Ma che è successo nella fatal Novara?- Il Riformista – 2 giugno 2011 – Claudio Petruccioli
Ma l’espressione “fatal” che l’accompagna nei nostri ricordi scolastici, non si riferisce alla battaglia che si svolse nel 1849 e indusse lo sconfitto Carlo Alberto all’abdicazione e all’esilio portoghese, dove lo avrebbe seguito un secolo più tardi il discendente di quarta generazione Umberto II, il “re di maggio”. A quella battaglia Carducci fa riferimento in Piemonte; ma lì Novara (la città) è definita “brumal”, non “fatal”.
La Novara “fatal” è sempre carducciana; ma compare in Miramar e indica la nave di Massimiliano I d’Asburgo, il quale, dopo aver alimentato speranze vane nei patrioti italiani, finì sotto il fuoco dei repubblicani come imperatore del Messico. Il grande Manet ce lo racconta in un famoso dipinto.
Non penso sia il caso di scomodare l’aggettivo “fatale” per parlare dei risultati elettorali in quella città; ma almeno sorprendenti si può definirli. Novara, prima di queste ultime elezioni, aveva alle spalle dieci anni di governo locale della destra, Lega e Pdl. Nel 2010 il sindaco Giordano si candida per il Consiglio regionale, al seguito del concittadino Roberto Cota. Novara contribuisce generosamente alla loro affermazione. Evidentemente sicuri che la loro nuova “caratura” regionale avrebbe consolidato il consenso, hanno puntato su un uomo per loro affidabile e sicuro: Mauro Franzinelli.
Lui stesso presenta le proprie credenziali in questi termini: «di professione impiegato direttivo, Segretario Provinciale della Lega Nord, membro del consiglio di amministrazione del Cim e poi dell’Assa, e del consiglio di amministrazione di “So.ge.i.no Srl” (Società gestione impianti idrici novaresi). Consigliere comunale negli anni ’90, è stato assessore nella giunta Giordano». In quest’ultima veste ha avuto un momento di notorietà nazionale come ispiratore della ordinanza del sindaco emessa nel 2008 che prevedeva il divieto di “stazionamento” per gruppi superiori a 3 persone. Si è presentato come “l’uomo di Cota” e di Giordano.
Sia lui che i suoi patron hanno coltivato questa immagine, evidentemente convinti che avrebbe pagato elettoralmente.
A contrastarlo, da sinistra, Andrea Ballaré, un quarantenne laureato alla Cattolica di Milano, commercialista, fondatore e titolare di uno studio professionale, aderente al Pd, prevalso nella competizione primaria con Nicola Fonzo, dirigente scolastico aderente a Sel.
Al primo turno Franzinelli raccoglie un cospicuo 45,89% contro il 31,2, quasi quindici punti di distacco. In numeri assoluti la distanza fa ancor più effetto: dei poco più di 53 mila voti, Franzinelli ne prende ben 24.500 contro i 16.658 di Ballaré. I restanti si distribuiscono fra “grillini”, centristi, Idv e altri minori. Al ballottaggio i voti sono stati 46.331. Ballaré è salito a 24.516, con un incremento di quasi il 50%; Franzinelli è sceso a 21.815, 2.685 meno di quelli ottenuto nel primo turno, con un calo del 12%.
Cosa può aver indotto a votare al ballottaggio per Ballaré un numero così grande di persone che non lo avevano votato al primo turno? E, soprattutto, qual’è stato il motivo per cui più di un elettore su dieci fra quelli che avevano votato Franzinelli al primo turno hanno deciso di sottrargli l’appoggio nello spareggio decisivo?
Ha pesato sicuramente, qui come altrove, il modo in cui i candidati sono stati scelti. A Novara, però, l’elezione di quella persona, proposta in quel modo, esibita in quel modo, deve essere sembrato – così, almeno, penso io – il tentativo di saldare una catena che aveva già in Cota e Giordano due anelli forti; di perfezionare, in fin dei conti, quello che nella prima repubblica veniva definito un “sistema di potere”. E anche questo, oggi, i cittadini non sono propensi ad accettare.
La “seconda repubblica”, il superamento del sistema dei partiti e della logica “consociativa” che lo regolava, era, negli auspici, la premessa per liquidare quel “sistema”, per cancellare infeudamenti, per affermare responsabilità trasparenti e controllabili. Non è stato così. Anche a livello locale il “sistema di potere” non solo non è stato intaccato ma è diventato più capillare e pervasivo.
La Lega, laddove è forza preponderante, si propone di assumerne il controllo e lo dichiara in modo esplicito, come fece Bossi dopo le regionali dell’anno scorso, quando rivendicò spazio nelle fondazioni bancarie.
È stupido pensare che tutto ciò avvenga nella distrazione e nella indifferenza dei cittadini; i quali, senza illusioni ma con testardaggine, continuano a perseguire – io credo – la liquidazione dei “sistemi di potere”, chiunque ne sia il gestore e il beneficiario; perché non vogliono essere destinatari di favori ed elargizioni, ma titolari di diritti.
È vero che la Lega deve la sua forza anche al “radicamento sul territorio”; come il “vecchio Pci”, secondo molti. Peraltro, nelle zone del lombardo – veneto dove la Lega è nata e prospera, il “radicamento” ce l’aveva soprattutto la Dc, con tutti i suoi satelliti. E quel radicamento non era solo sociale e territoriale, ma annidato profondamente in tutti i gangli del potere, a cominciare da quello locale. Basta ripensare alla Cariplo di Giordano dell’Amore, e, ai giorni nostri, guardare alla “costellazione” CL.
Evidentemente, la Lega – e non è la sola – ha in testa quel modello di “partito”; e si muove di conseguenza. Penso che a Novara (ma anche altrove) se ne siano accorti e abbiano voluto dire che non apprezzano. Il problema – evidentemente – non riguarda solo la Lega. Queste ultime elezioni fanno capire che i cittadini accettano sempre meno una pratica politica e partiti che producono intermediazioni che arrivano a taglieggiarli, e comunque li umiliano e li espropriano.
Penso che anche le nuove amministrazioni della sinistra, a cominciare da quelle “faro” di Milano e Napoli dovranno prestare grande attenzione al rapporto con i luoghi del potere locale, che sono molti e poderosi. Su questo terreno, prima che su ogni altro, saranno valutate.