Oggi Libero titola: "Monti ci porta in guerra". Che aria tirasse, si era capito già ieri in Commissione Esteri e Difesa congiunte, alla presenza dei Ministri Terzi e Di Paola.
L'aggravarsi della crisi del Mali ha solo imposto di accelerare l'intervento internazionale richiesto dal legittimo governo e approvato dalla risoluzione ONU 2056. Lì, nel capitolo secondo, si parla esplicitamente di un intervento armato internazionale per debellare i movimenti insurrezionali legati ad Al Qaida. Il problema è di come si costituirà la coalizione dei willings, i compiti la durata il mandato della missione militare.
Consultatami prima con il sottosegretario Marta Dassù, ho sostenuto l'utilità dell'invio dei 250 istruttori italiani per l'esercito regolare del Mali, norma che abbiamo votato ieri nel decreto missioni.
Contrarietà populista della Lega, di alcuni esponenti ex An, di alcuni ex dipietristi ora in passaggio verso Ingroia. Naturalmente, in sede di conversione del decreto, la maggior parte del centrodestra ha votato il provvedimento, ma con doppia morale oggi sparano contro "il tecnico che ci porta alla guerra e fa invadere l'Africa".
Da ieri comunque il panorama della difesa italiano è cambiato: siamo al centro del Mediterraneo dove si rafforzano i movimenti jihadisti (Siria) e si sta preparando un piccolo Afghanistan africano.
Prevedo il consueto sterile dibattito tra pacifisti a oltranza e interventisti a oltranza, in una generale ignoranza del problema.
È necessario superare il provincialismo italiano, i nuovi problemi geopolitici stanno esplodendo alle porte di casa.