N. 1160
DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori NEGRI, TONINI, MONTALBANO, BASSOLI, TIBALDI, BENVENUTO, PISA e D’AMICO
Norme sulla libertà religiosa e abrogazione
della legislazione sui culti ammessi
(per leggere il testo leggi tutto)
Il sistema dei rapporti Stato – Chiese nell’ordinamento costituzionale italiano è articolato e complesso. I rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica sono regolati dall’articolo 7 della Costituzione, che, dopo avere richiamato il principio che lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, sancisce che i loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi, resi esecutivi ai sensi della legge 27 maggio 1929, n. 810, cioè in forma giuridica di trattato internazionale. Nel tempo, e cioè nel 1984, si è provveduto alla stipula di un nuovo Concordato tra Stato italiano e Chiesa Cattolica (reso esecutivo ai sensi della legge 25 marzo 1985, n. 121) in cui non figura più l’affermazione che la religione cattolica è la religione dello Stato italiano, e si è introdotto il regime del contributo volontario mediante l’8 per mille del gettito IRPEF in sede di dichiarazione dei redditi che può essere attribuito sia alla Chiesa Cattolica sia alle altre Chiese che hanno stipulato intese con lo Stato italiano. Per le altre confessioni religiose vige infatti l’articolo 8 della Costituzione che recita: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze». Questo articolo ha cominciato ad avere attuazione sempre nel 1984 con la stipula dell’intesa con la Chiesa Valdese, seguita da quella con la Chiesa Avventista, con le Assemblee di Dio in Italia, con l’Unione delle Comunità ebraiche in Italia, con la Chiesa Evangelica Luterana e con la Chiesa Battista (UCEBI). In definitiva sei organizzazioni religiose di cui cinque cristiano evangeliche e una degli ebrei in Italia. Successivamente, sono state firmate dal Governo D’Alema altre due intese con l’Unione buddista italiana (UBI) e con la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova, uscendo quindi dall’ambito «protestanti – ebrei» e affrontando la disciplina dei rapporti con altri culti. Tali intese non sono peraltro state finora approvate dal Parlamento e quindi non sono in vigore. Il Governo Berlusconi nella XIV legislatura ha stipulato altre due intese che pure non sono state approvate dal Parlamento. Si tratta di modifiche alle intese rispettivamente con la Chiesa Avventista e con la Chiesa Valdese. L’auspicio è che nella presente legislatura tutte e quattro queste intese già firmate dal Governo vengano approvate dal Parlamento e che le altre intese convenute dall’apposita commissione governativa e non ancora firmate dal Governo – quelle con la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (Mormoni), con la Sacra Arcidiocesi d’Italia ed Esarcato per l’Europa meridionale (Ortodossi), con la Chiesa Apostolica in Italia, con l’Istituto Buddista italiano Soka Gakkai e con l’Unione Induista Italiana – vengano firmate dal Governo Prodi. Per tutte le confessioni religiose che non sono coperte da intese ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, o perché non sono in grado di adirvi o perché per rispettabilissimi motivi non intendono avvalersi di un regime pattizio con lo Stato, dovrebbe valere una legge di attuazione della Costituzione.
