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Forma partito – Una ipotesi di struttura per un partito nuovo – 24 novembre 2007

di Piero Borla (Associazione per il Partito Democratico Piemonte )

Il dibattito di questi giorni verte sul tema del partito con tessera o senza tessera, che fa congressi o non più.  La questione a me sembra se vogliamo un partito articolato o no in sezioni territoriali e, soprattutto,  in quali altre forme si manifesti.
Ai congressi di primavera DS e Margherita hanno partecipato, alla base, 350.000 persone, con una presenza non mordi e fuggi, ma di più ore di dibattito.
Per questi iscritti la tessera richiama una sede fisica, relazioni di comune sentire con altre persone e la possibilità di incontrarsi con esse. Le riunioni in queste sedi approfondiscono poco, o si limitano a temi locali; inoltre sono influenzate da rapporti di potere e comunque non incontrano una domanda di partecipazione più estesa, che pure esiste (i circoli della Margherita non mi risulta che abbiano una presenza più efficace). Ma nei comuni non capoluogo di provincia, se togli la forma sezione, quale presenza può avere il partito che garantisca durata nel tempo ? Gli iscritti sono una ricchezza che non può essere diluita in un insieme più indistinto e va ancorata a una ragion d’essere. (leggi tutto)

Le primarie.
Quando abbiamo cominciato a parlarne fra noi, si trattava, in senso proprio, di consultazione aperta per la designazione di un competitore ad una elezione formale ad una carica istituzionale; così sono state le primarie “per Prodi” e tutte quelle che sono seguite in sede comunale e regionale.
In questa occasione si è trattato invece di elezione diretta dei leader e degli organi collegiali di un partito, cosa senza precedenti. Ma mentre le candidature a segretario nazionale erano oggetto di dibattito nazionale, le candidature locali hanno ricevuto rilevanza, attenzione, conoscibilità nettamente inferiori. Le liste per gli organi costituenti, inoltre, sono state redatte con un processo largamente influenzato dalla dirigenza e non dalla base, con forti elementi di cooptazione, in particolare per quanto riguarda la “società civile”
Secondo la ricerca Eurisko pubblicata il 20/10, i motivi che hanno spinto i 3.500.000 partecipanti alle primarie sono classificabili come segue :
46,0% per manifestare la mia vicinanza-appartenenza al PD / per partecipare alla vita del PD / per sostenere un particolare candidati segretario nazionale/ per fedeltà al partito per il quale ho sempre votato (quindi motivazioni direttamente riferibili al tema politico dell’occasione)
37,3% per rafforzare il centrosinistra contro la destra e Berlusconi / per farmi vedere e sentire da una classe dirigente lontana dalla gente (quindi un messaggio politico generale e  una domanda di partecipazione non specifica)
  6,2% per sostenere un candidato locale o una lista regionale
  8,3% altri motivi-non sa
Salvi gli ulteriori studi che spero che si attendono (non mi sembra che l’argomento sia stato finora approfondito in modo adeguato) credo che l’occasione 14/10 sia stata caricata di significati ridondanti, e che una ripetizione tal quale per gli organi provinciali e locali sia fuori luogo.
Particolarmente per i direttivi sezionali : anche con le liste bloccate, continuano ad esistere sottotraccia gli apparati che sviluppano, nelle elezioni formali,  le preferenze. Inoltre l’idea di  impiantare e manutenere di volta in volta una anagrafe di tutti i partecipanti alle primarie dell’uno e dell’altro tipo contiene una sottovalutazione del lavoro dei costi inerenti

Che cosa manca in questo scenario ?
L’elaborazione, l’innovazione, la sensibilità per percepire e segnalare immediatamente (e non seguire a distanza) i nuovi bisogni i mutamenti della società.
Per questo non ci sono ricette che funzionino ovunque e in ogni tempo. Fondazioni, centri studi, think tank varie collegate direttamente con i gruppi dirigenti, va bene, ma non basta. Esistono, o possono svilupparsi, associazioni, movimenti, forum telematici, movimenti vari che se il partito è vivo e attraente si possono collegare o trovano modo di collegarsi. Questo legame non può essere dettagliato in uno statuto, perché deve in larga parte essere sperimentato e rimane comunque l’elemento più mutevole della forma che si ipotizza. Chiamiamola –in mancanza di meglio- la cerchia non territoriale. Non è tanto importante che queste strutture ed organizzazioni siano aderenti in senso formale, o composte di iscritti, quanto che incontrino piena agibilità politica e reali tribune nelle quali esprimersi.

Una ipotesi di struttura
 Il presidente – è il leader del partito, il candidato alle elezioni prossime (politiche, regionali, comunali) o il presidente in carica dell’istituzione. E’ designato in elezioni primarie in senso stretto, quindi estese a tutto il popolo delle primarie, rimane in carica fino a quando serve un nuovo candidato o il congresso decide di indire una nuova elezione. La sua forte legittimazione lo abilita a gestire la piattaforma programmatica e l’agenda di governo o di opposizione (ma non la selezione dei candidati)
  Il congresso, ad ogni livello, rimane la sede di confronto fra gli iscritti, esprime i direttivi e il segretario (figura prevalentemente organizzativa). L’attuale situazione di un presidente e un segretario generale, entrambi investiti a suffragio universale, è una anomalia giustificabile nella fase costituente.
 Occorre ancora un anello di collegamento e un elemento di propulsione. Si può sperimentare una assemblea annuale, studiando l’esperienza laburista e quella di Comunione e Liberazione. Da combinare con il congresso degli iscritti o con le primarie, quando si tengono, ma da svolgere comunque con cadenza annuale. Gestita insieme dal presidente e dal segretario, ricercando partecipazioni nella cerchia non territoriale, comprendendo momenti di studio in gruppi appositi; ma deve essere aperta e svolgersi ad ogni livello : un fatto anche mediatico che coinvolge anche il popolo delle primarie p.es. con referendum consultivi

Piero Borla
24/11/07

 

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