Le parole del direttore Franchi, nel suo editoriale, sul Riformista di sabato 12 maggio, mi hanno commossa.
Grazie
"Piazza delle libertà Perché pensiamo sia giusto oggi essere a piazza Navona: non per rivalsa, ma per dare alla politica il segno della difesa dei diritti, per darci coraggio e dare coraggio".
Paolo Franchi.
Più ci penso più mi convinco che, per rendere chiaro lo spirito con cui saremo oggi in piazza, le parole più chiare, più belle e più sensate sono quelle che ci ha scritto l’altro giorno la nostra amica Magda Negri, senatrice dei Ds e riformista a prova di bomba: «Quando la armada cattolica del Family Day sarà rifluita nelle città e nelle diocesi di provenienza, speriamo che restino sul campo buoneidee e buoni programmi, politicamente e parlamentarmente spendibili. Per l’intanto, senza spirito di rivalsa e di inimicizia, ma con infinito e assertivo orgoglio laico, il 12 maggio me ne starò serenamente in piazza Navona, con gli amici e i compagni che da sempre hanno testimoniato la politica come difesa dei diritti di ognuno per il bene di tutti».
E già che ci sono voglio citare anche il post scriptum, civilissimo, della lettera di Magda: «Ma io,nubile e da sempre convivente con la mia magnifica figlia ora ventenne, sono o non sono una famiglia? Che sia fuori Costituzione l’ufficio anagrafe del comune di Torino? Cosa ne penseranno Enzo Carra e Rosy Bindi?».
Carra e la Bindi, che pure sappiamo attivi protagonisti della costruzione del Partito democratico, e lettori attenti del nostro giornale, di cui sono graditissimi ospiti ogni qual volta intendono dire la loro, alla senatrice Negri finora non hanno replicato: se, passato il Family Day vorranno farlo,noi siamo qui. Disponibili come sempre. Anzi: disponibilissimi. Ma anche cocciuti nella difesa del nostro punto di vista, che è, ripeto, esattamente lo stesso di quello di Magda. Leggo (anchesul Riformista: vedi l’intervento di ieri di Claudia Mancina) pensosi e autorevoli commenti sulla pericolosità politica e culturale delle due piazze contrapposte, di là l’immensa San Giovanni un tempo rossa e ora cattolicissima schierata a difesa della famiglia e contro i Dico, espressione di una Chiesa che considera terrorismo le critiche nei suoi confronti e pretende di influire in modo determinante sulla legislazione, di qua la nostra piazza Navona, laica, liberale e libertaria, schierata a difesa della laicità e dei Dico, che, dicono, vorrebbe imporre il silenzio alla Chiesa, negarle la libertà di parola, ricondurre forzosamente la religiosità a fatto privato quando il suo straordinario ruolo pubblico è, o dovrebbe essere, sotto gli occhi di tutti,non credenti compresi.
Mi spiace, ma le cose non stannocosì. È probabile, anzi è certo che oggi, in piazza Navona, ci saranno anche mangiapreti e, come si dice adesso utilizzando un termine che non mi ha mai convinto, inveterati laicisti. Ed è probabile, anzi, è certo, che molti giornali, compresi alcuni di quelli che un tempo facevano della laicità una bandiera, provvederanno a segnalare in gran copia le loro ironie pesanti i loro lazzi e i loro frizzi diciamo così politicamente
scorretti. Ma il punto non è questo. Il punto è che in piazza San Giovanni non si va a difendere dei diritti – i diritti della Chiesa, i diritti dei cattolici – che qualcuno (chi?quando? come?) vorrebbe conculcare, ma a far sentire alta e prepotente
la propria voce per impedire che siano riconosciuti e allargati anche i diritti di cittadinanza di altri, di altri che la pensano diversamente e si comportano diversamente.E in piazza Navona si va, inutile nasconderlo,con una motivazione esattamente opposta: a testimoniare una concezione e una pratica della politica intesa (ricorro ancora alle parole di
Magda Negri) come «difesa dei diritti di ognuno per il bene di tutti». Bastano e avanzano, queste considerazioni, a farci essere in piazza Navona, in una piazza che sentiamo nostra, la piazza delle libertà, in mezzoalla nostra gente. Per darci coraggio, per dare coraggio, per manifestare che le buone battaglie si possono e debbono fare anche quando sembrano
di minoranza. E per significare, questo 12 maggio, che quel 12 maggio di tanti anni fa, il 12 maggio dellavittoria del No nel referendum per l’abrogazione del divorzio, non è un ricordo di gioventù ma uno spartiacque della storia politica e civile di questo paese che non si lascerà archiviare.
Non si tratta di cercare rivalse, ma di impedire rivincite.