Si richiamano di seguito gli articoli 19 e 20 della Costituzione: «Art. 19. – Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di fame propaganda, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.»; «Art. 20. – Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.»;
Tali princìpi hanno bisogno per la loro attuazione di una legge dello Stato. In assenza dell’approvazione di una legge siffatta risultano vigenti (per quanto non annullate dalle sentenze della Corte costituzionale) le disposizioni della legislazione del 1929-1930 sui «culti ammessi». Tale legislazione era però stata emanata in un contesto del tutto diverso da quello attuale, ossia successivamente al Concordato del 1929 che sanciva che la religione cattolica era la religione dello Stato e in un regime giuridico precedente alla Costituzione repubblicana. Si sono succeduti in questo periodo vari tentativi di arrivare ad una legge sulla libertà religiosa coerente con la Costituzione. Si ricorda in proposito il disegno di legge presentato dal primo Governo Prodi il 3 luglio 1997 (atto Camera n. 3947 – XIII legislatura) lungamente esaminato e integrato dalla Commissione Affari costituzionali (relatore l’onorevole professor Domenico Maselli) che giunse all’approvazione di un testo organico nel 2001 proprio alla vigilia dello spirare della legislatura stessa. Nella XIV legislatura il primo firmatario di questa proposta di legge si fece parte diligente della ripresentazione del testo «Maselli» (atto Camera n. 1576 del 14 settembre 2001), cui seguì poco tempo dopo un disegno di legge d’iniziativa del Governo Berlusconi (atto Camera n. 2531). Dopo alterne vicende e varie polemiche, peraltro, anche la XIV legislatura si è chiusa senza alcuna approvazione. Si ritiene pertanto urgente e opportuno ripresentare nella XV legislatura il testo della citata proposta di legge n. 1576, proprio perché la soluzione del problema di una legge sulla libertà religiosa coerente con i princìpi della Costituzione repubblicana è ormai indifferibile. Infatti, da grande e ineludibile problema di principio, ma di fatto coinvolgente piccole comunità religiose, il tema delle confessioni religiose non coperte da intese si è di fatto allargato, anche per effetto del processo di immigrazione. In tale contesto esso investe quella che oggi è la più consistente minoranza religiosa in Italia, cioè la musulmana nelle sue varie articolazioni. Anzi, la polemica che da parti politiche ben individuate si è levata nella scorsa legislatura nei confronti della legge sulla libertà religiosa si è fondata sulla critica che essa fosse troppo generosa o lassista verso le comunità musulmane. Così la possibilità per un’organizzazione religiosa di ottenere il riconoscimento della personalità giuridica previa istruttoria condotta dal Ministero dell’interno e previo parere del Consiglio di Stato sulla coerenza del suo statuto con i princìpi dell’ordinamento giuridico italiano è stata dipinta come una sorta di avventurosa concessione. Ancora, la possibilità per i ministri di culto musulmani riconosciuti di poter celebrare matrimoni è stata dipinta come un’inaccettabile equiparazione ad altre religioni, piuttosto che come occasione di estensione del codice civile italiano in materia di matrimonio e di figli anche ai matrimoni celebrati con rito musulmano. In realtà, lo Stato italiano ha tutto da guadagnare dall’integrazione di chi si vuole integrare e tutto da perdere nell’alimentare una situazione «grigia» di non regolazione e di confusione in materia. Per tutti questi motivi si raccomanda all’approvazione del Parlamento il seguente disegno di legge. Essa ha come primo compito, all’articolo 41, l’abrogazione delle leggi sui «culti ammessi». Si è però considerato che il tempo passato dalla entrata in vigore della Costituzione, la lentezza con cui si sono approvate le intese – finora solo sei – ed anche la moltiplicazione di presenze religiose diverse nel Paese dovute alla mutata situazione, ed ora anche a una notevole immigrazione, rendono necessaria una legge quadro che non si sostituisca alle intese, che recepisca alcuni diritti pur contenuti nella legislazione abroganda e che eviti una discriminazione tra i culti per cui esiste il regime pattizio e quelli ancora in attesa di tale regime. Si può dire che, una volta approvata la legge sulla libertà religiosa, le nuove intese si presenteranno notevolmente snellite e dedicate proprio agli elementi specifici di ciascuna fede religiosa.
