segnaliamo
l'EDITORIALE del Riformista di
lunedì 14 maggio 2007
DAY AFTER 1. QUALCHE RIFLESSIONE SUL FAMILY DAY E SU PIAZZA NAVONA DI PAOLO FRANCHI
Ma i Ds dove stavano? E dove stanno?
«L'Italia degli italiani» titolava ieri la sua prima pagina l'Avvenire, a mo' di commento e di sintesi della (grandissima) manifestazione di piazza San Giovanni, per significare che finalmente la verità si è affermata davanti agli occhi di tutti; e che a quanti per scelta consapevole non erano lì né di persona né con il cuore, e magari se ne stavano di persona o con il cuore in piazza Navona, non resta che prendere atto, se non proprio di essere degli stranieri in patria, di costituire una minoranza. Una minoranza spaesata. «Troppo piccola e prigioniera degli amarcord», scrive sul Corriere Massimo Franco, «per rappresentare il mondo che pretende di incarnare».
È così? No, se l'attenzione si ferma su piazza San Giovanni. In parte purtroppo sì, se è di piazza Navona e dintorni che vogliamo ragionare. Proviamo a spiegarci. Il milione e passa di persone, uomini, donne, bambini (ma non si era detto, in polemica con la sinistra pacifista, che è un'indecenza portare gli innocenti in piazza?) convenute a Roma in difesa della famiglia e contro i Dico sull'onda di una straordinaria e capillare mobilitazione della chiesa e di tanta parte del mondo cattolico organizzato non rappresentano probabilmente la maggioranza silenziosa, almeno fino a sabato pomeriggio, ma una parte grande e importante di questo paese sì. Sufficientemente grande e importante e cosciente della propria forza per indurre a un silenzio che non è d'oro i moderati del centrosinistra. Più grande e più importante e più cosciente della propria forza di quanto mostrino di comprendere gli uomini del centrodestra, Silvio Berlusconi in testa, accorsi a San Giovanni a testimoniare solidarietà a una chiesa che, come sempre, «i comunisti» vorrebbero ridurre al silenzio.
La destra su questa manifestazione ha voluto mettere il cappello, la chiesa non se ne è troppo doluta. Ma chi la ha fortissimamente voluta lo ha fatto soprattutto per segnalare la propria forza e la profondità del proprio radicamento. Per dire in primo luogo a tutta la politica, di centrosinistra certo, ma anche di centrodestra: la ricreazione è finita, la stagione inaugurata il 12 maggio del '74 va chiusa definitivamente, di qui non si passa, i valori non sono negoziabili, noi non li negozieremo e voi vi dovete adattare.
Se questo, o soprattutto questo, è stata piazza San Giovanni, e cioè la testimonianza di un mutamento dello scenario politico e culturale del paese, qualcuno dirà che forse è stata una scelta infelice, temeraria e pure retro quella di dimostrare, in piazza Navona, quanto modeste siano le forze laiche, liberali e libertarie disposte ad accettare una simile sfida. Noi del Riformista autocritiche proprio non ne faremo: le buone battaglie si conducono anche quando si è in pochi, e l'Italia delle libertà e dei diritti è assai meno minoritaria di quanto lasci intendere il raffronto tra due manifestazioni un sabato di tarda primavera.
Ma è drammaticamente vero anche quello che ha scritto Franco: la nostra «piazza delle libertà» era poca cosa rispetto al mondo, ben più vasto, che voleva incarnare. Di più e peggio: mancava quel che invece c'era in gran copia a San Giovanni, mancava ancora una volta, il popolo, il popolo del '74, e i suoi figli e i suoi nipoti. Fatico a imputare questa assenza a quelle forze minoritarie (Rosa nel Pugno, radicali, Sdi) che la manifestazione la hanno indetta, e su parole d'ordine assai equilibrate, o alla sinistra cosiddetta radicale. Mi chiedo piuttosto dove fossero e più in generale di cosa si occupino i Democratici di sinistra. E che partito potrà essere mai, e quale Italia anche con il loro concorso potrà rappresentare il nascituro Partito democratico, aspirante motore del rinnovamento civile dei cui intenti in tema di laicità della politica e dello Stato, di diritti e di libertà così poco è dato sapere. I suoi aspiranti leader sabato erano in ascolto. Eugenio Scalfari spera che abbiano ascoltato bene. Lo spero anch'io. Ma non ci credo tanto.