzione, io mi ero dichiarata per il primo modello. Avevo discusso molto con i miei colleghi, sostenendo che, se fosse accaduto qualche incidente, sarebbe stato chiamato in causa lo Stato, non solo gli armatori.

Certo, le dolorose vicende di sequestro di equipaggi legittimavano anche la seconda ipotesi. Ci dividemmo allora in modo trasversale tra le forze politiche e fu infine decisiva la volontà degli armatori e il farsi avanti della marina militare. Sembrava allora la soluzione più responsabile, più garantita, meno esposta a possibilità di scontri arbitrari.

Le cose hanno purtroppo dimostrato che le complicazioni diplomatiche, l'incertezza della catena di comando tra il comandante della nave civile e i comandanti militari che non sono a bordo può creare un corto circuito drammatico.

La commissione ha deciso oggi di riaprire una serie di audizioni con la marina e i prefetti per definire i nuovi regolamenti che i ministeri degli interni, degli esteri e della difesa non hanno ancora emanato da luglio.

Ci auita il diritto intenrazionale, ci aiuta l'ONU, ci aiutano i procuratori militari. Srande silenzio dell'Europa.