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Intervento al Senato sul testamento biologico

By 27/03/2009Maggio 27th, 2024Interrogazioni e Interventi

L’obiettivo originario della legge sul testamento biologico era quello di mettere a disposizione di ciascun cittadino uno strumento per governare il processo della propria morte, delineando un quadro di regole che conferisse sistematicita` ai principi costituzionali e al codice deontologico della professione medica.

Il titanismo e il promoteismo sono stati richiamati a sproposito: si tratta di riconoscere un diritto, che non richiede alcuna modifica costituzionale, garantendo fino in fondo a tutti i cittadini la liberta` di disporre del proprio corpo. Il testo licenziato dalla Commissione e` considerato dalla maggior parte dei medici una legge pessima, che presenta profili di incostituzionalita` e crea maggiori problemi di quanti ne risolva: tale giudizio mette in dubbio la bonta` della scelta di legiferare e rivela la pochezza della mediazione raggiunta.

Il confronto, necessario a conseguire un compromesso alto, e` infatti impedito dalla posizione assunta dal Popolo della Liberta` che rifiuta il concetto dell’autodeterminazione individuale, al quale contrappone il concetto di indisponibilita`della vita. Rivolge un pensiero al signor Englaro, la cui coraggiosa battaglia ha fatto maturare una nuova consapevolezza nel Paese.

C’e` un primo sondaggio di «Quotivadis», quotidiano online del portale di informazione medica Univadis, dal
quale emerge il dato realistico che gia` il 55 per cento dei medici italiani considera pessimo questo provvedimento. Quindi, e` bene che ci impegniamo a modificarlo ed a ragionarci.

Il nostro Paese aveva bisogno di una legge sul fine vita e noi ci proponevamo di pervenire ad un provvedimento che potenziasse tutto l’iter del consenso informato, che desse sistematicita` agli articoli 2, 13 e 32 della nostra Costituzione ed a quanto previsto dal codice di deontologia medica in termini di cio` che consente o che inibisce.

Ci proponevamo, in particolare, di approvare una legge che fosse uno strumento utile, agibile e fruibile da tutti i cittadini: quei cittadini che decidessero, non per obbligo ma per scelta, di governare il processo della propria morte (della propria, non di quella altrui), quando la ragione svanisce e l’io cosciente soccombe ad una vita solo vegetativa, che tale puo` protrarsi per un tempo molto lungo, quando il confine fra le cure intense e l’accanimento terapeutico per malattie irreversibili ad esito infausto e` difficile da rintracciare.

Si tratta quindi di governare il processo della propria morte, perche´ questa e` la legge sul testamento biologico, in alleanza terapeutica con i medici, con l’aiuto delle persone care, per allontanare il dolore ed allontanare, da coscienti, la visione di un se´ in balia della prigione tecnologica e medica inutile ed impietosa. Il professor Veronesi e la letteratura medica
hanno parlato, in proposito, di uomini e persone imprigionate.

Ora qualcuno chiama tutto cio` diritti di quarta generazione. Mi dispiace che il presidente Nania oggi abbia voluto ironizzare cosı` pesantemente su tali diritti di terza o quarta generazione, dicendo: «Se volevate questo, dovevate riscrivere la Costituzione». Non e` affatto vero: c’e` una dottrina costituzionale molto diffusa che afferma che i diritti di terza e
quarta generazione siano tutti compresi e rintracciabili nell’articolo 2 della Costituzione italiana, che e` finestra, via e veicolo importante per individuare e normare anche tali diritti.

Ha ragione dunque la presidente Bonino: questa e` una discussione eminentemente costituzionale. Quando parliamo di diritti di quarta generazione, non accenniamo a nessun titanismo o prometeismo, ma solo all’esercizio umile, doloroso ed estremo della propria liberta` quando la fine si avvicina, dell’uso del proprio corpo, come lo si vuole, come lo si percepisce,
insomma del proprio ultimo esercizio di autodeterminazione.

Arrivati a questo punto, e` legittimo chiedersi: era proprio necessaria una legge? Eravamo in grado di affrontare il livello della legge? Lo eravate voi come maggioranza? O aveva ragione il professor Veronesi ad indicarci ieri l’esempio tedesco piuttosto che le altre legislazioni di tutto il resto d’Europa e dei Paesi anglosassoni? Aveva forse un po’ di ragione anche Panebianco che, con lieve ed intelligente ipocrisia, ha affermato che forse questa societa` non riesce a reggerla questa legge?

Si tratta allora di perfezionare il privatismo attuale: negli ospedali avviene variamente quello che si deve e quello che si puo`. Personalmente sono fra coloro che pensano, invece, che questa via difficile andava intrapresa, per i motivi che sono stati evidenziati in questa sede: per evitare il fai da te della magistratura, delle ASL e delle Regioni, per tutelare gli operatori sanitari e per dare un quadro di certezze. Lo pensavo e lo penso ancora.

