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Il riformismo nel Dna del socialismo liberale è necessario al Pd

L’Associazione Dimensione democratica ci ha dato ieri sera  a Torino l’occasione di discutere di socialismo liberale nella sala della Uil, piena nonostante la serata prefestiva e i la festa di  San Giovanni in preparazione

L’incontro – moderato con provocazioni intelligenti dal giornalista Nino Battaglia – ha visto la partecipazione di Enrico Morando, Giorgio Benvenuto, Sergio Soave, e degli organizzatori Patrizia, Alessio e Daniel. Fra il pubblico ho rivisto con piacere Marziano Marzano. Il senatore Benvenuto ha evidenziato che essere socialisti non è facile nel Pd, ma è necessario che i socialisti ci siano.

Non ha fatto sconti ai socialisti  sostenendo che la riuscita del loro progetto nel Pd dipende per prima cosa da loro: non ci si può limitare a dare la colpa agli altri  e a nascondersi attribuendo responsabilità ad altri. Benvenuto ha ricordato l’importanza storica del rapporto fra socialisti e comunisti,ricordando che il socialismo liberale riformista era definito tale perché così lo etichettarono i massimalisti: in realtà i valori dei liberalsocialisti erano sostenuti con intransigenza.

I padri del socialismo liberale hanno dei nomi, che nel corso della serata sono stati ricordati. Rosselli, Matteotti, Buozzi e altri. “Non a caso abbiamo citato dei pensatori e non dei segretari di partito” – ha fatto notare Soave. Benvenuto ha riportato alla memoria un esempio illuminante per ragionare sulla collocazione europea del Pd: Cgil e Cisl e -quando nacque -anche la Uil hanno deciso di entrare nell’internazionale del sindacato socialista. Morando ha esordito dicendo che il socialismo per stare oggi dentro la storia deve essere associato al termine liberale. Questo dal 1989 in poi. Ma i socialisti del Pd non sono solo quelli che hanno avuto la tessera del Psi. “Oggi – ha proseguito  Morando – il socialismo liberale è maggioritario nei partiti del centro sinistra europei. Abbiamo reso in Italia  la sinistra  riformista  prevalente su quella massimalista, per la prima volta con il Pd e con la scelta di Veltroni di correre liberi”. Il bipolarismo che vuole Morando, quello dell’attuale linea Veltroniana, è quello in cui ci sono due grandi partiti, che le alleanze le fanno, ma  in condizione di partito egemone e senza programmi da 280 pagine. In questo scenario il Dna dei socialisti liberali contiene la capacità riformista di cui hanno bisogno i programmi  e le politiche del Pd. Ora il Pd deve fare un vero dibattito politico sulle scelte di fondo. "E non è scontato che in questa scelta prevalga  il bipolarismo  di cui ho detto prima, quello a cui penso io" – ha chiarito Morando.  

Ci sarà una conferenza programmatica, infatti, anche se ritengo  – e l’ho detto intervenendo alla serata – sarebbe stato meglio fare un congresso nel 2008. Aspetteremo per questo il 2009, ma bisogna porre fine al più presto alla confederazione di aree di influenza aggregate attorno a  leader storici di Margherita, Popolari, Ds.  E come ho già detto e scritto in questo blog  bisogna osare chiamare le correnti con il loro vero nome.

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MAGDA NEGRI

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