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Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale

By 08/11/2012Maggio 27th, 2024Interrogazioni e Interventi

Il mio intervento in Senato del 5 novembre 2012:

 

Signora Presidente, ieri, nel corso dei festeggiamenti per la giornata dedicata alle Forze armate, tutti abbiamo potuto ascoltare l'esplicito riferimento che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto fare al lavoro parlamentare richiamando la necessità di votare, in modo sollecito, la legge delega di razionalizzazione dello strumento militare, oggi al nostro esame.

Come sapete, non si tratta di mutare il modello di difesa, ma di compiere un lavoro molto importante, incisivo, profondo, efficace di razionalizzazione affinché in modo graduale intorno al 2024 le nostre Forze armate constino di 150.000 uomini e di 20.000 unità di personale civile e che l'equilibrio tra le voci di spesa sia uguale a 50-25-25, dove il 50 per cento è relativo ai salari, il 25 per cento all'esercizio e il restante 25 per cento agli investimenti, adeguandoci alle trasformazioni già avvenute nelle Forze armate francesi, olandesi, inglesi e tedesche nel decennio che stiamo vivendo.

La spesa militare in Italia, per come è configurata nella cosiddetta funzione difesa, non è elevatissima, dato che ammonta allo 0,90 per cento del PIL, a fronte dell'1,61 per cento in Europa. Visto che parliamo di difesa europea, non possiamo però dimenticare che per la sola voce dedicata alla ricerca militare gli Stati Uniti d'America spendono quanto la Francia ed il Regno Unito spendono per l'intero settore militare, né possiamo ignorare l'incremento eccezionale delle spese militari in India e in Cina, cosa che costituisce uno degli elementi dello spostamento degli equilibri verso il Pacifico.

Dato che il tempo a mia disposizione non è molto, vorrei sottolineare solo due punti. Innanzitutto, che la spending review, con la revisione in senso riduttivo dell'assetto strutturale e organizzativo del Ministero, delle dotazioni organiche complessive del personale militare, degli aspetti tecnico-logistici e di quelli strettamente afferenti alla gestione del personale, porta ad un risanamento efficace del nostro bilancio. Non possiamo, inoltre, dimenticare che l'azione proiettata fino al 2024 è stata peraltro già anticipata dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, che ha realizzato significativi risparmi di spesa rispetto ai quali, avendo poco tempo a disposizione, non posso entrare nel merito: basti comunque il rinvio alla descrizione analitica contenuta nella relazione tecnica al provvedimento.

Bisogna inoltre ricordare che mentre risparmi di spesa significativi, realizzati dal 2012 al 2015 secondo il decreto-legge n. 95 del 2012, andranno a migliorare i saldi di finanza pubblica, le altre spese, quelle che saranno risparmiate dal 2015 al 2024, saranno redistribuite all'interno del bilancio della difesa in un'opera efficace di razionalizzazione.

Vorrei porre alla vostra attenzione il rigore dell'articolo 4, là dove prevede un continuo monitoraggio dei saldi di spesa, dei risparmi, dell'efficacia, tanto che possiamo tranquillamente sostenere che questo provvedimento governativo è un esemplare provvedimento di prima applicazione della spending review.

Desidero sottolineare due punti, la questione della difesa europea e quella della revisione della cosiddetta Giacché, che naturalmente non possono essere esauriti nei decreti che seguiranno questo disegno di legge delega… (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Scusi, senatrice Negri. Colleghi, non siamo tantissimi in Aula, quindi potremmo pretendere maggiore silenzio.

 

NEGRI (PD). La difesa non gode di molta attenzione, anche se oggi ad esempio il «Times» dedica tutta la prima e la settima pagina alla questione del part time e del precariato dei soldati: nel Regno Unito si è sviluppato un grande dibattito nazionale di come occupare i soldati precari. Ma in Italia c'è un'altra sensibilità pubblica.

Vorrei rendere personalmente merito al Governo e al suo ufficio legislativo di aver interloquito con la Commissione difesa e con il nostro Gruppo su due punti essenziali: quello della difesa europea e quello della parlamentarizzazione della discussione e decisione a proposito degli acquisti dei sistemi d'arma. Non era scontato, poiché non era così nella prima stesura della legge delega e non è mai stato così.

