La prima notizia organizzativa che mi raggiunge, è l’ulteriore spostamento della Conferenza Nazionale delle Donne DS.
Io, che con lettera a Migliavacca, Sereni e Pollastrini, mi ero dimessa dalla Commissione delle Garanti che dovevano sovrintendere al percorso di preparazione, non condividendo appunto il corso che stava prendendo, a questo punto non so se rallegrarmene o preoccuparmi.
E’ evidente che il rischio – da alcune segnalato – è il nullismo politico, il finire nel cul de sac dell’organizzativismo più spicciolo, nelle più o meno occulte diatribe sul nome della futura coordinatrice ( girano nomi che si elidono reciprocamente, per parzialità di rappresentanza e omogeneità di profilo politico-culturale).
Mancano pochi giorni, e non c’è ancora una piattaforma politica che voglia proporsi come nazionale, e qualcuna che la interpreti. A ridosso del Congresso, per noi donne questo disvela una crisi di funzione politica. Chi passerà il testimone a chi? Nel PCI, poi nel PDS e nei DS, la politica femminile è sempre stata grande, grandissima politica, giacimento di alte sfide morali e intellettuali, scandaglio della società italiana, del suo evolversi, delle sue contraddizioni e passi in avanti.
La grande contaminazione tra “emancipazionismo” e “femminismo” ha fatto raggiungere – alle donne e a tutta la società italiana – i più alti traguardi della modernità. La nostra storia è stata un crescendo di conquiste, affermazioni della cultura di genere, autorevolezza faticosamente guadagnata nel mondo della politica e delle professioni.
Mi piace pensare a un “Quarto stato” al femminile.
E ora?
1. Come si fa “grande politica” quando si è al Governo, in una coalizione composita e con maggioranze risicate?
2. Il sincretismo fra “emancipazionismo” e “cultura della differenza” è ancora l’orizzonte culturale di lungo periodo (come io credo) o si fa avanti un tranquillo “assimilazionismo” che scansa da sé la contraddizione di sesso?
3. Come evolve la cultura patriarcale nel nostro paese?
4. Sul corpo delle donne si gioca ancora parte consistente della laicità? L’autodeterminazione (in ultima istanza) della donna sulla maternità, sulla propria sessualità, quanto è compatibile (per me lo è, ma…) con la controffensiva cattolica sui temi della vita, della sua indisponibilità ad ogni stadio? Nella “mediazione politica” sempre più necessaria, le proposte sui problemi “eticamente sensibili”, l’autodeterminazione femminile entra o no nel comporre la proposta politica di sintesi? E’ un vincolo fecondo, perché riflette la vita e la libertà di milioni di cittadine, o è un fardello?
5. Il riconoscimento ai diffusi talenti femminili, d’obbligo ormai tra sociologi, politici,giornalisti d’ogni specie, come si concretizza, in un programma di breve-medio termine, per le donne e le ragazze italiane?
6. Stiamo diventando invisibili perché troppo “eguali”?
7. Il riequilibrio della rappresentanza nelle istituzioni avrà tempi “italici” o tempi “europei”?
8. L’Agenda delle donne nel futuro Partito Democratico, sarà solo la mediazione tra il pensiero e la pratica del femminismo, della sinistra, del pensiero dei cattolici così come sono stati, o si può osare una ricerca culturale nuova? Quanto sono profonde le radici, quale è più viva?
9. Ha senso parlare delle donne come “soggetto politico nella società degli individui”? Se si, come io ancora penso,il problema va tematizzato. Il soggetto politico nasce dalla selezione della funzione, da una vasta riflessione sulla crisi e sulla forma della politica.
Grazie al Presidente Giorgio Napolitano, per avere così efficacemente esemplificato squarci di vita femminile nel suo discorso di fine anno. Però non ci sono – per noi donne – “terre di mezzo” si fa “grande politica” o non si fa nulla. Preferisco pensare, per le nostre difficoltà attuali, una crisi di crescita.
Temo, e vorrei combatterla, il profilarsi di una crisi sistemica di funzione politica. Nel decomporsi della classica forma-partito e delle modalità di partecipazione e rappresentanza ad essa connessa, la politica di genere per il governo del Paese ha bisogno di una nuova “Carta delle donne” e di leadership adeguate. O, Partito Democratico o meno, semplicemente non sarà.