Pubblichiamo in anteprima assoluta la lettera aperta di Dino Sanlorenzo sul 25 aprile torinese. Lettera frutto di un dialogo mattutino che ho avuto con l'eroico Dino, che nonostante un problema di salute ieri ha eroicamente partecipato alla fiaccolata per il 25 Aprile a Torino. Sono contenta di averlo convinto a scriverla.
Lettera aperta di DINO SANLORENZO, dopo il 25 aprile
C’è troppa confusione sotto il cielo piemontese. Troppa confusione nel dibattito generale del Pd regionale.
Nel giudizio sulle celebrazioni del 25 Aprile a Torino non si può prescindere prima di tutto dalle numerose iniziative svoltesi nella regione, nei comuni, nelle scuole, nelle istituzioni, che hanno accolto e rispettato l’invito del Presidente della Repubblica Napolitano a far valere i valori della Resistenza nelle nuove generazioni, sottoposte alla pressione dell’ intolleranza e dell’ integralismo. Ovunque c’è stata una grande partecipazione popolare e non ha avuto affatto carattere di rivalsa nei confronti dell’esito delle elezioni politiche. Intanto, però, qualcosa non ha funzionato. Non si tratta delle due manifestazioni torinesi in sé, ma di ciò che le ha precedute.
Grillo ha tentato di strumentalizzare la Resistenza per combattere i partiti politici che esistono proprio perché c’è stata la Resistenza e perché è nata la Costituzione repubblicana, scritta e poi difesa per 60 anni.
“Sinistra Per”, corrente facente parte della maggioranza del Partito democratico a Torino, attraverso l’iniziativa di usare bandiere col simbolo del Pd su sfondo rosso, strumentalizza il corteo del 25 aprile per alludere a una “Resistenza rossa” e a un “Pd rosso”, che sono un falso storico e politico.
Ma prima ancora, sempre da questa parte politica, si conduce una battaglia contro il sindaco e la giunta comunale torinese per aver concesso la piazza a Grillo ( e cosa deve fare un sindaco che rispetta la Costituzione?). E poi la sinistra e il segretario regionale del Pd attaccano sui giornali amici la presidenza della Regione per presunte responsabilità nella sconfitta elettorale del Partito Democratico in una parte del Piemonte.
C’è qui un analfabetismo politico che confonde i temi, i termini, gli argomenti di una campagna elettorale e della politica generale con la gestione di una giunta regionale, peraltro meritevole, non avvertendo la ben altra portata degli spostamenti del voto che si sono avuti nel corpo degli elettori, dalle Alpi alla Sicilia con tratti comuni, seppur diversamente declinati da zona a zona.
Bisogna avere chiare alcune idee di fondo. La Resistenza non fu solo “rossa” e il Pci come partito non voleva e non poteva fare la rivoluzione. I partigiani erano comunisti, socialisti, cattolici, azionisti, liberali e altro ancora. Non erano moltissimi, ma dettero all’Italia la dignità di nazione e contribuirono a conquistare la libertà. Infine, con i simboli e le bandiere non si scherza.
Qualcuno dimentica i morti, le guerre e le tragedie che furono necessarie per conquistare il primo tricolore italiano?. E a sinistra qualcuno può dimenticare il travaglio di intere generazioni che passarono dalla bandiera del Partito Comunista Italiano, a quella del Pds, poi a quella dei Ds e oggi a quella del Partito Democratico?. Ma ora il punto di approdo si è trovato. E ora il simbolo è uno e uno solo. Il segretario Morgando su questo ha ragione.
Sembra addirittura che l’iniziativa di stampare queste bandiere con il simbolo del Pd su sfondo rosso sia di alcuni esponenti e non di tutta “Sinistra Per”. Una grande confusione dunque.
Adesso, però, basta con le apparizioni mediatiche e circensi che si susseguono da troppo tempo per obiettivi tutto sommato molto modesti.
Abbiamo appena terminato una campagna elettorale dove tutti i comizi si sono chiusi con il canto dell’inno nazionale. Noi del Pd vogliamo il federalismo fiscale, ma non vogliamo la rottura dell’unità nazionale e non vogliamo il partito confederale. E’ inimmaginabile che il simbolo del Pd si accompagni a sfondi diversi che richiamino le varie componenti e le tradizioni politico-culturali originali. Tra l’altro, parecchi avrebbero difficoltà a trovare il colore giusto. Meno che mai vogliamo bandiere diverse regione per regione, che identifichino una divisione.
Tutto questo esige molti chiarimenti nel Partito democratico piemontese. Discutiamone modi e forme, intanto, facendo funzionare regolarmente gli organismi dirigenti, dando il via alla campagna di iscrizione al partito e prevedendo forme di coinvolgimento del “popolo del Pd” . E con una discussione che traduca nei fatti il principio che siamo un Partito democratico che decide, ma non un partito che decide senza democrazia.
Dino Sanlorenzo