Il disegno di legge si compone di 4 capi: il Capo I, formato, da 14 articoli, riguarda la libertà di coscienza e di religione, riaffermando e specificando i princìpi costituzionali a tale riguardo: l’articolo 1 infatti garantisce la libertà di coscienza e di religione in conformità alla Costituzione, alle convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo e ai princìpi del diritto internazionale generalmente riconosciuti. L’articolo 2 chiarisce in dettaglio in che cosa consistono tali diritti e prevede anche quali ne siano i limiti costituzionali. L’articolo 3 impedisce discriminazioni o costrizioni e prevede anche l’obbligo di effettuare dichiarazioni specificamente relative alla propria appartenenza confessionale. L’articolo 4 si occupa dell’istruzione e dell’educazione dei figli. L’articolo 5 estende alle finalità di religione e di culto i diritti di riunione e di associazione previsti dagli articoli 17 e 18 della Costituzione. L’articolo 6 garantisce il diritto di aderire liberamente ad una associazione religiosa e di recedere da essa. L’articolo 7 sancisce il diritto di agire secondo i dettami della propria coscienza nel rispetto dei diritti e doveri sanciti dalla Costituzione. L’articolo 8 prevede i diritti connessi all’appartenenza alle Forze armate, o enti assimilati, la permanenza negli istituti di prevenzione e di pena e l’assistenza religiosa relativa. L’articolo 9 prevede la non possibilità di discriminazioni sul lavoro per l’appartenenza ad una determinata confessione o associazione religiosa. L’articolo 10 dispone misure per il riconoscimento dei ministri di culto. L’articolo 11 riguarda i matrimoni religiosi validi agli effetti civili. L’articolo 12 si occupa dei diritti religiosi degli studenti. Gli articoli 13 e 14 riguardano i diritti per affissioni e distribuzioni di stampati relativi alla vita religiosa e per gli edifici aperti al culto pubblico. Il capo II, che comprende gli articoli da 15 a 26, si occupa delle confessioni e associazioni religiose e del loro eventuale riconoscimento giuridico, mentre il capo III, dall’articolo 27 all’articolo 36, riguarda la stipulazione di intese, ed il capo IV contiene le disposizioni finali e transitorie. Il presente disegno di legge riproduce, come si è detto, l’analoga proposta presentata nella XIV legislatura a firma Spini ed altri (atto Camera n. 1576), con un’integrazione all’articolo 10, in cui viene introdotto un terzo comma per comprendere tutti i ministri di culto riconosciuti dal Ministro dell’interno. In conclusione, tra le libertà previste dalla nostra Costituzione, quella di coscienza e di religione assume una valore particolare, perchè attiene alla sfera più personale e intima, riguardante il proprio rapporto con il trascendente o comunque la convinzione personale sul senso della vita. Non a caso Franklin Delano Roosevelt nel 1941 le mise in evidenza tra le sue quattro libertà: libertà di espressione, di religione, dal bisogno e dalla paura. Un programma tuttora valido tanto da essere riproposto anche nell’articolo 10 della «Carta di Nizza», relativa ai diritti fondamentali dell’Unione europea.
Per i motivi esposti, i promotori auspicano un esame e un’approvazione in tempi rapidi del disegno di legge.
DISEGNO DI LEGGE
Capo I
LIBERTÀ DI COSCIENZA
E DI RELIGIONE
Art. 1.
1. La libertà di coscienza e di religione, quale diritto fondamentale della persona, è garantita a tutti in conformità alla Costituzione, alle convenzioni internazionali sui diritti inviolabili dell’uomo e ai princìpi del diritto internazionale generalmente riconosciuti in materia.
Art. 2.
1. La libertà di coscienza e di religione comprende il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa o credenza, in qualsiasi forma individuale o associata, di diffonderla e farne propaganda, di osservare i riti e di esercitare il culto in privato o in pubblico. Comprende inoltre il diritto di mutare religione o credenza o di non averne alcuna. Non possono essere disposte limitazioni alla libertà di coscienza e di religione diverse da quelle previste dagli articoli 19 e 20 della Costituzione.
Art. 3.
1. Nessuno può essere discriminato o soggetto a costrizioni in ragione della propria religione o credenza, né essere obbligato a dichiarazioni specificamente relative alla propria appartenenza confessionale.
Art. 4.
1. I genitori hanno diritto di istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio, in coerenza con la propria fede religiosa o credenza, nel rispetto della loro personalità e senza pregiudizio della salute dei medesimi.
2. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 316 del codice civile, i minori, a partire dal quattordicesimo anno di età, possono compiere autonomamente le scelte pertinenti all’esercizio del diritto di libertà religiosa; in caso di contrasto fra i genitori decide il giudice competente, tenendo conto dell’interesse primario del minore.
Art. 5.
1. I diritti di riunione e di associazione previsti dagli articoli 17 e 18, primo comma, della Costituzione sono liberamente esercitati anche per finalità di religione o di culto.
Art. 6.
1. La libertà religiosa comprende il diritto di aderire liberamente ad una confessione o associazione religiosa e di recedere da essa, nonché il diritto di partecipazione, senza ingerenza da parte dello Stato, alla vita e all’organizzazione della confessione religiosa di appartenenza in conformità alle sue regole.
2. Non possono essere posti in essere atti aventi lo scopo di discriminare, nuocere o recare molestia a coloro che hanno esercitato i diritti di cui al comma 1.
