DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori GIAI, NEGRI, D’ALIA, PINZGER, PETERLINI e CECCANTI
Modifiche alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche
Art. 1.
1. Alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 2, il comma 1 e` sostituito
dal seguente: «1. In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l’occitano, il sardo e il piemontese»;
b) all’articolo 20 le parole: «valutato in lire 20.500.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «valutato in 20 milioni di euro», le parole: «quanto a lire 18.500.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «quanto a 18 milioni di euro» e le parole: «quanto a lire 2.000.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «quanto a 2 milioni di euro».
Onorevoli Senatori. – La definizione
delle lingue storiche e` ben chiara nella Carta
europea delle lingue regionali e minoritarie,
che testualmente dice: «Per "lingue regionali
o minoritarie" si intendono le lingue: i) usate
tradizionalmente sul territorio di uno Stato
dai cittadini di detto Stato che formano un
gruppo numericamente inferiore al resto
della popolazione dello Stato; e ii) diverse
dalla(e) lingua(e) ufficiale(i) di detto Stato;
questa espressione non include ne´ i dialetti
della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato ne´
le lingue dei migranti».
L’importanza delle lingue storiche e` assai
ben definita dalla stessa Carta europea delle
lingue regionali e minoritarie; si cita testualmente
dalla traduzione ufficiale della Cancelleria
federale della Svizzera: «La protezione
delle lingue regionali o minoritarie storiche
dell’Europa, alcune delle quali rischiano
di scomparire col passare del tempo,
contribuisce a conservare e a sviluppare le
tradizioni e la ricchezza culturali dell’Europa
».
«Il diritto di usare una lingua regionale o
minoritaria nella vita privata e pubblica costituisce
un diritto imprescrittibile, conformemente
ai principi contenuti nel Patto internazionale
relativo ai diritti civili e politici delle
Nazioni Unite e conformemente allo spirito
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle liberta` fondamentali
del Consiglio d’Europa».
«La tutela e il promovimento delle lingue
regionali o minoritarie nei diversi Paesi e regioni
d’Europa contribuiscono in modo considerevole
a costruire un’Europa fondata sui
principi della democrazia e della diversita`
culturale, nell’ambito della sovranita` nazionale
e dell’integrita` territoriale».
La questione della tutela giuridica delle
minoranze linguistiche e` stata oggetto di numerosi
dibattiti parlamentari nel corso di varie
legislature, che hanno condotto alla definitiva
approvazione – nella XIII legislatura –
della legge 15 dicembre 1999, n. 482. Tale
legge, che reca norme in materia di tutela
delle minoranze linguistiche storiche, e` volta
in primo luogo a dare attuazione all’articolo
6 della Costituzione.
L’entrata in vigore della legge n. 482 del
1999 ha consentito all’Italia di sottoscrivere,
il 27 giugno 2000, la Carta europea delle lingue
regionali o minoritarie, gia` approvata dal
Consiglio d’Europa nel novembre 1992, e di
aderire alla convenzione-quadro per la protezione
delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo
il 1º febbraio 1995, che e` stata ratificata
dalla legge 28 agosto 1997, n. 302. La
convenzione impegna i Paesi aderenti a non
discriminare l’utilizzo delle lingue minoritarie
e a riconoscerne il diritto dell’uso da
parte delle minoranze in tutti gli ambiti,
compresi quello dell’istruzione e dei rapporti
con la pubblica amministrazione. La normativa
italiana attualmente vigente riassume,
in definitiva, i settori di applicazione della
convenzione-quadro. Piu` precisamente, contiene
norme per la tutela delle lingue e delle
culture minoritarie storicamente presenti in
Italia, ossia delle popolazioni albanesi, catalane,
germaniche, greche, slovene e croate
e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale,
il friulano, illadino, l’occitano e il
sardo.
Tale legge, tuttavia, non ha considerato la
lingua piemontese.
