Il Riformista – 13 ottobre 2007 – Comincia il lungo duello Prodi-Veltroni
Una prima tessera del puzzle di Walter Veltroni è andata a posto ieri. Con una lettera pubblicata sul suo sito Romano Prodi ha confermato che, archiviata la finanziaria, la squadra di governo sarà ritoccata. Il premier, com'è noto, non vuole sentir parlare di «rimpasto», ma un taglio dei ministri e qualche ritocco qua e là, operazione ritenuta indispensabile da Veltroni per marcare anche simbolicamente la ripartenza dopo le primarie di domani, sono ormai certi: «Il governo – scrive il Professore – non ha bisogno di "rimpasti" per funzionare perché già funziona, anche se trovo giusta ogni iniziativa che ne rafforzi il funzionamento a cominciare dal ripensamento della sua struttura».Una seconda tessera andrà a posto domani sera, con il probabile plebiscito al sindaco di Roma. Sull'affluenza ai seggi le aspettative sono sempre più ottimistiche: si punta dritti ai due milioni di votanti. Sulla percentuale di consensi a Veltroni, la forbice va dal successo pieno (70 per cento) al trionfo bulgaro (80 e passa). Ma è la terza tessera del puzzle – trovare un forma di convivenza con Prodi e al contempo preparare al meglio la prossima tornata elettorale – la più difficile da piazzare. Veltroni ha speso le ultime ore di campagna elettorale per rassicurare il Prof. Il Candidato è tornato a spiegare al Corriere della sera che non ha alcuna intenzione di favorire cambi di scena a palazzo Chigi. E ieri lo ha ribadito al Lingotto, dove è tornato tre mesi dopo il discorso del suo esordio democrat: «Sostegno forte e leale al governo».Lo sforzo diplomatico non pare aver convinto il destinatario principale, dato che nella sua lettera aperta Prodi, nonostante le dichiarazioni rilasciate in serata al Tg3 («Sono convintissimo che Veltroni rafforzerà il governo»), ha piazzato un paio di stoccate al futuro leader del Pd. La prima sulla divisione dei ruoli: «Il nuovo segretario potrà da lunedì mettersi immediatamente al lavoro per dare stabilità alla politica italiana dedicando al partito le energie che io non vi ho potuto dedicare perché impegnato nella quotidiana complessa e difficile attività di governo». Insomma, ognuno al suo posto e a ciascuno la sua agenda. La seconda, sui rischi di una deriva leaderistica: «Chi vincerà avrà il dovere di lavorare sempre per il consolidamento di un progetto che non può essere frutto di personalismi». Veltroni non ha interesse a far precipitare la situazione. Questo non significa che non abbia messo bene in conto l'ipotesi del default: la situazione in Senato è sempre più precaria (dopo i diniani, ieri anche Willer Bordon e Roberto Manzione si sono chiamati fuori dalla maggioranza), la competizione tra le ali dell'Unione al limite massimo di tensione e il referendum sulla legge elettorale – che il sindaco di Roma sostiene – è proprio uno dei possibili fattori di crisi. Il piano di Veltroni, che non vuole né può permettersi un voto già nel 2008, poggia su una volontà più volte espressa dal Quirinale. Giorgio Napolitano, che sta seguendo da vicino l'iter della finanziaria e ha già incontrato Prodi due volte nel giro degli ultimi giorni, spenderà tutta la sua autorevolezza per impedire che il paese torni alle urne con l'attuale legge elettorale e senza un tentativo di riforma istituzionale. E i canali diplomatici del Colle dicono che lo schieramento trasversale per rimandare almeno al 2009 un eventuale voto anticipato è ben nutrito, fino a comprendere anche quelle poche forze, come la Lega, che si espressero per le urne in occasione della crisi di governo dello scorso febbraio. Nelle intenzioni di Veltroni il varo di un esecutivo istituzionale dovrebbe servire anche a correggere la legge che uscirebbe dalle urne referendarie (l'ipotesi è un proporzionale spagnolo) e che, di suo, favorirebbe più Berlusconi che il leader del Pd, intenzionato a correre senza l'apporto della sinistra radicale. Ma anche su questo punto la divergenza con Prodi non potrebbe essere più marcata. Come dimostrano le baruffe sulle alleanze con la sfidante cripto-prodiana Rosy Bindi e le modifiche sul Protocollo welfare che il Prof ha concesso ieri a Rifondazione in Consiglio dei ministri, al costo di una immediata levata di scudi di Confindustria.
Stefano Cappellini