“Che ne dice, signora? Spiragli di pace a casa sua?”
Converso con la mia giornalaia, una signora sui 60 anni, vivace e simpatica, sposata in seconde nozze con un italiano.
Ucraina?
Non si sa…. nata in Bessarabia (avevo sentito questo nome al Liceo) da madre certamente rumena e padre certamente ucraino: 3 lingue in casa, passaporti cangianti nel suo peregrinare cercando lavoro, talvolta con il primo marito, morto giovane da poco arrivato in Italia, talvolta sola, in Turchia, Grecia, Portogallo… sempre irregolare, sempre rimpiangendo la sua terra e i due figli lasciati alla nonna.
E’ forte e ottimista.
Adesso sta costruendo una supermodernissima casa in quella parte dell’ Ucraina non toccata dalla guerra e aiuta la figlia che ha un buon lavoro e un discreto tenore di vita.
Sogna di trascinare lì il marito italiano.
Mi racconta storie di guerra.
Dice che i militari russi sono sempre stati violenti, quasi feroci.
Non ne parla con astio.
La presenza dei russi è interiorizzata come dato costante.
È orgogliosa di sapere parlare perfettamente russo e di saperlo scrivere.
“Speriamo in una tregua, che si ritirino il più possibile..”.
Assicuro, quasi incoraggiandola..
Lei sorride, con un certo fatalismo e mi fa vedere le foto della sua bellissima casa in costruzione.
Mi sommerge di storie della sua famiglia..
Suo papà non sopportava i rumeni e i suoi parenti semi russi si vergognavano del ramo di famiglia ucraino.
Il mosaico impazzito dei Balcani e dell’Europa dell’Est.