Art. 7.
1. I cittadini hanno diritto di agire secondo i dettami imprescindibili della propria coscienza, nel rispetto dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione.
2. Le modalità per l’esercizio dell’obiezione di coscienza nei diversi settori sono disciplinate dalla legge.
Art. 8.
1. L’appartenenza alle Forze armate, alla Polizia di Stato o ad altri servizi assimilati, la degenza in ospedali, case di cura e di assistenza, la permanenza negli istituti di prevenzione e pena non impediscono l’esercizio della libertà religiosa e l’adempimento delle pratiche di culto, l’adempimento delle prescrizioni religiose in materia alimentare e di quelle relative all’astensione dalle attività in determinati giorni o periodi previsti come festività dagli statuti delle confessioni e associazioni religiose di cui al capo II, purché non derivino nuovi o maggiori oneri per le pubbliche amministrazioni interessate.
2. I Ministri competenti, con regolamenti da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, definiscono le modalità di attuazione del comma 1 del presente articolo. Sugli schemi di regolamento è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
3. In caso di decesso in servizio dei soggetti di cui al comma 1, che appartengono a una confessione avente personalità giuridica, l’ente di appartenenza adotta le misure necessarie, di intesa con i familiari del defunto, per assicurare che le esequie siano celebrate da un ministro di culto della confessione di appartenenza.
Art. 9.
1. L’adempimento dei doveri essenziali del culto nel lavoro domestico, il divieto di licenziamento determinato da ragioni di fede religiosa nei luoghi di lavoro, il divieto di indagine sulle opinioni religiose e la nullità di patti o atti diretti a fini di discriminazione religiosa sono regolati dalle disposizioni vigenti in materia.
2. I contratti collettivi e individuali di lavoro contemplano l’esercizio della libertà religiosa, con riferimento alle sue varie espressioni, come indicate negli articoli 1, 2 e 3.
3. La macellazione rituale in conformità a prescrizioni religiose è regolata dalla normativa vigente in materia.
Art. 10.
1. I ministri di culto di una confessione religiosa sono liberi di svolgere il loro ministero spirituale.
2. I ministri di culto di una confessione religiosa avente personalità giuridica, in possesso della cittadinanza italiana, che compiono atti rilevanti per l’ordinamento giuridico italiano, dimostrano la propria qualifica depositando presso l’ufficio competente per l’atto apposita certificazione rilasciata dalla confessione di appartenenza.
3. I ministri di culto di una confessione religiosa priva di personalità giuridica, ovvero di una confessione il cui ente esponenziale non abbia personalità giuridica, in possesso della cittadinanza italiana, possono compiere gli atti di cui al comma 2 se la loro nomina è stata approvata dal Ministro dell’interno.
Art. 11.
1. Coloro che intendono celebrare il matrimonio davanti a un ministro di culto di una confessione religiosa avente personalità giuridica devono specificare tale intendimento all’ufficiale dello stato civile all’atto della richiesta della pubblicazione prevista dagli articoli 93 e seguenti del codice civile. Nella richiesta al ministro competente la confessione religiosa specifica, altresì, se preferisce che gli articoli del codice civile riguardanti il matrimonio siano letti durante il rito o al momento delle pubblicazioni. L’ufficiale dello stato civile, il quale ha proceduto alle pubblicazioni richieste dai nubendi, accerta che nulla si oppone alla celebrazione del matrimonio secondo le vigenti norme di legge e ne dà attestazione in un nulla osta che rilascia ai nubendi in duplice originale. Il nulla osta deve precisare che la celebrazione del matrimonio avrà luogo nel comune indicato dai nubendi, che essa seguirà davanti al ministro di culto indicato o in caso di impedimento di questi davanti a un ministro di culto allo scopo delegato dai medesimi, che il ministro di culto ha comunicato la propria disponibilità e depositato la certificazione di cui all’articolo 10. Il nulla osta attesta inoltre che l’ufficiale dello stato civile ha spiegato ai nubendi i diritti e i doveri dei coniugi, dando ai medesimi lettura degli articoli del codice civile al riguardo.
