All’ultima direzione nazionale si può dire che Bersani ha segnato un passo avanti quando ha tracciato l’obiettivo e ha proposto una narrazione unitaria – Vendola fa scuola – di questi primi anni di nascita e sviluppo del partito. Sulle altre questioni più politiche è ormai un punto di non ritorno. Con la difesa delle primarie e l’idea di sancire per legge il finanziamento democratico dei partiti (art.49 Costituzione). Mentre resta insoluto l’importante tema se nelle primarie di coalizione il Pd debba andare con un solo candidato. Io e la più parte pensiamo di no. E Bersani è ormai lontano da quel se stesso che insisteva sulla separazione fra il ruolo di segretario politico e il candidato premier, punto “liberal-veltroniano” che sancisce la natura maggioritaria del nuovo partito. Pare strano che su questo punto che ha diviso le mozioni ora si profili una soluzione unitaria , come se nulla fosse accaduto, fosse stato detto e pensato. Nella direzione è stato lanciato un percorso che porterà a 3 siti di libera discussione sui problemi del partito e su cosa è necessario per la sua riforma. Uno per i membri della direzione e gli altri aperti a circoli e singoli. Riprendendo l’idea storica del Pci della seconda metà degli anni’80 e del Pds degli an ni’90, Bersani ha cercato di sterzare e ha suggerito una composizione degli organismi dirigenti per metà federale, cioè con una rappresentanza territoriale. Dura la reazione dei indiani che hanno difeso il pluralismo correntizio. Silenzio da parte degli altri. Si è cominciato a ragionare sulla selezione democratica dei futuri parlamentari. Cosa difficile da fare con liste lunghe che devono contemperare rappresentanze di sesso. Contraria la dichiarazione di Franceschini e dei suoi collaboratori. Anche la legge elettorale è stato un tema toccato. Si vorrebbe tornare al porcellum. Poi un duro intervento di Parisi ha stoppato qualche tentazione magiara di troppo.