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Intervista a Bettini su Ignazio Marino

By 26/07/2009Politica

Il Manifesto del 22 luglio 2009

 di Daniela Preziosi
INTERVISTA · Bettini: gli altri sono vecchi eserciti con le cornamuse. Sciogliete le correnti, fin qui hanno frenato il Pd
«Marino, la sola vera novità»

«Un nuovo patto tra cittadini e sul bipolarismo nessun passo indietro». L'ex consigliere di Veltroni anticipa la piattaforma del senatore. «Irregolarità nelle tessere? No, amori sbocciati a macchia di leopardo. Ignazio usa un linguaggio politicamente scorretto. Guardiamo a quello che dice»
«A dire il vero, fin qui non stiamo assistendo a un bel dibattito congressuale. È in corso una specie di guerra di posizione. Come se ci fossero due eserciti stanziali, schierati in pianura, con le insegne e le cornamuse. Noi siamo gli indiani, sulle colline tutt'intorno. Attaccheremo, vinceremo. Ma in effetti siamo i meno organizzati». E siccome parla Goffredo Bettini, teorico e poi inventore del 'terzo uomo', «noi» sono quelli che stanno con Ignazio Marino. E che danno in queste ore gli ultimi ritocchi al programma, prima di presentarlo domani a Milano.

Il Pd ha detto: niente proroga al tesseramento. Anche se Marino aveva addirittura parlarlo di irregolarità.
Le irregolarità sono solo dedotte. Quando c'è una concentrazione improvvisa di iscritti in alcune situazioni, stento a credere che ci sia un improvviso amore per la politica, sbocciato a macchia di leopardo. Di sicuro c'è stata una farraginosità nel tesseramento, in generale non per cattiva volontà. Si poteva dare un po' più tempo per iscriversi. Era una scelta di buon senso. Pazienza.

Diceva che non le piace quest'avvio congressuale. Perché?
La candidatura di Marino è la sola vera novità. Ha rotto gli schemi, ha suscitato entusiasmo. In molte parti del paese, tra le difficoltà, in centinaia e centinaia si sono scritti al Pd per sostenerlo. Senza alcuna organizzazione, in modo spontaneo e appassionato. Senza Marino molte energie sarebbero rimaste a casa. Questo perché lui, di fronte a candidature usurate dalle sconfitte, è il solo che può dire cose chiare su alcuni argomenti decisivi: il Pd è nato bene, ma dopo il voto politico si è richiuso nelle vecchie pratiche, fino all'implosione. E questo perché non è riuscito a rinnovare le classi dirigenti del Mezzogiorno, non si è aperto ai giovani, non ha combattuto le correnti, non ha sciolto nodi decisivi. Del resto credo che Veltroni la pensasse come me.

Ma poi si è dimesso.
Io ho dato battaglia, ma mi sono sentito solo. Con il resto del gruppo dirigente che frenava, e che alla fine ha impedito lo sviluppo del progetto del Pd. Oggi, a parole, tutti vogliono un partito senza correnti. E allora, chiedo, perché non le sciolgono?

Ce l'ha più con Franceschini o più con Bersani?
Con entrambi.

 

(Segue in leggi tutto)

Franceschini però organizza molte liste a proprio sostegno. Bersani sembra orientarsi su una o due.
Per strategia congressuale, non perché ha abolito le correnti. Le liste alle primarie sottolineano punti di programma. Negativo semmai è che i voti vengano dalle correnti. Questo si rifletterà nel partito. Anziché fare l'amalgama, la mescolanza delle persone libere che costruiscono il nuovo pensiero politico di cui l'Italia ha bisogno, il riproporsi delle vecchie identità correntizie al massimo può fare un mini-compromesso storico interno.

