Il Riformista, 4 settembre 2007 – CONTRADDIZIONI. CHI È IL LEADER DEL CENTROSINISTRA, PRODI O VELTRONI? – Egemonia riformista e Pd proprio non stanno insieme – di Emanuele Macaluso
Il quadro politico italiano è sempre più ingarbugliato e con molte incognite sul futuro prossimo. La precarietà non colpisce solo una fascia di giovani, ma molte famiglie, aziende e lavoratori. E c'è una correlazione tra precarietà sociale e precarietà politica. Non facciamoci ingannare dal disamore o dall'avversione nei confronti della politica, perché proprio la politica incerta determina le incertezze che attraversano la società.
In questo quadro la prima incertezza si percepisce nel governo che dovrebbe guidare il Paese: che cos'è oggi una maggioranza di centrosinistra? Lo dico non solo per le quotidiane contrapposizioni tra «sinistra riformista» e «sinistra radicale», ma perché, checché ne dica il mio caro amico Morando, il Pd, anziché dare un profilo e un'egemonia riformista all'alleanza (come scrive appunto Enrico) ha accentuato l'eclettismo e la conflittualità sorda ma corrosiva nell'Ulivo. Basta leggere i giornali (tutti) di ieri per capire che già oggi non si capisce chi è il leader vero: Prodi o Veltroni. E nella cosiddetta «sinistra radicale», l'unica radicalità evidente e leggibile è la confusione, il pressappochismo e la velleità. Mussi ha solo accresciuto questa radicalità.
La nascita del Pd infatti sollecita differenziazioni anche al di là dei problemi reali, come si sta verificando a proposito dell'accordo sul welfare siglato dai sindacati e dal governo. La domanda che Morando e gli altri miei compagni imbarcati nell'avventura del Pd, non si pongono è la seguente: oggi il quadro politico generale è più fragile o più solido, più certo o più incerto di ieri? A me pare che non ci siamo dubbi.
Infatti alle tante incognite vedo aggiungersene un'altra:
l'eventualità di un rimpasto del governo Prodi. Nel seminario di
Orvieto di Sinistra democratica è stato osservato che il Pd ha il
presidente del Consiglio,due vice,i ministri degli Interni, Esteri e
praticamente dell'Economia e si è parlato di «possibile discussione
sulla struttura del governo». Ma a porre esplicitamente il tema è
stato un "intellettuale organico"del Pd,Gad Lerner, che su
Repubblica (sabato scorso) ha osservato che «Prodi galleggia sulle
turbolenze, come una zattera insostituibile nella sua fragilità». E
ha aggiunto che tra i suoi amici, chi non crede nella caduta del
governo, «scommette sul rimpasto ». Poi Lerner, dopo aver sostenuto
che «a Fassino spetta una collocazione degna del suo ruolo» (un
motivo forte per il rimpasto!) ha sottolineato la necessità di
sfoltire la compagine dei 102. E questo compito spetterebbe
al "partitone" (18 ministri su 26) che deve dimostrare, nel momento
in cui nasce, come le cose cambino effettivamente. Lodevole e
ragionevole ambizione. Per ora Lerner (solo lui?) propone di
aggiungere un ministro (forse un vicepresidente del Consiglio),
Fassino, allo sfoltimento voluto da Prodi. E così alla guerriglia
sugli organigrammi nazionali, regionali, provinciali e locali, che
si sta svolgendo in vista delle primarie del Pd, si aggiunge
l'ipotesi di un rimpasto che dovrebbe significare una cosa ben
diversa: un altro governo e forse un altro programma.
Come vedete il quadro politico che ho definito ingarbugliato si
presenta caotico. Anche perché incombe il referendum e non c'è
nessun accordo sulla legge elettorale. E se la maggioranza è quello
che è, nell'opposizione c'è una Babele determinata anche da un capo
che grida alla crisi ma non sa che pesci pigliare. È questa la prima
nota che ci ispira la ripresa politica. Ma speriamo che il tempo
migliori.