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Il riformista: Divisi sul tipo di partito- 20 ottobre

By 21/10/2007Politica

Europa, 20 ottobre 2007 – PD – Il Partito si divide sul tipo di partito – MARIO LAVIA

Grosso modo, le posizioni sono tre. Sul dibattito relativo alla forma del nuovo partito, a cominciare dal tipo di tesseramento, emerge la linea degli ultrainnovatori, favorevoli in sostanza alla suggestione lanciata dal Foglio di Giuliano Ferrara (niente tessere, partito all'americana), quella dei "conservatori" (nel senso letterale e non dispregiativo) e quello dei mediatori, coloro che vogliono innovare cum juicio il modello tradizionale di partito.

Walter Veltroni dirà la sua nel discorso all'assemblea costituente del 27 a Milano: è
confermato che interverranno solo lui e Prodi e che verranno
istituite tre supercommissioni: sullo statuto, sulla "carta etica" e
sul manifesto del nuovo partito. L'idea di un partito che superi di
slancio le modalità tradizionali, con un tesseramento light, in vista
di un partito degli eletti, fortemente diretto dal leader, che
sperimenti inedite forme di coinvolgimento dei propri aderenti,
lascia perplesso più d'uno. Soprattutto gli esponenti più legati ai
partiti: «Io avverto una certa approssimazione in questa discussione –
dice Nicola Latorre – non vorrei che questo dibattito si faccia
pensando a posizionarsi… Francamente, non capisco quale modello si
possa profilare se si supera quello delle adesioni dei cittadini.
Secondo me – prosegue il senatore ex ds – occorre un partito
radicato, strutturato, con un fortissimo rapporto con i territori».
Un'altra dalemiana – Livia Turco – taglia corto: «Se qualcuno ha
un'idea migliore delle tessere per testimoniare l'adesione a un
partito fa bene a dirlo. Ma io le mie della Fgci, del Pci, del Pds e
dei Ds le conservo con grande cura». Ma è stato Pierluigi Bersani a
suonare la carica, vergando ieri mattina una nota: «Eccoci dunque al
partito senza adesioni. In una società liquida la soluzione sarebbe
il partito liquido! La differenza tra noi e gli Stati Uniti la si può
ricavare sommariamente dalla carta geografica che per ora ci colloca
in Europa, o più precisamente con una rapida rilettura di
Guicciardini». Battute molto dalemiane. Il ministro per lo sviluppo
economico si sta infatti caratterizzando come il punto di riferimento
di tutta l'area ex ds dalemian-riformista, colmando lo spazio
lasciato sguarnito dal ministro degli esteri sempre più proiettato in
una dimensione extra-italiana. Anche Pierluigi Castagnetti ritiene
che «il desiderio di generalizzare il modello berlusconiano che è al
fondo della pur legittima proposta di Ferrara non può essere raccolto
da noi» perché un partito «in cui ci sia il principe e il suo popolo
e in mezzo nulla» non è garanzia di democrazia. A sentire un
segretario di sezione – la mitica "Ds centro storico" di Roma – e
cioè il "lettiano" Fabio Nicolucci, il problema è in questi
termini: «O Veltroni accelera sul modello Usa o c'è spazio per
discutere: e io preferisco la seconda strada. Perché l'Italia è il
paese dei cento campanili, con il comitato elettorale all'americana
non riusciresti a leggere il paese». Chi guarda invece con interesse
al superamento della forma tradizionale di partito imperniata sulla
coppia tesserecorrenti è l'area che fa riferimento a Francesco
Rutelli. Il vicepremier è rimasto favorevolmente colpito
dall'articolo del Foglio. Non ha dubbi Maurizio Fistarol: «Fra il
modello di Ferrara e quello dei partiti precedenti al Pd preferisco
il primo ». Non va dimenticato poi che gli ex parisiani furono i
primi a battersi in questa direzione. «Certo, bisognerebbe trovare
forme di adesione che non si cristallizzino nel tesseramento, con
tutte le degenerazioni che conosciamo – dice Antonio La Forgia – io
penso a un partito dei cittadini, alle primarie come metodo, a
consultazioni anche al di là dei momenti elettorali ». Per
l'esponente parisiano, «questo è senz'altro il capitolo più difficile
che lo statuto dovrà affrontare». In generale, sulle idee di Parisi
sul partito si ritrova Rosy Bindi, fa notare il suo entourage. I
mediatori, infine. Quelli che non hanno intenzione di "strappare", ma
di innovare sì. Spiega il responsabile organizzazione della (ex)
Quercia Andrea Orlando: «Da una parte dobbiamo darci delle sedi di
garanzie che vadano nel senso dell' "azionariato diffuso" e
dall'altra mantenere le esigenze di un partito organizzato e
strutturato: le due cose non vanno contrapposte ». La tessera,
insomma, deve restare quello che era, l'anello che collega il
cittadino al partito. «Innovare certo, ma non azzerare tutto», è la
posizione di Dario Franceschini e, chissà, dello stesso Veltroni. Il
quale continua intanto a tessere la sua tela per arrivare a organismi
dirigenti collegiali. Sembra che ieri abbia visto Rosy Bindi, alla
quale avrebbe proposto di entrare nell'esecutivo, o come si chiamerà

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