Il Riformista, 28 gennaio 2009
Sul testamento biologico il Pd vada alla conta
di Claudia Mancina
Mentro si avvicina il momento in cui inizierà la discussione
parlamentare sul testamento biologico, si moltiplicano gli inviti al
Partito democratico a definire la sua linea politica sull'argomento.
Qualcuno però obietta che temi come quelli bioetici, che investono la
coscienza morale di ciascuno, credente o non credente, non possono
entrare a costituire un'identità di partito. Il problema è reso più
delicato dalla fragilità che il Partito democratico manifesta in
questa fase. Sarebbe certamente più facile affrontarlo se il partito
fosse forte e in ottima salute. Ci sono comunque degli aspetti
generali, che meritano una riflessione che prescinda dalla condizione
attuale del Pd.
Le questioni bioetiche non sono solo questioni private ma questioni
pubbliche, tant'è vero che richiedono spesso una legge, vedono
l'intervento dei tribunali, sono oggetto di vasti e appassionati
dibattiti. I parlamentari in particolare sono chiamati a esprimere un
voto che avrà conseguenze sulla vita di tutti i cittadini del nostro
Paese. È dunque solo normale e anzi doveroso che il pubblico sia
informato sul voto che sarà pronunciato da un gruppo parlamentare,
che dovrà decidere nel modo consueto: attraverso una discussione e
infine un voto.
Ciò non impedisce affatto che i parlamentari che non siano d'accordo
col risultato siano liberi di esprimersi e di votare in Aula secondo
le loro convinzioni. Una libertà che appartiene a tutti i
parlamentari, e che è stata spesso esercitata anche su questioni di
tutt'altro genere, come la decisione di partecipare all'intervento
della Nato in Kosovo, o perfino su questioni che non appaiono di
speciale rilievo etico, come la scuola o l'università. In qualunque
caso la posizione minoritaria dovrebbe essere egualmente rispettata e
tutelata. Non c'è uno statuto speciale delle questioni così
dette "eticamente sensibili": tutte le questioni sono o possono
essere eticamente sensibili se mettono in gioco le nostre
convinzioni, né si può sostenere che le convinzioni riguardanti la
vita o la morte siano sempre e necessariamente più coinvolgenti di
altre.
Sappiamo benissimo che il carattere speciale di questi temi sta nel
loro rapporto con la fede religiosa: un rapporto che, per alcuni,
comporta l'obbedienza alla parola della Chiesa, anche per i
parlamentari. Lascio ai cattolici la discussione del rapporto tra
impegno politico e fedeltà alla Chiesa. Mi limito a dire che il
parlamentare non può considerarsi come un cittadino qualunque: avendo
il potere di partecipare a decisioni che cambiano la vita degli altri
cittadini, ha una responsabilità particolare. Perciò non dovrebbe
soltanto seguire la sua coscienza, ma tutelare la libertà di
coscienza degli altri; dovrebbe ragionare dal punto di vista della
ragione pubblica, cioè di quell'insieme di principi e valori che
definiscono la nostra democrazia e che appartengono a tutti, a
differenza di una fede religiosa, che appartiene ad alcuni. Chi non
riesce a fare questo sforzo di uscire dai suoi panni, religiosi o
ideologici, farebbe meglio a lasciar perdere la politica.
In conclusione, penso che i gruppi del Partito democratico dovrebbero
definire una posizione maggioritaria, senza incartarsi in
ragionamenti che non stanno in piedi, ed esprimono soltanto la paura
di contarsi, la paura di divisioni che invece devono essere
considerate fisiologiche. Che un grande partito veda al suo interno
posizioni diverse, su questi come su altri temi, è del tutto normale.
Così come è probabilmente inopportuno che questi temi entrino nelle
carte fondative o nei documenti congressuali, per non rendere pesante
la posizione di chi è in minoranza, tanto più nel caso di un partito
che ha messo insieme tradizioni culturali diverse. Per i gruppi
parlamentari però si deve fare un discorso diverso, anche perché si
tratta di decidere di volta in volta su singole proposte e non di
darsi un profilo etico complessivo e definitivo.
La proposta di legge della maggioranza sul testamento biologico è una
proposta gravemente lesiva della libertà dei cittadini, non solo per
la questione controversa della nutrizione artificiale e per il suo
carattere non vincolante. Che dire della necessità di andare dal
notaio e di rinnovare il documento ogni tre anni? Come già si è fatto
sulla procreazione assistita, non si vuol produrre una legge che
regoli il fenomeno nel rispetto della libertà delle persone, ma una
che renda il più possibile difficile fare questa cosa, visto che
proprio non si può semplicemente vietarla. Di fronte a ciò, il gruppo
del Partito democratico deve decidere da che parte sta, e farlo
sapere agli elettori, attraverso la trasparenza del voto e non
attraverso i retroscena dei giornali. Definire una posizione
maggioritaria significa render conto del modo in cui si interpreta il
proprio ruolo di rappresentanza dei cittadini e di tutela della loro
libertà. Si tratta di nient'altro che di quel corretto rapporto tra
eletti ed elettori che fa tanta fatica a mettere radici nella
politica italiana.