Skip to main content

Claudia Mancina sulla vicenda di Eluana

Il Riformista – 21 Gennaio 2009 – Su Eluana non ci si divide tra assassini e amanti della vita

Caro Giuliano Ferrara – Stamattina (ieri per chi legge) ho partecipato alla tua trasmissione radiofonica su Radio 24. Il tema era Eluana Englaro: un tema difficile e delicato, sul quale si misurano modi diversi di concepire la vita e la morte, il ruolo della medicina e dell'assistenza, i nostri doveri verso noi stessi e verso gli altri.

 La discussione su questo tema dovrebbe quindi essere molto
attenta e rispettosa: di Eluana anzitutto, e della tragedia che ha
investito questa ragazza e i suoi familiari. Ma anche rispettosa
delle inevitabili differenze di giudizio, del modo in cui ciascuno di
noi, sulla base della sua concezione del mondo, mischiata con la sua
sensibilità, con le sue esperienze, con la sua capacità di risposta
emotiva, arriva a formulare la sua opinione. Io non credo che tu – in
quest'occasione come in molte altre – abbia mostrato rispetto.
Non si rispettano gli altri quando il problema etico della situazione
viene rappresentato nella forma di un interrogativo su «quale mondo
vogliamo, un mondo in cui le persone come Eluana sono assistite
misericordiosamente, o un mondo in cui sono accompagnate alla morte».
Questa è una rappresentazione falsa, che serve a svalutare a priori
la posizione e gli argomenti di chi è favorevole a lasciar morire le
persone che si trovano ormai da anni in stato vegetativo persistente.
Noi che la pensiamo così abbiamo molti argomenti, che tu puoi
legittimamente trovare non convincenti, ma non puoi piegare a una
interpretazione tendenziosa.
Molto opportunamente un ascoltatore ti ha risposto che vorrebbe un
mondo in cui si possano fare ambedue le cose, seguendo la volontà
espressa dal paziente (è il tema delle direttive anticipate).
Io aggiungerò che chi vuole lasciare andare Eluana, non trattenerla a
tutti i costi in una vita vegetativa, lo ritiene un dovere di
assistenza, che nasce dal rispetto della dignità personale di
chiunque si trovi in quella situazione, e considera questo, nelle
circostanze date, il modo giusto di dare valore alla vita di una
persona umana, cioè un essere che pensa, ama e soffre, e che, quando
amava e pensava e soffriva, ha dato indicazioni, che vari tribunali
hanno considerato attendibili, in questo senso. Si può pensarla
diversamente; si può pensare che il valore della vita sia qualcosa
che non può essere mai misurato e deve essere difeso a tutti i costi,
anche nelle situazioni estreme, anche contro la volontà della persona
interessata. È un'opinione che io rispetto perché penso che si tratti
di questioni di frontiera, di questioni nuove, che non si risolvono
facilmente. Un secolo fa, o molto meno, Eluana sarebbe morta il
giorno dell'incidente o qualche giorno dopo, e il problema non si
sarebbe posto. I progressi della medicina – mai abbastanza benedetti –
hanno le loro vittime collaterali: quelle che sopravvivono alle
tecniche di rianimazione, senza però recuperare nemmeno parzialmente
la loro vita. Vogliamo vedere in questo un problema?
Tu no. Tu dividi il mondo tra quelli che difendono la vita e quelli
che la offendono, tra quelli che vogliono assistere e quelli che
vogliono uccidere. È un'operazione troppo semplice. La vita non è
così semplice, e nemmeno la morte, oggi. Io non voglio uccidere
nessuno, ma riconsegnare alcuni miei simili sfortunati (e me stessa,
se dovessi trovarmi in quella situazione) al processo il più
possibile naturale della morte. Di questo si tratta. La pensiamo
diversamente: discutiamone, com'è giusto e necessario tra cittadini
che condividono lo spazio politico democratico nel quale si prendono
le decisioni destinate a investire la vita di tutti noi. Ma accusare
preventivamente e sommariamente tutti quelli che non la pensano come
te di avere una cultura pagana e una intenzione anti-cristiana (come
se fosse solo il cristianesimo ad avere portato nel mondo il valore
della vita) non aiuta la discussione; così come non la aiuta
annullare la distinzione tra direttive anticipate ed eutanasia o
suicidio. Talvolta mi chiedo perché tu e quelli che la pensano come
te non riusciate a fare a meno di deformare le opinioni diverse.
Forse volete sfuggire la discussione più ravvicinata sulle differenze
di visione. Forse avete paura che il vostro punto di vista non sia
abbastanza forte da contrastare quella che vi pare una deriva
antietica inarrestabile del mondo di oggi. Comunque è un vero peccato
che non si possano affrontare con più serenità, facendosi
reciprocamente giustizia, temi come la sacralità della vita e il
valore della vita individuale, della biografia di una persona così
come lei stessa l'ha costruita o intendeva costruirla. Due valori
che, in certe circostanze, possono entrare in tensione, imponendo a
tutti uno sforzo di riflessione in più.

Close Menu

MAGDA NEGRI

www.magdanegri.it

IL MIO PARTITO