18 ottobre 2007
Intervento della sen. Magda Negri sulla recente sentenza della Corte di cassazione in materia di trattamento sanitario
NEGRI (Aut). Signor Presidente, mi dolgo che una discussione così importante avvenga in coda e nella non consapevolezza – colpa nostra – di molti senatori. Mi associo alle affermazioni del senatore Biondi e sento anche l'esigenza di garantire al senatore Angius, preoccupato di una verticale caduta di laicità nell'azione di un partito appena nato, che questa caduta di attenzione e di laicità non ci sarà.
Sulla questione dei precedenti e sul diritto a non curarsi, come viene motivato dalle 60 pagine della sentenza, ci sono almeno 16 anni di lavoro dei giudici della Cassazione, della Corte costituzionale e così via. I 16 anni di lavoro (specialisti presenti possono indagare sull'articolato delle sentenze) che poggiano su tre princìpi: il consenso informato come espressione della libertà personale; il rifiuto delle terapie che non deve equivalere all'eutanasia; e, nell'ultima sentenza, la centralità della figura del tutore nella tutela anche dei beni non materiali della persona interdetta, in questi casi della sua libertà e dignità personale.
I 16 anni di lavoro dei giudici non motivano in alcun modo lo scandalo attuale, la censura attuale sul lavoro dei giudici e su un problema incrementato. Non motivano in alcun modo – mi associo all'appello del senatore Biondi – un intervento censorio del Senato nei confronti della magistratura, che non si è mai esplicitato nei 16 anni che ci sono alle spalle e che hanno fissato dei paletti, entro cui la legislazione si svolgerà liberamente, pur tenendo conto di norme ed indirizzi espressi dall'azione del giudice.
Infine, l'attacco proveniente dalle gerarchie ecclesiastiche a questa sentenza ci preoccupa e ci inquieta non trovandolo motivato. Voglio interpretare la sentenza come un aiuto al difficile e lungo lavoro legislativo, che pur sta avvenendo nella Commissione sanità del Senato, che però mi auguro possa arrivare a quella sintesi laica di contenimento e di Governo dei molti valori in gioco, senza la quale la politica rivela la sua impotenza e chiama ed evoca la necessità di poteri terzi che la suppliscano.
