La Repubblica, 18 dicembre 2007 – Prima sconfitta per il Pd – di Miriam Mafai
Forse la stagione della laicità e dei diritti civili sta alle nostre spalle, motivo, per noi, di nostalgia e di rimpianto. Quasi quarant'anni fa, nel dicembre del 1970, a Montecitorio veniva approvata definitivamente, con una bella maggioranza (319 voti a favore e 286 contrari) la legge che consentiva, anche in Italia, il divorzio. Finiva l'epoca della indissolubilità del matrimonio, principio difeso per secoli, ed ancora oggi, dalla Chiesa Cattolica.
Pochi anni dopo, nel 1978 veniva approvata la legge che aboliva il reato di aborto e consentiva, anche in Italia, l'interruzione della gravidanza. In ambedue i casi, naturalmente, la Chiesa aveva chiamato i cattolici a raccolta perché si opponessero alla introduzione nel nostro ordinamento di norme, il divorzio e l'aborto, in contrasto con la dottrina e la morale cattolica. (leggi tutto!)
Quasi quarant'anni fa, nel dicembre del 1970, a Montecitorio veniva approvata definitivamente, con una bella maggioranza (319 voti a favore e 286 contrari) la legge che consentiva, anche in Italia, il divorzio. Finiva l'epoca della indissolubilità del matrimonio, principio difeso per secoli, ed ancora oggi, dalla Chiesa Cattolica. Pochi anni dopo, nel 1978 veniva approvata la legge che aboliva il reato di aborto e consentiva, anche in Italia, l'interruzione della gravidanza. In ambedue i casi, naturalmente, la Chiesa aveva chiamato i cattolici a raccolta perché si opponessero alla introduzione nel nostro ordinamento di norme, il divorzio e l'aborto, in contrasto con la dottrina e la morale cattolica. Ma le due leggi, dopo appassionato dibattito nel paese e in Parlamento, vennero approvate dalla maggioranza dei deputati e dei senatori, e poi confermate dalla maggioranza degli italiani chiamati ad esprimersi con i referendum del 1974 e del 1981. Nonostante la dura opposizione della Dc e del MSI, e i richiami della Chiesa al rispetto dei principi che avevano retto per secoli la vita delle nostre famiglie.
Sono passati da allora quarant'anni. La gente si sposa, divorzia, si risposa. Il divorzio e la legalizzazione dell'aborto non hanno distrutto la famiglia, come prevedevano e gridavano sulle piazze coloro che si erano autoproclamati difensori della famiglia e della religione cattolica.
Oggi le stesse grida si levano contro l'ipotesi di una regolamentazione e tutela delle coppie di fatto, siano etero o omosessuali. Non ha importanza che queste coppie «di fatto» siano, anche nel nostro paese come in tutta l'Europa, sempre più numerose e spesso bisognose di tutela. In questo riconoscimento, in questa tutela pubblica di situazioni affettive e solidali, le gerarchie vaticane vedono una minaccia alla unità della famiglia ed alla morale pubblica. E finora sono riuscite a impedire che le proposte di legge già elaborate in questa legislatura (prima i Dico e poi i Cus) venissero prese in esame. Lo schieramento dei laici appare, rispetto a quarant'anni fa, più incerto, debole e diviso.
Sbarrata, dunque per ora, la strada della legge, i laici chiedono almeno che vengano istituiti presso i rispettivi municipi, dei «registri» delle unioni di fatto, dichiarazioni di convivenza dai quali far discendere alcuni elementari diritti (il subentro nell'affitto, il diritto di assistere il partner gravemente malato) Registri di questo tipo sono già stati istituiti a Padova, ad Ancona e in numerosi comuni d'Italia senza grandi polemiche.
Ma a Roma no. La possibilità che anche a Roma venga istituito un analogo registro viene considerata, dal Vaticano, una offesa al «carattere sacro» della nostra città. E dunque, alla vigilia del dibattito e del voto, che avrebbe dovuto aver luogo ieri in Campidoglio, il Vicariato ha richiamato i consiglieri comunali cattolici al dovere di opporsi e di «mostrare la propria coerenza e determinazione», votando contro ogni proposta, fosse anche la più modesta a favore del riconoscimento delle coppie di fatto.
L'appello era rivolto, naturalmente, a tutti i consiglieri comunali di Roma ma, in modo particolare, a quelli cattolici, che fanno parte del Partito Democratico. « I cattolici che siedono in Consiglio Comunale e tutti coloro che considerano la famiglia fondata sul matrimonio come la struttura portante della vita sociale, da non svuotare di significato attraverso la creazione di forme giuridiche alternative – dice la Chiesa – saranno presto chiamati a mostrare la propria coerenza e la propria determinazione» La famiglia tradizionale come «principio non negoziabile», e la Binetti indicata come esempio per i cattolici che, presenti in politica, vogliano essere in pace con la propria coscienza.
In Campidoglio ieri erano in discussione tre documenti. Due di questi, uno di iniziativa popolare l'altro di Rifondazione, i Verdi e la Rosa nel Pugno, proponevano la istituzione in Comune del registro dei conviventi. Un terzo documento, un ordine del giorno proposto dal Partito Democratico e che avrebbe voluto essere di mediazione, si limitava a raccomandare al governo un sollecito esame dei progetti che, già presentati, sono attualmente all'esame del Senato. Nessuno di questi tre documenti ha ottenuto, in Consiglio Comunale, la maggioranza. E' stato alla fine messo in votazione e respinto un quarto documento, proposto dalla Casa della Libertà e da AN con il quale si chiedeva la difesa rigorosa della famiglia tradizionale.
Niente di fatto, dunque. Dall'esito del voto in Campidoglio esce confermata, in modi di cui è difficile prevedere le conseguenze, la rottura dell'unità del Partito Democratico quando siano in discussione problemi che le gerarchie cattoliche ritengono «non negoziabili», quei probemi che vengono generalmente definiti «eticamente sensibili», ma che sarebbe più corretto definire con il termine di «diritti civili». Di qui, dice II risultato di ieri in Campidoglio, non si passa. Ogni tentativo, anche il più ragionevole, di mediazione è destinato al fallimento. Di qui non si passa. I cattolici presenti in politica sono bruscamente richiamati all'obbedienza.
Ma il Partito Democratico nasceva nell'intenzione di chi lo aveva fortemente voluto, sulla scommessa della possibile unità tra le culture laiche presenti nelle fila dei Democratici di Sinistra e della Margherita. Uno sforzo di mediazione doveva essere possibile, evitando l'Irrigidirsi delle rispettive posizioni. La proposta dei Dico, elaborata insieme dalle ministre Pollastrini e Bindi andava esattamente in questa direzione. Ma è stata nei fatti prima ridimensionata e poi respinta. Una vittoria, senza dubbio, per le gerarchie cattoliche. Una sconfitta per chi aveva scommesso su una possibile convergenza e unità dei due diversi riformismi, uno di origine popolare l'altro di origine socialista.
Una sconfitta, per finire, per Walter Veltroni che di questo nuovo Partito Democratico è stato eletto segretario, e che ieri, certo non per caso, non ha nemmeno voluto essere presente nell'aula del Campidoglio, dove si è consumata la discussione e la sconfitta. No, eravamo più laici quarant'anni fa, quando il nostro Parlamento ha approvato, nell'oramai lontanissimo 1970 la legge sul divorzio.