Skip to main content

Corto circuito – Editoriale su Libertaeguale.it


Un mio intervento pubblicato su sito di Libertàeguale

C’è un corto circuito tra ogni sforzo che il gruppo dirigente nazionale produce sulla linea della coerenza con la proposta del Lingotto per il Pd e la ricaduta di tutto ciò a livello periferico nel partito. E’ mia opinione che buona parte del problema stia in un difetto di nascita del partito, una sorta di sommatoria correntizia dei gruppi dirigenti nazionali, regionali, provinciali, fino all’ultimo circolo.
Ma certo, se tanto tempo passa e poco o nulla si muove, va chiamata in causa una afasia culturale, una incertezza di prospettive strategiche o più semplicemente una non condivisione ormai sedimentata come un terreno spesso e spugnoso su cui ogni pallina che cade non rimbalza più.

Credo che abbia abbastanza ragione Macaluso quando sostiene che l’ipotesi stessa del partito a vocazione maggioritaria non è condivisa da buona parte dei gruppi dirigenti intermedi, o, perlomeno, la sua gestione da parte dell’inner circle veltroniano.

D’altra parte io non credo che saranno le prossime amministrative o europee a operare una “catarsi negativa" che scioglierà i nodi. E’ stato un grave errore sfiancare così un partito nascente senza offrire il traguardo di un congresso. Come forse non è stata una scelta felice lo scivolamento della conferenza di programma a ridosso delle elezioni. Se non viene in soccorso una convinta pedagogia politica, il partito localmente vive di rilessi indiretti, di antichi automatismi e di improvvisati sincretismi.

Si avvicinano le elezioni provinciali. La natura del collegio uninominale, sia pur proporzionale, solleciterebbe il ricorso alle primarie, ma, se non governate, i risultati non assicurerebbero il rispetto dei vincoli statutari, della rappresentanza di genere, del pluralismo culturale e del rinnovamento.

Il Pd di Torino e provincia, dopo una iniziale accettazione delle primarie, ha votato in assemblea un regolamento somma di ogni contraddizione:

– si garantiscono ai consiglieri uscenti tre legislature: i collegi di città e provincia sarebbero presidiati dallo stesso personale politico per 15 anni.
– violando lo statuto nazionale, che prevede il diritto di iscritti e di elettori di avanzare candidature, si è poi deciso che questo diritto spetti solo ai Comitati di circolo (in genere fra i 60 e i 100 membri eletti secondo i criteri correntizi del 14 ottobre)
– la somma di proposte dei circoli dovrebbe essere ordinata dalla segreteria provinciale che assegna un rappresentante per ogni collegio secondo assai vaghi criteri perequativi.

Solo alla fine – in mancanza di accordo nei collegi, con la richiesta da parte del 30% del comitato direttivo, nel caso che il candidato proposto dal segretario del collegio sia il consigliere uscente, oppure con la richiesta da parte del 20% del comitato, se la proposta è di un nome nuovo – può essere attivata la procedura delle primarie.

Stranissime primarie, però. Non una libera competizione, ma primarie di resistenza, di contestazione, quasi di fronda al candidato ufficiale del partito. Con un soggetto proponente rappresentato solo da un pugno di dirigenti locali. Cosa ha a che fare tutto ciò con il partito aperto e propulsivo di energie? E che dire della necessità durante l’assemblea di un mio didascalico richiamo allo statuto nazionale del Pd, quando le componenti mostravano di concordare sul principio che per candidarsi bisogna essere obbligatoriamente iscritti al Pd? Neanche più gli antichi e affettuosi indipendenti di sinistra. E poi che ruolo esercitano i segretari regionali? Se c’è un giudice a Berlino, c’è un responsabile dell’organizzazione a Roma?
 

Close Menu

MAGDA NEGRI

www.magdanegri.it

IL MIO PARTITO