Quando ho saputo, circa 20 giorni fa, che Rinaldo era “clinicamente morto”, anche se il suo cuore batteva ancora, mi sono ovviamente augurata che la sua agonia durasse il meno possibile.
Non riuscivo ad immaginarlo privo di coscienza ed attaccato ad un tubo, lui così vitale e pronto a prendere la vita di petto.
Non lo vedevo da circa due anni.
Quando era al Toroc, nonostante i precedenti infarti, sapevo che era molto attivo, ma poi aveva dovuto “mollare” un po’.
Il suo caro amico e discepolo mi aveva detto – per telefono dalla Croazia quando lo intubarono –che negli ultimi tempi non stava bene e doveva camminare con il bastone.
Rinaldo se n’è andato a soli 63 anni (ne’aveva dimostrati sempre un po’ di più) e a me non interessa qui onorare la sua militanza politica, appassionata, concreta, ininterrotta, sia nella sua dimensione istituzionale che in quella di “movimento” di nuova progettazione, come al CIE.
Voglio ricordare il Rinaldo prorompente di vita, con il quale, verso la fine degli anni 70, ho passato bellissime serate di festa, discussione, di socialità ricca. C’erano con noi Antonio Ponticelli, Bruno Ferrero, Rosalba Bertolini, Gianni Uttempergher, Boffa, mezza Segreteria Regionale del PCI di allora, e tanti altri compagni…E il Rinaldo che si appassionava d’Europa, e ci imponeva questo tema, e inventava iniziative collegate al territorio,… lui, il migliore Parlamentare Europeo che abbiamo avuto.
Nel luglio del 1989 salvò il suo amico Enrico Morando, che stava quasi morendo nel suo appartamento d’affitto vicino alla Federazione per un’emoraggia da ulcera, se lo caricò letteralmente sulle spalle e corse alle Molinette. Appena in tempo.
Rinaldo sapeva essere un amico sincero, anche quando le idee politiche divergevano.
Non metteva mai in mezzo il silenzio, l’allontanamento, un’artificiosa estraneità, come spesso avviene ora, in tempi mediocri e fra persone mediocri. Verso di me era affettuoso. Mi chiamava quasi sempre “Magdina o Magduccia” e non c’era paternalismo maschilista. Parlava poco, ma con grande intensità, dei suoi figli.
Ricordo che quando nacque il secondo, mi disse che era tempo di riguardarsi un po’, di correre di meno, perché sentiva una particolare responsabilità verso il piccolo, l’ultimo venuto.
Valeria Galliano, che ha fatto in tempo a vederlo nella camera mortuaria, mi ha detto che era irriconoscibile.
Temo che abbia molto sofferto . Credo anche che abbia avuto coraggio, perché era un tipo “tosto”. Addio Rinaldo.