2. Il ministro di culto, nel celebrare il matrimonio, osserva le disposizioni di cui agli articoli 107 e 108 del codice civile, omettendo la lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi qualora la confessione abbia optato per la lettura al momento delle pubblicazioni. Lo stesso ministro di culto redige subito dopo la celebrazione l’atto di matrimonio in duplice originale e allega il nulla osta rilasciato dall’ufficiale dello stato civile.
3. La trasmissione di un originale dell’atto di matrimonio per la trascrizione nei registri dello stato civile è fatta dal ministro di culto davanti al quale è avvenuta la celebrazione all’ufficiale dello stato civile di cui al comma 1. Il ministro di culto ha l’obbligo di effettuare la trasmissione dell’atto non oltre i cinque giorni dalla celebrazione e di darne contemporaneamente avviso ai contraenti. L’ufficiale dello stato civile, constatate la regolarità dell’atto e l’autenticità del nulla osta allegato, effettua la trascrizione entro le ventiquattro ore dal ricevimento dell’atto e ne dà notizia al ministro di culto.
4. Il matrimonio ha effetti civili dal momento della celebrazione anche se l’ufficiale dello stato civile che ha ricevuto l’atto ha omesso di effettuare la trascrizione nel termine prescritto.
5. All’articolo 83 del codice civile le parole: «dei culti ammessi nello Stato», sono sostituite dalle seguenti: « delle confessioni religiose aventi personalità giuridica».
6. Il presente articolo non modifica né pregiudica le disposizioni che danno attuazione ad accordi o intese stipulati o da stipulare ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, e dell’articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
Art. 12.
1. Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado l’insegnamento è impartito nel rispetto della libertà di coscienza e della pari dignità senza distinzione di religione.
2. Su richiesta degli alunni e dei loro genitori le istituzioni scolastiche possono organizzare, nell’ambito delle attività di promozione culturale, sociale e civile previste dall’ordinamento scolastico, libere attività complementari relative al fenomeno religioso e alle sue applicazioni, in conformità ai criteri e con le modalità stabilite da tale ordinamento senza oneri aggiuntivi a carico delle pubbliche amministrazioni interessate.
Art. 13.
1. Le affissioni e la distribuzione di pubblicazioni e di stampati relativi alla vita religiosa e le collette effettuate all’interno e all’ingresso dei rispettivi luoghi o edifici di culto avvengono liberamente.
Art. 14.
1. Gli edifici aperti al culto pubb1ico delle confessioni religiose aventi personalità giuridica non possono essere occupati, requisiti, espropriati o demoliti se non per gravi ragioni, sentite le confessioni stesse o i loro enti esponenziali.
Capo II
CONFESSIONI E ASSOCIAZIONI
RELIGIOSE
Art. 15.
1. La libertà delle confessioni religiose garantita dalle norme costituzionali comprende, tra l’altro, il diritto di celebrare i propri riti, purché non siano contrari al buon costume; di aprire edifici destinati all’esercizio del culto; di diffondere e fare propaganda della propria fede religiosa e delle proprie credenze; di formare e nominare liberamente i ministri di culto; di emanare liberamente atti in materia spirituale; di fornire assistenza spirituale ai propri appartenenti; di comunicare e corrispondere liberamente con le proprie organizzazioni o con altre confessioni religiose; di promuovere la valorizzazione delle proprie espressioni culturali.
Art. 16.
1. La confessione religiosa o l’ente esponenziale che la rappresenta può chiedere di essere riconosciuta come persona giuridica agli effetti civili. Il riconoscimento ha luogo con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il parere del Consiglio di Stato, ai sensi degli articoli 17 e 18.
Art. 17.
1. La domanda di riconoscimento di cui all’articolo 16 è presentata al Ministro dell’interno unitamente allo statuto e alla documentazione di cui all’articolo 18.
2. La domanda di riconoscimento può essere presa in considerazione solo se la confessione o l’ente esponenziale ha sede in Italia e se è rappresentata, giuridicamente e di fatto, da un cittadino italiano avente domicilio in Italia.
Art. 18.
1. Dallo statuto o dalla documentazione allegata alla domanda di riconoscimento devono risultare, oltre alla indicazione della denominazione e della sede, le norme di organizzazione, amministrazione e funzionamento e ogni elemento utile alla valutazione della stabilità e della base patrimoniale di cui dispone la confessione o l’ente esponenziale in relazione alle finalità perseguite. Il Consiglio di Stato, nel formulare il proprio parere anche sul carattere confessionale del richiedente, accerta, in particolare, che lo statuto non contrasti con l’ordinamento giuridico italiano e non contenga disposizioni contrarie ai diritti inviolabili dell’uomo.