La giustificazione piu` cogente e inoppugnabile
per il riconoscimento del Piemontese
quale lingua minoritaria parlata sul territorio
italiano va individuata nell’esplicita volonta`
manifestata in tal senso dal Consiglio e dalla
Giunta della regione Piemonte, rappresentanti
democraticamente costituiti dal popolo
piemontese. La regione Piemonte ha riconosciuto
l’importanza della propria lingua storica
con l’emanazione della legge regionale
10 aprile 1990, n. 26 «Tutela, valorizzazione
e promozione della conoscenza dell’originale
patrimonio linguistico del Piemonte», successivamente
modificata dalla legge regionale
25 giugno 1997, n. 37, e con diversi ordini
del giorno del Consiglio regionale della VI
legislatura (n. 799 del 18 giugno 1998,
n. 812 del 7 luglio 1998, n. 1077 del 12 ottobre
1999 e, soprattutto, n. 1118 del 15 dicembre
1999, con il quale ne ha riconosciuto lo
status di «lingua regionale»).
L’adozione di misure di ecologia linguistica
a favore della lingua piemontese, parlata
da due milioni di persone e compresa
da altre 1.140.000 (Rapporto IRES Piemonte
Quaderno 113 del novembre 2007) si impone
per scongiurare la graduale sparizione, cui
contribuiscono noti fattori, quali i media e
l’alfabetizzazione dei bambini esclusivamente
in italiano. Negli studi piu` recenti di
socio linguistica si tende fortemente, comunque,
a prestare autorita` all’opinione dei parlanti:
nel caso del Piemonte, questi hanno
gia` espresso il loro desiderio di salvaguardia
e continuano a ribadirlo.
Considerazioni accessorie, che – prese singolarmente
non hanno peso determinante, ma
che assommandosi nel loro complesso assumono
valore decisivo – sono quelle qui di
seguito citate per sommi capi. Ciascuna di
esse potrebbe essere agevolmente convalidata
da una piu` ampia illustrazione e da rinvii
bibliografici.
1) Il piemontese costituisce una koine`, una
comune lingua regionale e non un dialetto
municipale come, per esempio, il napoletano
o il bolognese. Tale koine` si venne fissando,
sulla base del dialetto di Torino, ampliato e
arricchito da apporti di altre parlate. Usata
normalmente anche a corte, in epoca sabauda
dalla fine del Seicento in poi, la prima codificazione
di una norma scritta risale alla
Grammatica Piemontese (1783) del medico
Maurizio Pipino. La validita` del piemontese
comune si estende tuttora almeno alle province
di Torino, Cuneo, Asti, Vercelli e
Biella nella loro interezza. In esse, le poche
migliaia di parlanti il franco-provenzale o
l’occitano sono tutti in grado di parlare correntemente
anche il piemontese (vedi il gia`
citato Quaderno 113 IRES Piemonte), di
cui in passato era comune la competenza attiva
anche da parte di molti liguri, nizzardi, e
cosı` via, in parte almeno perche´ veicolato
dall’esercito sabaudo e dall’amministrazione.
Tale competenza si riscontra tuttora in parte
della Valle d’Aosta, dove era in passato generalizzata.
2) Il piemontese ha atte stazioni scritte
molto antiche, a cominciare da una singolare
raccolta di prediche in volgare, i Sermoni
Subalpini, della fine del XII secolo. La letteratura
in piemontese costituisce un corpus
imponente, anche se fino ad alcuni decenni
fa pressoche´ sconosciuto, specie fuori dal
Piemonte. Tale letteratura continua a svolgersi
in modo assai vitale. Esistono periodici
scritti interamente o in parte in piemontese,
pregevoli antologie e una vitale editoria. Si
tiene ogni anno, dal 1983, un Convegno internazionale
di studi sulla lingua e la letteratura
piemontese, seguito dalla pubblicazione
dei relativi Atti, comprendenti contributi
scientifici redatti in piemontese, italiano o
francese. In forma facoltativa, grazie al sostegno
della citata legge regionale, il piemontese
e` insegnato in centinaia di classi
delle scuole di ogni ordine e grado da ormai
una decina di anni; corsi universitari di lingua
e letteratura piemontese sono stati attivati
con ottimo successo.
