15 Aprile – Italia bipartitica e pd libero a sinistra. Ora parta il dialogo.
Quando scrivo i dati sono ancora incerti, anche se si profila una netta vittoria di Berlusconi. Una cosa però appare certa ed evidente: il quadro politico che esce da queste elezioni è nettamente bipartitico. I primi due partiti, Pdl e Pd, superano
insieme il 70%. I partiti intermedi, che hanno sfidato la polarizzazione del voto, hanno raggiunto percentuali molto basse. La speranza di Casini di diventare l'ago della bilancia è tramontata, crediamo per sempre.
La sinistra radicale rischia di non entrare in
Parlamento. Il partito socialista di Boselli non arriva
probabilmente all'1%.
Le vittime del bipartitismo stanno in queste ore accusando il
sistema mediatico, e continueranno probabilmente a farlo per lungo
tempo. Farebbero meglio ad accusare la propria lentezza di reazione.
Il Mattarellum (una legge elettorale che per altri versi merita di
essere rimpianta) consentiva ai partiti minori di prosperare e
perfino di crescere all'ombra (e a spese) dei partiti maggiori.
Se il vincolo di coalizione mi garantisce che il voto al partito xy
è comunque utile, perché dovrei rinunciare ad esprimere una scelta
di identità, o perfino ideologica? Questa situazione ha consentito a
molti leader politici di indugiare in una mentalità
proporzionalistica, che era però del tutto inadeguata ad affrontare
queste elezioni. In una situazione non coalizionale, come quella
determinatasi oggi, il voto segue una logica diversa da quella
identitaria, e in primo luogo quella del voto utile per governare.
Che non è un'invenzione dei giornali o del duopolio televisivo
pubblico-privato, ma è un comportamento del tutto normale in tutte
le grandi democrazie.
Non c'è dunque da stupirsi che questo comportamento si sia subito
manifestato anche in Italia, nel momento in cui l'offerta politica
lo ha consentito, o, se si vuole, lo ha imposto. I cittadini
italiani sanno votare, anche quando danno il voto ai nostri
avversari. Domani commenteremo le percentuali, valuteremo il gioco
delle astensioni e dei flussi. Oggi possiamo dire che l'Italia è un
po' più europea, un po' meno anomala di ieri.
Ora però, di fronte alla vittoria di Berlusconi, si dirà che la
scelta di Veltroni di disfarsi dell'Ulivo è stata un errore e che la
sinistra può vincere solo imbarcando tutti in una alleanza
indiscriminata. Questo ragionamento è un cedimento alla delusione.
La scelta del Pd è una scelta giusta, che apre un futuro alla
sinistra riformista e al paese. Una vittoria solida si costruisce
nel tempo: operando scelte, costruendo percorsi chiari e coerenti,
rendendo conto agli elettori.
Ciò che l'esperienza di queste elezioni, viste nel loro insieme, ci
insegna è che la soggettività politica – le scelte, le strategie,
l'offerta che si fa agli elettori – è importante non meno della
legge elettorale. Il Pd esce da queste elezioni rafforzato perché ha
esercitato in modo forte e coraggioso la sua soggettività. Solo le
faide interne potrebbero azzopparlo. Dall'altra parte, Berlusconi è
di fronte all'occasione storica di provare davvero a governare e a
riformare l'Italia. Senza più alibi: con un partito omogeneo, un
alleato domato, l'altro fuori gioco, se la dovrà vedere soltanto con
la Lega, che è obbiettivamente interessata alle riforme. Basta
riaprire il dialogo iniziato prima dello scioglimento delle camere,
e una buona riforma della Costituzione, e una efficiente riforma
elettorale sarebbero a portata di mano.