Art. 19.
1. La confessione religiosa o l’ente esponenziale che ha ottenuto la personalità giuridica deve iscriversi nel registro delle persone giuridiche. Nel registro devono risultare le norme di funzionamento ed i poteri degli organi di rappresentanza della persona giuridica. La confessione o l’ente può concludere negozi giuridici solo previa iscrizione nel registro predetto.
Art. 20.
1. Le modificazioni allo statuto della confessione religiosa o dell’ente esponenziale che abbiano ottenuto la personalità giuridica sono comunicate al Ministro dell’interno.
2. In caso di mutamento che faccia perdere alla confessione o all’ente uno dei requisiti in base ai quali il riconoscimento è stato concesso, il riconoscimento della personalità giuridica è revocato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il parere del Consiglio di Stato.
Art. 21.
1. Per gli acquisti delle confessioni religiose o dei loro enti esponenziali che abbiano ottenuto la personalità giuridica, si applicano le disposizioni delle leggi civili concernenti gli acquisti delle persone giuridiche.
Art. 22.
1. Le disposizioni in tema di concessioni e locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato e degli enti locali in favore di enti ecclesiastici, nonché in tema di disciplina urbanistica dei servizi religiosi, di utilizzo dei fondi per le opere di urbanizzazione secondaria o comunque di interventi per la costruzione, il ripristino, il restauro e la conservazione di edifici aperti all’esercizio pubblico del culto, si applicano alle confessioni religiose aventi personalità giuridica che abbiano una presenza organizzata nell’ambito del comune. L’applicazione delle predette disposizioni ha luogo, tenuto conto delle esigenze religiose della popolazione, sulla base di intese tra le confessioni interessate e le autorità competenti.
2. Fermo il disposto dell’articolo 100 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, la sepoltura dei defunti è effettuata nel rispetto delle prescrizioni rituali della confessione o associazione religiosa di appartenenza avente personalità giuridica, compatibilmente con le norme di polizia mortuaria.
3. Gli edifici di culto costruiti con contributi regionali o comunali non possono essere sottratti alla loro destinazione se non sono decorsi venti anni dalla erogazione del contributo. L’atto da cui trae origine il vincolo, redatto nelle forme prescritte, è trascritto nei registri immobiliari. Gli atti e i negozi che comportano violazione del vincolo sono nulli.
Art. 23.
1. Associazioni e fondazioni con finalità di religione o di culto possono ottenere il riconoscimento della personalità giuridica con le modalità ed i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia. Alle stesse si applicano le norme relative alle persone giuridiche private, salvo quanto attiene alle attività di religione o di culto.
Art. 24.
1. Agli effetti tributari, le confessioni religiose aventi personalità giuridica o i loro enti esponenziali aventi fine di religione, credenza o culto, nonché le attività dirette a tali scopi, sono equiparati agli enti e alle attività aventi finalità di beneficenza o di istruzione. Le attività diverse da quelle di religione, credenza o culto da essi svolte restano soggette alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime.
Art. 25.
1. Agli effetti civili, sono considerate:
a) attività di religione, credenza o culto quelle dirette all’esercizio del culto e dei riti, alla cura delle anime, alla formazione di ministri di culto, a scopi missionari e di diffusione della propria fede e alla educazione religiosa;
b) attività diverse da quelle di religione, credenza o culto, quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro.
Art. 26.
1. Ai ministri di culto delle confessioni religiose che hanno ottenuto la personalità giuridica, che sono residenti in Italia, si applica l’articolo 42, comma 6, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.
Capo III
STIPULAZIONE DI INTESE
Art. 27.
1. Le confessioni religiose organizzate secondo propri statuti non contrastanti con l’ordinamento giuridico italiano, le quali chiedono che i loro rapporti con lo Stato siano regolati per legge sulla base di intese ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, presentano la relativa istanza, unitamente alla documentazione e agli elementi di cui all’articolo 18 al Presidente del Consiglio dei ministri.
Art. 28.