3) Il piemontese puo` vantare numerose
grammatiche e dizionari. La grammatica normativa
piu` importante, e che codifica la grafia
tradizionale adottata oggi praticamente da
tutti coloro che scrivono nella lingua regionale,
e` la Grama`tica piemonte`isa di Camillo
Brero (1969), un vero e proprio best-seller in
Piemonte, comparso in piu` edizioni e tradotto
anche in italiano. Numerosissimi sono
gli studi scientifici, redatti per lo piu` in italiano
ma anche in piemontese, sulla lingua
in oggetto e sui suoi dialetti.
4) Il piemontese presenta caratteri linguistici
marcatamente diversi dall’italiano, e
gli abitanti delle altre regioni, eccetto in
parte quelle contigue, non sono in grado di
capirlo ne´ in forma orale ne´ in forma scritta.
Sono lampanti le affinita` con il francese e
l’occitano.
5) Dopo i secolari vaneggiamenti puristici
e la denigrazione politicamente e non scientificamente
motivata, il parlare piemontese
non comporta oggi alcuno stigma, come invece
avviene in molte altre parti d’Italia in
cui, insensatamente, l’uso del dialetto dichiara
una collocazione culturalmente ed
economicamente inferiore (vedi ad esempio
la differenza tra quartieri alti e quartieri bassi
di Palermo). In Piemonte, chi si esprime in
piemontese non solo non viene socialmente
penalizzato, ma anzi l’interlocutore risponde
volentieri in piemontese, se lo conosce.
6) Pur essendosi affermato come comune
lingua regionale, il piemontese non ha causato
la totale sparizione dei dialetti locali,
molti ancora parlati fra gli abitanti di un
dato paese, i quali pero` tutti si servono agevolmente
della koine` nelle interazioni con
parlanti non paesani.
7) L’opposizione al riconoscimento del
piemontese quale lingua minoritaria, che ancora
si registra anche fra talune persone
colte, cui quindi non puo` venire attribuita
per mero complesso di inferiorita`, non e` dovuta
a ragioni scientifiche ma a prese di posizione
ideologiche, cieche alla realta` dei
fatti e sorde alle istanze popolari prevalenti.
8) La storia, la letteratura, la realta` sociolinguistica,
la volonta` politica dei Piemontesi
rende inconcepibile l’eventuale rifiuto di opportuni
provvedimenti legislativi volti all’ecologia
linguistica a pieno riconoscimento
della dignita` della loro lingua, senza che un
malinteso centralismo di odiosa memoria
possa discriminatoriamente continuare a
frapporvisi.
Anche a livello europeo il piemontese e`
stato riconosciuto tra le lingue minoritarie
(non tra i dialetti) nella raccomandazione
n. 928 del 1981 e nella risoluzione del 16 ottobre
1981 dell’Assemblea del Consiglio
d’Europa, nonche´ dall’UNESCO.
Secondo il predetto Rapporto dell’IRES
del 2007 il piemontese e` noto al 77 per cento
dei residenti: in Piemonte vi sono 2 milioni
di adulti in grado di parlare il piemontese,
mentre oltre un milione sono in grado di capirlo!
Il piemontese e` dunque la prima lingua
minoritaria della Repubblica: oltre tre milioni
di cittadini piemontesi parlano una lingua
autoctona ben differenziata dall’italiano
e nonostante cio` si sono visti negare finora
qualsiasi forma di tutela. A cio` si aggiunga
che ben il 72,9 per cento afferma di essere
favorevole all’insegnamento facoltativo della
lingua piemontese nelle scuole (52,4 per
cento «favorevole» e 19,5 per cento «abbastanza
favorevole»).
Alla luce di quanto detto, la lingua piemontese
e` di fatto parte integrante dell’insieme
delle lingue regionali presenti nella
Repubblica ed ha pieno diritto di cittadinanza
nell’ambito di una legge di tutela, vista
l’ormai ineludibile esigenza di procedere
ad una revisione della legge n. 482 del 1999.
Il presente disegno di legge intende porre
rimedio a questa grave mancanza.