Fuori dal loft cresce il partito del congresso – dal Riformista del 24/11/2007
Tra i popolari della (fu) Margherita circola una battuta, ideata da unautorevole esponente piddino molto vicino a Franco Marini: «Sarebbe unerrore se dentro il loft pensassero alla "solita pastetta" tra dalemiani e mariniani. La maggioranza del partito vuole la convocazione di un congresso». E visto «che siamo un partito dentro il partito, d'ora in poi ci faremo chiamare "il Partito del Congresso", come quello indiano che piace tanto a Rutelli…». (Leggi tutto)
Il primo round che si è giocato ieri l'altro nella
commissione Statuto, presieduta da Salvatore Vassallo, rappresenta solo la
punta di un iceberg. E dietro l'ordine del giorno dalemian-mariniano, che i
veltroniani della prima cerchia avevano considerato «una mossa per alzare il
prezzo in vista dell'elezione dei coordinatori provinciali», si celano
malumori che vanno ben oltre la schiera dei fedelissimi di D'Alema e Marini.
Enzo Carra, che mariniano non è e certo dalemiano non è mai stato, la mette
così: «Finora abbiamo dato vita a un partito, da adesso dobbiamo fare in
modo che diventi davvero "democratico", che tenga conto delle nostre tante
diversità. Fino ad oggi si è lavorato, e bene, per mettere insieme Veltroni,
Franceschini e Bettini. D'ora in poi, dovremo lavorare per tenere insieme
tutti gli altri».
Cambiando il pedigree dei personaggi, dal teodem Carra all'ultra-laico
Massimo Brutti, il prodotto non cambia. «Un congresso è necessario. Anzi, l'
orientamento di chi vuole le assise è nettamente maggioritario. Sarebbe
grave se qualcuno si fosse messo in testa di negarlo», certifica il
deputato, che presidia la sinistra del Pd e si batte per l'approdo al Pse.
Identiche le vedute di Pierluigi Castagnetti, che a "morire socialista" non
ci pensa proprio. «Per adesso – spiega l'ex segretario del Ppi – siamo un
partito provvisorio, un partito di cooptati. E visto che la cooptazione è la
caratteristica che alimenta la "casta", nella nostra forza politica dovremo
inserire degli elementi di democrazia che sono indispensabili. Un congresso
serve, anche per discutere della collocazione internazionale». Da palazzo
Madama, dove ieri pomeriggio stava lavorando al battesimo del gruppo del
Pd-Ulivo (la nuova denominazione sarà assunta da lunedì), il vicepresidente
dei senatori Luigi Zanda fissa un paletto-chiave: quello sulla data delle
assise.
Un congresso, sostiene Zanda, «non solo è necessario, ma va celebrato il più
presto possibile». Per il vicepresidente dei senatori del Pd, «bisogna
metterlo in cantiere prima di essere risucchiati dalla fine dell'anno
parlamentare, e cioè prima di giugno prossimo». Nel suo ragionamento, Zanda
mette in fila alcuni dati. «In poco più di un anno, abbiamo discusso nei
partiti, fatto i congressi di scioglimento, le primarie, tre commissioni di
cento esponenti ciascuna. Ma questo è percorso sincopato, sembra un rap.
Fermarsi a discutere in un congresso è sacrosanto».
Al "partito del congresso" potrebbero iscriversi a breve anche i parisiani.
E mentre non trova conferme la (verosimile) leggenda secondo cui, sulla
convocazione delle assise, Arturo Parisi sia arrivato a dare ragione anche a
uno dei suoi bersagli di sempre (e cioè Beppe Fioroni), Franco Monaco
ammette: «Nella sostanza la richiesta di un congresso non è per nulla
sbagliata». In una dichiarazione alle agenzie, il deputato prodiano ha
aggiunto: «Ma ci è difficile associarci a dalemiani, fassiniani, mariniani
che prima hanno trasformato le primarie in un rito plebiscitario con il
retropensiero di porre poi, il giorno dopo, le questioni cruciali: dalla
forma partito al riferimento europeo del Pd». Sempre su quest'ultimo fronte,
il tema "Pse sì – Pse mai" è stato ieri oggetto di un tam-tam di popolari
che ventilava sospetti sia sui reali contenuti dell'incontro
Veltroni-Zapatero sia sulla nebbia che avrebbe impedito la visita di Walter
al consiglio degli eurosocialisti. «Sciocchezze messe in giro da qualche
folle», replicava il responsabile Esteri del Pd. «La nebbia c'era per
davvero. Hanno chiuso persino l'aeroporto di Sofia. Il direttore degli
Aeroporti di Roma aveva pure contattato telefonicamente il direttore dello
scalo bulgaro ma non c'è stato niente da fare. Nemmeno Martin Schulz è
riuscito a raggiungere la riunione del Pse».
Nebbia e leggende a parte, il tema della collocazione internazionale
potrebbe essere uno dei grimaldelli per ottenere la convocazione di un
congresso. Guarda caso, sottolinea Monaco, «durante le primarie a nessuno, e
sottolineo nessuno, del variegato fronte Veltroni è saltato in mente di
sollevare la questione». Vale anche per i temi etici. «Mi auguro che le
unioni civili si facciano in Parlamento», ha spiegato ieri il segretario del
Pd a Otto e mezzo. Neanche mezz'ora dopo, in rete c'erano già gli applausi
dello scaltro Cesare Salvi. «Bene Veltroni. Martedì riprenderemo il
dibattito sul testo in commissione al Senato». L'occasione potrebbe essere
colta al volo. Basta un Fioroni di qua e una Pollastrini di là. Magari
divisi sulle unioni civili, ma senz'altro uniti nel Partito del congresso.
Tommaso Labate