Europa – 28 settembre 2007 – Ok: un segretario, una maggioranza. Ma anche un mandato – MAGDA NEGRI
C’è molta verità nell’editoriale pubblicato ieri su Europa dal titolo “Un segretario con una maggioranza”.
Forse siamo di fronte a due opzioni nette, per il Partito democratico che nascerà il 14 ottobre: o partito presidenziale, con un segretario eletto direttamente e munito di una precisa maggioranza, o partito fragilissimo, in preda a correntismi fasulli e poteri locali fluidi e trasformisti. Il modo talvolta rude e opaco – a parte la feconda novità del 50 per cento di candidature femminili – con cui sono state costruite le liste, specialmente quelle regionali, sta lì a testimoniare il pericolo imminente.
Dobbiamo però intenderci sul termine presidenziale: l’esperienza dei Ds dal 2001 in poi, che con primarie chiuse fra gli iscritti su mozioni politiche contrapposte, ha un po’ anticipato la procedura attuale di votazione del segretario del Pd, può aiutarci.
Solo la democrazia di mandato, quella che vincola il segretario eletto direttamente (e ora candidato anche a essere il futuro premier, in quanto leader del partito a vocazione maggioritaria) a una piattaforma politica sostenuta da una precisa maggioranza, può garantire vita trasparente e operatività al nuovo partito. Un segretario, una piattaforma politica, una maggioranza che l’ha sostenuta e che in nome di essa si è presentata alla platea dei simpatizzanti e degli iscritti, sono le caratteristiche antitrasformistiche della “democrazia di mandato”.
Non abbiamo bisogno di presidenzialismi plebiscitari che galleggiano sulla confusione competitiva di gruppi e frazioni. In questo senso la dimensione più problematica è l’ambiguità inevitabile dell’assemblea costituente, a metà fra dimensione costituente, e quindi quanto più possibile partecipativa e pluralistica, e dimensione di congresso pubblico, con segretari diversi che si candidano con piattaforme politicamente diverse e la competizione fra liste a essi collegate. Chiarezza e responsabilità politica vorrebbe che intorno al futuro segretario del Pd ci fosse una maggioranza limpida e coerente. Questi tempi così faticosi e confusi, tormentati dall’ondata antipolitica e populista, chiedono al Pd un di più di precisione e serietà di proposta. In questo senso, ritengo che sia stato un errore l’aver consentito, a livello regionale, continui rimescolamenti e rovesciamenti di alleanze rispetto alla competizione nazionale. Una vera sagra dei localismi a prescindere da qualsivoglia piattaforma politica. Questo errore d’origine, che segna parte tanto significativa della costituzione materiale del futuro Pd, può essere riequilibrato solo da una convinta applicazione della democrazia di mandato a livello nazionale.
Spero che lo statuto nazionale sia chiaro su questo punto e che gli organi di direzione ed esecutivi che saranno eletti – pur temporanei, prima del vero congresso costitutivo del Pd – la rispecchino.
Altrimenti, con una singolare eterogenesi dei fini, il partito che nasce per garantire il bipolarismo e il buon governo del paese, rischierà di essere un contenitore molto plurale ma proporzionalmente incapace di agire le trasformazioni politiche necessarie all’Italia.
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