1. Se la richiesta è presentata da una confessione religiosa non avente personalità giuridica, il Presidente del Consiglio dei ministri comunica la richiesta al Ministero dell’interno affinché verifichi che lo statuto della confessione religiosa non contrasti con l’ordinamento giuridico italiano. A tale fine il Ministro dell’interno acquisisce il parere del Consiglio di Stato ai sensi dell’articolo 18.
Art. 29.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, acquisite le necessarie valutazioni, prima di avviare le procedure di intesa, invita la confessione religiosa interessata a indicare chi, a tale fine, la rappresenta.
Art. 30.
1. Ai fini della stipulazione dell’intesa, il Governo è rappresentato dal Presidente del Consiglio dei ministri, il quale delega un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per la conduzione della trattativa con il rappresentante della confessione religiosa interessata, sulla base delle valutazioni espresse e delle proposte formulate dalla commissione di studio di cui all’articolo 31.
2. Il Sottosegretario di Stato, conclusa la trattativa, trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri, con propria relazione, il progetto di intesa.
Art. 31.
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è istituita, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera i), della legge 23 agosto 1988, n. 400, una commissione di studio con il compito di predisporre un progetto per le trattative ai fini della stipulazione dell’intesa.
2. La commissione di cui al comma 1 è composta dal direttore della Direzione centrale degli affari dei culti del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno e da funzionari delle amministrazioni interessate con qualifica non inferiore a dirigente generale o equiparato, nonché da altrettanti esperti, cittadini italiani, designati dalla confessione religiosa interessata. Il presidente della commissione è scelto tra le categorie indicate dall’articolo 29, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
3. Dal funzionamento della commissione di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 32.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri sottopone il progetto di intesa alla deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera l), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e informa, quindi, il Parlamento sui princìpi e sui contenuti del progetto stesso.
Art. 33.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, qualora si renda necessario, in relazione alle osservazioni, ai rilievi e agli indirizzi emersi nell’ambito del Consiglio dei ministri o in sede parlamentare, rimette il testo al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le opportune modifiche al progetto di intesa. Anche in ordine al nuovo progetto si procede ai sensi di quanto previsto dagli articoli 30 e 32.
Art. 34.
1. Concluse le procedure per la stipulazione dell’intesa, il Presidente del Consiglio dei ministri firma l’intesa stessa con il rappresentante della confessione religiosa.
Art. 35.
1. Il disegno di legge di approvazione dell’intesa che disciplina i rapporti della confessione religiosa con lo Stato è presentato al Parlamento con allegato il testo dell’intesa stessa.
Art. 36.
1. Per l’applicazione di disposizioni di legge relative a specifiche materie che coinvolgono rapporti con lo Stato delle singole confessioni religiose aventi personalità giuridica, si provvede, ove previsto dalla legge stessa, con decreti del Presidente della Repubblica previa intesa con la confessione che ne faccia richiesta.
Capo IV
DISPOSIZIONI FINALI
E TRANSITORIE
Art. 37.
1. Le confessioni religiose e gli istituti di culto riconosciuti ai sensi della legge 24 giugno 1929, n. 1159, conservano la personalità giuridica. Ad essi si applicano le disposizioni della presente legge. Essi richiedono l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, ai sensi dell’articolo 19 della presente legge, entro due anni dalla data della sua entrata in vigore.
Art. 38.
1. I ministri di culto, la cui nomina è stata approvata ai sensi dell’articolo 3 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, sino a quando mantengono la qualifica loro riconosciuta conservano il regime giuridico e previdenziale loro riservato dalla medesima legge, dal regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289, e da ogni altra disposizione in materia.
Art. 39.
1. Le confessioni religiose che sono persone giuridiche straniere sono disciplinate dall’articolo 16 delle disposizioni sulla legge in generale. Ove abbiano una presenza sociale organizzata in Italia e intendano essere riconosciute ai sensi della presente legge, esse devono presentare domanda di riconoscimento della personalità giuridica alle condizioni e secondo il procedimento previsti dalle disposizioni di cui al capo II.
Art. 40.
1. Le disposizioni della presente legge non modificano né pregiudicano le disposizioni che danno attuazione ad accordi o intese stipulati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, e dell’articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
Art. 41.
1. Sono abrogati la legge 24 giugno 1929, n. 1159, e il regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289.