La questione della difesa europea viene molte volte citata agli articoli 1 e 2, tutte le volte in cui noi, parlando di integrabilità, di proiettabilità, di capacità delle Forze armate, diciamo che sia nell'aerea di vertice e centrale, sia nella strutturazione complessiva, sia nell'integrazione interforze, sia nella standardizzazione organizzativa, vogliamo strettamente interagire con la difesa europea. A questo punto, non possiamo accontentarci di affermazioni generiche e politicamente corrette.

Lascio alcune idee, come spunti di riflessione. Quando parliamo di difesa europea parliamo soltanto dell'EDA (Agenzia europea per la difesa)? Parliamo soltanto del Battle Group? Parliamo soltanto dei 200 uomini impegnati nelle 12 missioni? Se fosse questo il nostro proposito, sarebbe poca cosa. So che avremo una prossima discussione con il Ministro su tali questioni. Io credo che parlare di difesa europea significa parlare di industria militare europea. Non possiamo sottovalutare come il fallimento di questa prima tentata fusione tra BAE Systems e EADS (le grandi multinazionali europee dell'aeronautica e dell'aerospazio, ma anche dei controlli elettronici e delle navi militari), grandi imprese fortemente partecipate dai Governi inglese, tedesco e francese, con sullo sfondo il ruolo di Finmeccanica, partecipata dal Governo italiano, evidenzi la difficoltà di uscire dalle affermazioni generiche e di costruire davvero una difesa europea. Non è facile, ma stiamo facendo l'unità bancaria, il fiscal compact, l'unità sui vincoli di bilancio.

Sappiamo che cedere sui comandi militari, sul governo delle Forze armate e sulla tecnologia, cioè fare cessioni di sovranità sulla più intima delle funzioni statali, è un processo enorme. Non sarà compito di questa legge delega, lo sarà del futuro Governo e del futuro Parlamento, ma noi lasciamo una piccola eredità di riflessione di cui andiamo orgogliosi. Ringraziamo il signor Ministro di avere pienamente accolto l'esigenza di questa riflessione.

Un secondo punto. Nel 2008 fu fatta una valida indagine, promossa dalla Camera a vent'anni dalla cosiddetta legge Giacché, sulle metodologie di discussione di acquisti dei sistemi d'arma.

L'articolo 4 della legge delega, la cui prima parte è dedicata al rigoroso monitoraggio delle spese e della produttività delle medesime, al comma 2, di fatto, parlamentarizza pienamente la discussione sui sistemi d'arma, sul loro acquisto, sulla loro qualità, con un meccanismo piuttosto complesso fatto di rinvii, poteri di veto a maggioranza qualificata della Commissione difesa, e quant'altro. Un meccanismo davvero complesso. Tuttavia, poiché la Commissione affari costituzionali ha sempre detto che non potevamo inserire l'aggettivo «vincolante», si è trovata una via di intensa parlamentarizzazione di questo tema, davvero immenso. Mi rendo conto che è più facile parlare di FIAT, di tessile, di ferrovie, e che nella propria vita è più facile incontrare una Panda piuttosto che un Eurofighter, ma non si può non capire che gli investimenti duali nel sistema della difesa e gli immensi volumi di denaro che l'industria della difesa muove meriterebbero una discussione pubblica informata e consapevole.

Se il futuro Parlamento lo vorrà fare, noi, con questa legge delega e con i decreti che seguiranno, per la prima volta abbiamo messo pienamente nelle mani del Parlamento italiano la possibilità di scegliere, dicendo sì o no, di combattere e comunque di portare avanti una discussione informata, razionale e decisiva per il futuro del Paese.

C'è stata una collaborazione intensa tra Commissione difesa e Ministero, è stato fatto un buon lavoro, apprezzato pubblicamente ieri dal presidente della Repubblica Napolitano. Era tanto tempo che non succedeva, e tante contraddizioni sono state sanate. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Esposito).

 

Leggi l'intervento sul sito del Senato.

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