Interessante e degna di una vera attenzione questa intervista a Gianni Cuperlo.
Voglio però aggiungere alcune considerazioni per non fermarci solo all’esortazione e al volontarismo.
La preferenza unica, o la doppia preferenza di genere, cioè il sistema elettorale diffuso per comune e per regione, necessariamente seleziona gli organizzatori di preferenze, che si consolidano ad elezione avvenuta.
Basta guardare quello che sta avvenendo in questi giorni nelle regioni e comuni che vanno al voto.
Non so se bene o male, comunque è un fatto.
Il partito è senza dubbio oggi in mano agli eletti.
Ma tutto questo è inevitabile?
Certamente no, basta applicare lo statuto del PD, che radica un partito organizzato e, insieme, di opinione… mobilitando grandissime energie.
Il nostro statuto prevede:
1 – la conferenza annuale di programma, mai fatta da nessun gruppo dirigente;
2 – regolari referendum tra iscritti ed elettori su svariati temi e potenzialmente larghissimi, mai fatti e nemmeno mai prodotto il regolamento;
3 – non solo per organismi dirigenti e cariche elettive le “candidature di area”, ma anche le auto candidature… credo siano state pochissime e questa pratica non è stata incoraggiata;
4 – la cura dell’album degli elettori, cioè quella cerchia ancora vasta di simpatizzanti che votano le primarie del PD per il segretario nazionale.. ancora nel 2023 furono un milione. Qui c’è un problema particolarissimo: perché successive leggi sulla privacy e regolamento europeo ne impediscono la fruibilità.
È come se questa energia si materializzasse nel giorno delle primarie e poi diventasse carte chiuse nei pacchi messi in cantina.
Qui occorre un intervento legislativo o interpretativo per non azzerare questo immenso lavoro.
5 – fondazione culturale: all’inizio della vita del PD pensammo a rapporti federativi e liberi, con molti centri e Fondazioni culturali, poi col passare degli anni pensammo a una fondazione unica… non si sono visti grandi investimenti e/o grandi risultati.
Ha ragioni Gianni a dire che le correnti sono normali in un partito democratico, se producono idee e confronto culturale.
Ma guardando in ottica comparata, i convegni e le prese di posizione, quale è la specificità culturale dei singoli rappresentanti?
Sicuramente per alcuni di essi si, ma per la maggior parte si tratta di sole aggregazioni di potere intorno a eletti che naturalmente cambiano di volta in volta.
Ha ancora ragione Cuperlo quando, parlando delle nostre correnti, dice che “il punto è fissare delle regole, che siano in grado di pesare il loro consenso reale”.
Faccio un esempio: su una federazione media di 5000 iscritti, quanti di essi si riconoscono con un’appartenenza che io chiamerei “di doppia tessera”?
Certamente non tutti, e gran parte del partito si riconosce in una militanza libera o anche culturalmente orientata, ma che non rivendica ragionieristiche rappresentanze.
E infine una questione molto dura, ma precisa.
Gianni Cuperlo propone una rappresentanza degli organismi dirigenti (assemblee e direzione) che non superi la metà dei membri che rivestono cariche istituzionali: proposta sensata.
C’è anche un altro problema: gli staff di segreteria dei segretari non devono coincidere con esponenti degli staff dei parlamentari e dei consiglieri regionali, perché in questo caso sarebbero, questi ultimi, a indirizzare precipuamente l’agenda politica… al di là delle migliori intenzioni.
Verini, in una recente intervista, ha proposto che, nelle municipalizzate, i sindaci non nominino ex eletti o dirigenti politici di primo piano.
Per ciò che riguarda gli ex eletti è già normato da una legge nazionale, che prevede un distanziamento di alcuni anni.
Per ciò che riguarda i politici come segretari, dovrebbe essere avvertenza massima dei partiti per non esporre gli stessi a possibili conseguenze.
In sintesi, dobbiamo purtroppo concludere che c’erano e ci sono tutti gli strumenti e le regole per rendere viva una democrazia partecipata nei partiti e nel Pd, che difende ancora le sue caratteristiche di partito di popolo e non di partito personale.
Anzi, paradossalmente, siamo il partito che ogni due anni circa decapita il re, mentre i baroni prosperano in lontani territori.