Il Riformista, 23 ottobre 2007 – La sinistra che non c'è ma servirebbe all'Italia – di Emanuele Macaluso
Lo scenario politico a cui assisto è il più triste e cupo che ricordi. Il governo c'è e non c'è; Prodi dichiara che la crisi non c'è, poi dice che c'è e poi ancora che non c'è. La maggioranza di centrosinistra si sfarina, come scrive Scalfari, ma poi giura sulla sua compattezza. Mastella dichiara che è meglio votare a primavera, ma poi ci fa sapere che si può continuare anche in estate e in autunno.
Intanto Di Pietro chiede che Mastella sia cacciato dal governo. La sinistra radicale manifesta contro il precariato, ma anche contro chi potrebbe cancellarlo o limitarlo. Ma non si capisce chi è il "chi": il governo? I sindacati? I padroni? A quanto pare la cosa importante che si è voluta testimoniare con la manifestazione è una sola: ci siamo e siamo tanti. Per fare cosa non si sa.
(Continua..)
Veltroni è stato incoronato segretario del Pd tra tanti osanna e
tante promesse di novità. Ma l'unica cosa che si vede è la di
sgregazione della maggioranza governativa. La quale come segno di
vitalità al Senato ha partorito più di mille emendamenti alla
Finanziaria. Tutti dicono che ormai tra qualche mese si andrà
votare, ma non si sa con quale legge elettorale. Berlusconi e Fini
vogliono le elezioni subito con il Porcellum e l'Unione non sa che
pesci pigliare. Ieri Rutelli al Corriere ha detto che occorre fare
subito la legge elettorale sul modello tedesco. Bene. Fassino e
D'Alema avevano affermato la stessa cosa. Ma Veltroni e Franceschini
dicono invece di volere il bipolarismo che c'è, senza gli
inconvenienti rovinosi sperimentati: praticamente, l'impossibile. I
leader della destra, ma anche quelli del Pd, pare che siano uniti
nel negare al popolo-bue la possibilità di esprimere una preferenza
Del resto il Pd è nato con un sistema elettorale a liste bloccate.
In Forza Italia non si vota proprio, si plaude il Cavaliere e poi si
sventolano bandiere. In An si è consolidata la piccola oligarchia
che governava il Msi e vuole riprodursi.
Questa crisi istituzionale strisciante e snervante è vissuta però
senza passioni politiche: la novità del Pd si va già consumando
nell'impotenza politica del centrosinistra che non è solo di governo
ma di sistema. E il Pd appare uno dei fattori della crisi. A destra
lo spettacolo è ancora più desolante. Il Cavaliere non si smentisce
e la sua iniziativa si concretizza nell'ostentare lo shopping per
acquistare senatori con un solo obiettivo: tornare, costi quel che
costi, a Palazzo Chigi. Ed è penoso vedere in tv tanti esponenti
della destra agitarsi per questo obiettivo.
Questo quadro è certo pessimistico. Tuttavia avverto che nelle file
dei partiti del centrosinistra c'è preoccupazione e voglia di uscire
da questa situazione. Dal magma del Pd, tra tanti giochi di potere,
emerge anche una realtà di militanti e dirigenti che hanno accettato
con rassegnazione il nuovo partito, perché nella situazione data, di
cono, non si può fare di meglio, ma che hanno consapevolezza del
rischio che corre la sinistra e con essa il Paese. Girando l'Italia,
per la prima volta ho visto giovani e facce nuove nelle assemblee
socialiste. Anche fra questi militanti c'è la consapevolezza delle
difficoltà di far politica con una forza gracile e senza un partito
largo di popolo, ma si cerca una via d'uscita che coinvolga tutta la
sinistra per fare una cosa più grande. Ho incontrato anche militanti
di Rifondazione che si interrogano seriamente sul futuro della
sinistra, che non può certo identificarsi nella Cosa rossa. Mi
chiedo cosa sia mancato per ridare alla sinistra un ruolo forte e
determinante per uscire dalla crisi. E mi chiedo anche se le nostre
polemiche, che sono il sale della politica, possano ritrovare un
filo comune per costruire una sinistra larga. Serve in primo luogo
all'Italia.