Le correnti però sono anche aree culturali, fondazioni, luoghi di ricerca politica. E proprio lei vuole scioglierli, abolirli?
Ma no, abbiamo bisogno di un partito colto. E quindi di centri, fondazioni, come Italianieuropei per essere chiari, che fanno un lavoro egregio, prezioso. Ma quando da Roma fino all'ultimo paese della periferia si organizzano catene di comando e cordate di iscritti fondate sul fidelismo e finalizzate alla distribuzione di potere e sottopotere, non mi si dica che si sta producendo pensiero critico.

Marino ha iniziato con il vento in poppa. Poi però ha fatto una gaffe sul presunto stupratore. E adesso si è perso per strada i radicali, che gli preferiscono Franceschini sulla legge elettorale.
Sulla legge elettorale dirà cose chiare, vedrete. Comunque intorno a lui sento che c'è una crescita di consenso. È vero che ha il pregio, o la spericolatezza, di usare un linguaggio talvolta politicamente scorretto. Perdoniamolo, e andiamo alla sostanza di quello che dice. Bianchini è un caso singolo, semmai la questione è di porre più attenzione alla formazione dei quadri dirigenti. La questione morale però è tema che riguarda la politica e nessuno può nascondere il fatto che anche il Pd in tante parti del paese pratica vecchi vizi che respingono una parte dell'opinione pubblica.

Se Antonio Bassolino avesse offerto il suo appoggio, e i suoi voti, Marino non li avrebbe accettati?
Penso proprio di no. Bassolino è un compagno di vecchia data e un amico. Ma in Campania c'è stata una battaglia netta tra innovazione e conservazione. Le forze dell'innovazione non stavano dalla parte di Bassolino.

Insomma, fuori dai vecchi schemi c'è solo Marino?
Il suo messaggio è che il paese ha bisogno di una rivoluzione democratica, di ricostruire un patto tra gli italiani, un rapporto più diretto tra cittadini e istituzioni: mettere al centro le regole, l'interesse collettivo, il rispetto e la libertà delle persone. Principi che in altri paesi hanno ottenuto le borghesie nazionali, con le grandi rivoluzioni. La borghesia italiana ha disertato il compito, per questo la nostra democrazia è fragile ed esposta al plebiscitarismo e all'autoritarismo.

D'Alema ha detto che anche il Pd è esposto al rischio del plebiscitarismo, al 'berlusconismo debole'.
Non sono d'accordo. Tutta l'impostazione della nostra mozione si fonda sul potere degli iscritti.

In concreto cosa significa?
Faccio un esempio. Siamo stati fermi sei mesi senza dire una parola chiara sul testamento biologico. Dovevamo organizzare una rapida e trasparente discussione nei circoli, farli votare e considerare il loro voto vincolante. Non così sempre, ma sui nodi su cui il dibattito nei gruppi dirigenti rischia di paralizzarsi o non essere nitido. E il contrario del plebiscitarismo, che presuppone una delega. Per il resto il partito deve dire no a qualsiasi passo indietro sul bipolarismo e sì invece all'ambizione maggioritaria.

Vuol dire che il segretario Pd deve essere anche il candidato premier?
Sì. E questo non è affatto la rinuncia alle alleanze ma l'ambizione di fare una proposta a tutti i cittadini, visto che le persone non restano eternamente chiuse nei recinti delle attuali nomenklature politiche.

Al di là del partito, qual è la proposta di Marino segretario e eventuale candidato premier nel 2013?
Uno stato non ipotecato da costi inutili, evasioni fiscali, disinteresse per la valorizzazione dei beni pubblici, può reperire le risorse per affrontare politiche pubbliche. Su tre cose fondamentali: sostegno alle famiglie, cioè ai redditi dei lavoratori. Ammortizzatori sociali universali per i disoccupati. Infine investire sui settori competitivi e innovativi, come l'ambiente. Se lo stato facesse una politica intelligente, tagliando dove serve ma investendo nei nostri talenti – turismo, made in Italy – il nostro paese sarebbe tra i primi a uscire dalla crisi.

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MAGDA NEGRI

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