Tuttavia, di fronte alla pochezza del risultato e al blocco e alla non comprensione reale della nostra discussione, e` anche consentito porsi il quesito se non fosse legittima anche un’altra strategia: una volta intrapresa la via della legge, bisognava sapere che in essa e` insita la nozione di compromesso attivo, di buon compromesso, cosı` come fu per l’aborto, per giungere ad una soluzione legislativa che trovi la condivisione sostanziale del Paese e del popolo, non soltanto delle borghesie colte e dei ceti intellettuali; una confluenza reale tra mezzi e fini, una buona legge che servisse.

Il disegno di legge che il relatore Calabro` ci ha consegnato, come hanno sottolineato moltissimi colleghi, crea piu` problemi di quanti ne risolva,ed esorto a non sottovalutare la prima valutazione dei medici italiani: ha evidenti profili di incostituzionalita`; dice troppo e troppo poco; in genere, dice male. La senatrice Mariapia Garavaglia ha fatto affermazioni
molto importanti e la senatrice Bassoli ha sottolineato gli sforzi di proposizione ed ha minutamente argomentato i terreni di compromesso avanzato e il confronto culturale che il Partito Democratico ha incessantemente proposto.

Perche´ questo e` avvenuto? Il precipitato di cio` e` vistosamente leggibile nell’articolo 3 e nel comma 2 dell’articolo 7, che infilano nel tunnel di una confusione proibizionistica il ruolo del medico e i suoi compiti e gettano l’autodeterminazione terapeutica del paziente in balia di mille discrezionalita`, di conflitti, di aleatorieta`: troppi conflitti in certe soluzioni. Dunque, perche´ questo e` avvenuto? Secondo me, cio` e` avvenuto perche´, dall’inizio alla fine, il Popolo della Liberta`, in tutte le sue sfumature, talvolta ha cercato di fare uno scontro ideale di princı`pi esplicito, talvolta insidioso, sotterraneo.

Ma questo e` avvenuto perche´, fra tutte le casistiche di principi di cui abbiamo parlato, il PdL, la maggioranza, non ha mai accettato la prospettiva che, anche di fronte a cure non sproporzionate (l’essenza dell’articolo 32 della Costituzione), il paziente potesse rifiutarle. Questo concetto di autodeterminazione consapevole non e` mai stato accettato, accolto, introiettato culturalmente, vissuto. Questo era il terminus a quo da cui partire per costruire la soluzione di compromesso, invece e` stato esplicitamente e ideologicamente combattuto, senza fine.

Noi dovevamo contemperare due principi, l’autodeterminazione del paziente e i valori della vita, la cura sempre, quando la si vuole, la sollecitudine estrema, specialmente per i soggetti piu` deboli, sempre se la si vuole. Questi due principi, pero`, dovevano essere messi in armonia fra di loro, non in frontale contraddizione: invece, c’e` stata una frontale contraddizione
dall’inizio alla fine. Lo sottolineo: dall’inizio alla fine. Ecco perche´, allora, avete potuto montare questa storia dei malatissimi, dei malati gravi, degli handicappati, degli abbandonati. Ma quando mai? Quando mai?

Il problema che non e` stato accolto, neppure sfiorato, neppure capito, e` che la Costituzione italiana difende ogni individuo come fine a se´, protegge la persona costituzionalmente, la persona che non e` strumentalizzabile a fini collettivistici, ne´ sacrificabile in nome degli interessi generali. E, quindi, la rinuncia consapevole ad una terapia non puo` essere limitata per ragioni sovraindividuali, perche´ e` un diritto costituzionalmente garantito alla cui concreta attuazione il medico e` legittimamente chiamato a contribuire.

E se non e` questo, allora l’alleanza medico-paziente diventa una gabbia.

E se non e` questo, allora l’alleanza medico-paziente diventa il potere indiscriminato del medico.

E se non e` questo, allora, il paziente moribondo, nello status di moribondo, davvero diventa persona non pari, non di pari dignita`, non da tutelare e da rispettare, perche´ allora avere espresso delle volonta` sul se´, anche quando in stato di essere moribondo e pure nella condizione di moribondo, va riconosciuto come diritto di una persona con piene capacita`, perche´ quando era pienamente persona aveva deliberato su di se´. Questo e` stato il problema .

Miaccingo a concludere, riservandomi di consegnare un testo ad integrazione del mio intervento. In qualche caso noi abbiamo combattuto in Parlamento un grande confronto concreto sulla legislazione, sui valori, sull’autonomia della politica
– lo sottolineo – quando suggeritori esterni di varie funzioni legittimamente esprimevano le loro opinioni, ma meno legittimamente ci inviavano gli emendamenti.

Ad ogni modo, credo che con questa discussione si sia aperta una pagina importante per la laicita` nella societa` italiana che e` gia` secolarizzata ma che si interroga su problematiche tragicamente nuove ed immensamente complesse, da affrontare con umilta`, senza le fiaccole della verita`, ma con il lume tenue ma sicuro della propria liberta` e della propria autodeterminazione.

In conclusione, voglio riservare un pensiero rispettoso al signor Englaro che con la sua straordinaria forza ha potuto, durando (perche´ la forza morale e` grande quando dura, quando non e` espressione di un momento), dare una consapevolezza nuova a questo Paese che affrontera`, io credo con maturita`, i problemi che ha di fronte a se´".

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MAGDA NEGRI

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