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Ceccanti: the day after

By 02/11/2009Politica

L'alta partecipazione alle primarie non era affatto scontata e ha reso irreversibile lo strumento delle primarie aperte, in cui ci si può iscrivere anche fino all'ultimo momento, nonostante le velleità di chi avrebbe voluto restringere la registrazione a un po' di giorni prima, cosa che ucciderebbe la partecipazione. Assai rilevante poi la forza delle motivazioni di opinione tra gli elettori che hanno votato Bersani in nome della sua biografia di uomo di governo.

A prima vista, in chiave quantitativa, il voto degli iscritti è stato meramente confermato da quello degli elettori, ma dal punto di vista qualitativo così non è. Tra gli iscritti si può vincere anche solo per motivazioni di appartenenza e credo che sia largamente stato così. Invece tra gli elettori, quando si arriva più o meno a un milione e mezzo di voti, pesa il voto di opinione e in questo caso, come aveva ben rilevato Stefano Folli, prevale in realtà l'idea di indicare il candidato Premier attraverso la figura del segretario. Folli aveva chiarito bene: se votano in pochi è perché pensano di scegliere il segretario del primo partito che organizza le riunioni della coalizione, se votano in molti questi saranno mossi anche e soprattutto dalla volontà di scegliere un candidato Premier.

E così credo che sia stato. Anche se Bersani si è sempre schierato per il non automatismo delle due cariche, certo non ignora che questa è stata una delle cause del suo successo e sarebbe certo molto difficile pensare, dopo aver smosso tre milioni di elettori, di cedere la candidatura alla premiership a un tecnico senza consensi o al leader di un partito minore con meno voti alle elezioni di quanti siano stati mobilitati alle primarie.

Questo è il parlamentarismo delle grandi democrazie europee, non il presidenzialismo. La particolare tipologia di democrazia parlamentare senza alternanza che vigeva in Italia fino al 1989 comportava un'esclusione degli elettori dalla scelta diretta di chi avrebbe dovuto guidare il Governo: l'assenza di alternanza faceva sì che il sistema recuperasse pluralismo nella continua rotazione alla guida del Governo tra i capicorrente della Dc e poi anche tra i principali esponenti dei partiti alleati. Ma la legittimazione diretta del Presidente del Consiglio, che si è imposta dal 1994, non è per niente inibita dalla Costituzione. Infatti l'articolo 92 della Costituzione che prevede la nomina da parte del Presidente della Repubblica va letta insieme all'articolo 94 che richiede entro dieci giorni la fiducia parlamentare. Se il comportamento delle forze politiche, incentivato dal sistema elettorale, consente al Presidente della Repubblica di individuare da subito dopo il voto chi può avere la fiducia, meglio per tutti.

D'altronde anche nelle altre grandi democrazie parlamentari le regole costituzionali prevedono opportunamente, dando certezza e flessibilità al sistema, tutta una serie di norme che coinvolgono il Capo dello Stato e il Parlamento, ma la Cancelliera Merkel non ha certo aspettato né la designazione del Presidente né il voto di ieri del Bundestag per festeggiare, lo ha fatto la sera delle elezioni. Non a caso in Germania e in Spagna, dove l'autonomia statutaria dei partiti è inquadrtata per legge, nessuno parla di presidenzislismo né di violazione della Costituzione per quegli statuti che regolamentano le forme di legittimazione diretta dei Premier. Ad esempio lo Statuto della Spd regola esplicitamente la scelta del candidato Cancelliere (art. 13 par. 1), così come gli articoli da 35 a 38 dello Statuto del Psoe regolano la designazione del candidato Presidente del Governo.

 

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MAGDA NEGRI

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