Il vuoto tra vita e politica
L'inaspettata rapida conclusione della vicenda Englaro non segnerà, temiamo, la fine della grave crisi etica oltre che istituzionale nella quale è precipitato il paese. Io non so se sia vero che, come scriveva ieri il nostro direttore, questa crisi ha cambiato le nostre certezze. Ma è certamente vero che ne usciamo con un passo indietro, con un imbarbarimento del dibattito pubblico.
Guardiamo all'opposizione. Quella tradizionale (da Di Pietro a
Ferrero, da Micromega ai girotondi) si è prontamente allineata alla
classica reazione laica, denunciando l'ingerenza del Vaticano e la
subalternità del governo. Una reazione non certo infondata, ma troppo
ripetitiva per parlare a qualcuno che non ne fosse già
preventivamente convinto. Una reazione che non si propone nemmeno di
trovare risposte nuove, perché non ritiene di trovarsi di fronte a
domande nuove. Il Partito democratico, invece, ha meritoriamente
cercato di non allinearsi puramente e semplicemente a questa
posizione, senza però riuscire a delineare una posizione autonoma.
È anche troppo noto che la divisione interna tra laici e cattolici è
all'origine di questa difficoltà. Il problema però non si esaurisce
qui, e merita una riflessione più distesa. Non si può accettare come
ineluttabile la divisione del Pd di fronte ai temi etici, e d'altra
parte non si può pensare che la divisione, se si verifica, equivalga
a una clausola di scioglimento del partito.
Intanto si deve osservare che il discrimine non passa propriamente
tra laici e cattolici, ma tra i due ex-partiti: tanto che i cattolici
provenienti dai Ds escludevano di votare sì al ddl del Governo.
Questo vuol dire qualcosa, e precisamente che non si tratta solo di
questioni di coscienza ma anche, e forse soprattutto, di questioni di
identità politica. Del resto l'ha detto chiaramente Marini quando ha
affermato di non voler lasciare la rappresentanza dei cattolici alla
destra. Allora forse il Pd dovrebbe interrogarsi seriamente,
attraverso un autentico dibattito, su che cosa significa oggi
rappresentare i cattolici. Molti di noi si chiedono se i cattolici
italiani non siano un mondo troppo vasto e composito per essere
rappresentato in quanto tale, e se non si faccia qualche confusione
tra rappresentare i cattolici o il Vaticano. Nel caso in questione,
mentre è comprensibile (sebbene criticabile) che i cattolici del Pd
votino il testo della maggioranza sul testamento biologico, era però
molto meno comprensibile e accettabile che votassero a favore del ddl
sostitutivo del decreto, avallando così l'operazione del governo e
implicitamente l'attacco a Napolitano. Queste sono questioni
politiche che dovrebbero essere affrontate, senza nessuna
prevaricazione ma anche senza erigere recinti identitari.
Ancora più a monte, però, c'è il problema di come il Pd nel suo
complesso ha affrontato l'iniziativa berlusconiana sul caso Englaro.
Era senz'altro giusto e necessario sottolineare la gravità della
crisi istituzionale, intenzionalmente cercata dal governo, e fare
scudo al presidente della Repubblica, attaccato in modo vergognoso.
Tuttavia, concentrare la risposta solo sull'attacco alla
Costituzione, per di più con il riflesso condizionato della retorica
resistenziale del tipo "la Costituzione non si tocca", significa
mancare il bersaglio. La forza dell'iniziativa di Berlusconi sta
infatti nella spudorata, violenta, ma efficacissima connessione tra
vita e politica. Berlusconi, insomma, ha colto e cavalcato la
dirompente novità delle questioni bioetiche, che proprio perché
mischiano insieme l'ambito più strettamente personale e intimo con la
dimensione pubblica sono così difficili da gestire e da risolvere. E
proprio per questo si prestano meglio di qualunque altra questione a
fare un affondo decisionista contro l'equilibrio dei poteri. Solo
questo retroterra poteva produrre comportamenti inauditi da parte di
un presidente e un vicepresidente di gruppo, come Gasparri e
Quagliariello. Se non si comincia col riconoscere questa novità, si è
destinati a perdere il rapporto con l'opinione pubblica, che non è né
un'assemblea di giuristi né un circolo Anpi, e a restare molto
indietro rispetto alla capacità di manovra del premier. Bisogna avere
il coraggio di affrontare i temi della vita, scontando che ci siano
anche accenti diversi nello stesso partito. Ma interpretare il
necessario e giusto pluralismo come una condanna all'afasia è un
errore fatale. Non ci dev'essere una verità di partito? D'accordo.
C'è però una dimensione politica dei temi etici, che riguarda
l'individuazione dei principi sui quali una legge deve fondarsi.
Principi politici, che consentano a ciascuno di seguire i propri
principi etici. Nel Paese c'è una grande confusione. Quagliariello
vorrebbe farne una guerra di civiltà. Sarebbe invece compito del
Partito democratico fare la sua parte per avviare un dibattito serio
e sereno su quali sono i confini della politica rispetto all'etica,
ma anche dell'etica rispetto alla politica. Se un lavoro di questo
genere venisse fatto, la risposta a Berlusconi sarebbe più efficace,
e anche la difesa del presidente della Repubblica sarebbe più forte.