Senato 24 luglio 2007 Sulla morte di Giovanni Nuvoli
NEGRI (Aut). Signor Presidente, vorrei restasse traccia di un doveroso omaggio che l'Aula credo debba rendere.
Ieri sera alle ore 22,50, poche ore fa, si è spento Giovanni Nuvoli, dopo anni di calvario, dopo aver più volte chiesto che gli fosse staccato quel tubo della ventilazione che proseguiva, con evidente accanimento terapeutico, una vita per lui diventata impossibile, come per Welby. Se ne è andato così e ora non importa come, se essendosi negato cibo e acqua negli ultimi giorni o se per consunzione, estenuazione, inedia.
Se ne è andato, e davanti a casa sua c'erano i carabinieri. Erano arrivati a metà luglio. A controllare che cosa? Chi? Non certo i movimenti di chi non poteva neppure muoversi, parlare, ma a cui era consentito solo un battere di ciglia. Ma un giudice a cui Nuvoli aveva chiesto di poter morire glieli aveva messi sotto casa quei carabinieri, perché ci sono medici che potevano alleviare le sue sofferenze e questo non lo dovevano fare, quella soglia non la dovevano varcare. I carabinieri stavano lì esattamente a piantonare un morente.
L'articolo 32 della Costituzione, che stabilisce che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento, è stato semplicemente ignorato.
Se ne è andato, però, in un giorno non qualunque: poche ore prima, un altro giudice, una donna, aveva deciso che a certe condizioni la richiesta di un malato di rifiutare le cure è un diritto e che la risposta del medico è un dovere. È troppo tardi per lui ormai, ma forse non è troppo tardi per altri.
Ci auguriamo che il Parlamento trasversalmente – non è certo una questione di schieramenti – legiferi su questa materia e che la politica riacquisti la sua autonomia e la sua forza, prima che per i diritti di ciascuna persona, per la dignità dei morenti.