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Intervento al Senato sulla riforma degli enti lirici

By 15/05/2010Maggio 27th, 2024Politica

Senato – Legislatura 16º – 7ª Commissione permanente – Resoconto sommario n. 198 del 13/05/2010

La senatrice NEGRI (PD) richiama anzitutto il lavoro compiuto dalla Commissione durante la XV legislatura, nella quale è stato presentato il disegno di legge n. 1296 d'iniziativa bipartisan per una seria riforma delle Fondazioni liriche.
Fornisce indi alcuni dati circa l'entità del FUS nel 2000, pari a circa 240 milioni di euro, e nel 2009, pari a circa 223 milioni di euro, rilevando criticamente come esso sia diminuito del 7,1 per cento. Riattualizzando tali cifre, secondo rilevazioni ISTAT, si deduce che per il 2009 la quota del FUS destinata alle Fondazioni dovrebbe essere rimpinguata del 31 per cento, pari cioè a circa 87 milioni di euro, solo per produrre la stessa capacità di spesa. Precisa quindi che un eventuale incremento del FUS di pari livello sarebbe appena sufficiente per assicurarne la stabilità nel tempo.

Deplora dunque la scarsa percentuale del PIL destinata alla cultura, rivendicando poi l'attenzione dell'opposizione in ordine alla sostenibilità del debito e al risanamento del settore. Dopo aver lamentato che il testo del decreto-legge ha generato forti proteste tra i lavoratori delle Fondazioni, dà conto della situazione del Teatro Regio di Torino, che ha una pianta organica funzionale inferiore a quella prevista dalla legge. Il medesimo Teatro, prosegue, registra un'incidenza del personale sul bilancio nel 2009 inferiore alla media nazionale e pari al 51,3 per cento. Nel segnalare che il bilancio del Teatro di Torino è in attivo, fa presente che il pubblico pagante raggiunge una media dell'88 per cento della capienza della sala. Considerate le scelte compiute dal Teatro in termini di assunzione di nuovi dipendenti a tempo indeterminato, rileva criticamente che l'applicazione del decreto-legge implica l'interruzione di tali procedure, benché il Teatro abbia le capacità di bilancio per aumentare il personale.

Raccoglie comunque la disponibilità al dialogo manifestata dal Ministro, sottolineando l'esigenza di una comune assunzione di responsabilità per approvare una riforma legislativa organica, previo ritiro del decreto-legge. Ritiene infatti che entrambi gli schieramenti garantirebbero l'approvazione rapida di un disegno di legge di riforma che prevedesse anche fondi attualizzati in rapporto alle esigenze odierne.

Conviene del resto con la gravità sottesa alla mancata stipula del contratto collettivo nazionale, evidenziando tuttavia che la contrattazione di secondo livello è il frutto degli accordi del 1993. Giudica pertanto illegittimo il taglio di una parte della retribuzione integrativa operato mediante il decreto-legge che configura a suo avviso una situazione limite di ingerenza dello Stato nella contrattazione.

Riconosce inoltre le criticità nella governance che però non giustificano, a suo giudizio, il taglio proposto dal Governo, tanto più che sono necessari trasferimenti dei patrimoni e non solo dei debiti. Suggerisce quindi un coordinamento delle 14 Fondazioni, le quali sono i luoghi di vera produzione culturale e vanno valutate in base alla qualità dei risultati secondo parametri prestabiliti. Non condivide perciò il taglio indiscriminato, preferendo premiare le realtà più virtuose.

Con riguardo al blocco del turn over, censura lo svuotamento delle piante organiche funzionali, che vanifica ogni possibilità di recupero. Ciò è tanto più inaccettabile in considerazione del processo di federalismo fiscale e di trasferimento di competenze, in quanto il provvedimento espropria gli enti locali dei loro poteri in tale ambito.

Sollecita dunque il ritiro del decreto-legge e l'apertura di un tavolo di confronto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in relazione alla contrattazione, nella prospettiva di elaborare un contratto collettivo nazionale sovraordinato ma coerente con le potestà regionali.

Richiama del resto a sua volta il percorso compiuto dalla Commissione, tanto nella XV legislatura quanto in quella in corso, attraverso ad esempio la risoluzione approvata in modo unanime. Prende atto peraltro che è venuto meno il presupposto del decreto legislativo n. 367 del 1996, ossia della continuità delle risorse del FUS. Rileva infatti con rammarico l'incapacità delle forze politiche di portare avanti l'intervento riformatore iniziato nello scorso decennio, nel cui solco si inseriva il disegno di legge n. 1296 della scorsa legislatura; esso introduceva infatti il meccanismo delle convenzioni tra le singole Fondazioni e il Ministero con la compartecipazione degli enti locali, stabilendo obblighi cogenti a carico dei soci fondatori.

In conclusione, ritiene che pure nella comune consapevolezza di una ristrutturazione necessaria, il testo del Governo agisca indiscriminatamente solo sul contratto di lavoro, nonostante le retribuzioni italiane siano le più basse in Europa. Riconosce comunque l'esigenza di disciplinare l'orario di lavoro e ribadisce la disponibilità dell'opposizione ad affrontare lo spinoso tema del ripianamento del debito anzitutto attraverso il FUS, nonchè un tavolo di confronto che eviti pericolose rotture con gli operatori.

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