Scuola: quale battaglia abbiamo vinto? Marco Campione
Cosa distingue la destra dalla sinistra nel rapporto con l’opinione pubblica? Mi sono formato una precisa opinione su questo: quando ottiene una mezza vittoria, la prima fa di tutto per far credere che è stata una vittoria intera (doppia, tripla…), mentre la seconda fa di tutto per farla sembrare una sconfitta. Ultimo esempio lampante di questa teoria è la reazione a quanto sta accadendo nella scuola con questa bislacca discussione sul quesito: sulla scuola primaria abbiamo vinto una battaglia si o no? Mi cimento anche io perchè può servire per andare oltre la discussione bislacca e trarne qualche insegnamento per il futuro.
Stiamo ai fatti. Cosa è successo? Semplice: il Governo, dopo aver presentato in settembre un piano programmatico nel quale la dicitura “tempo pieno"? non compariva mai (e nemmeno l’opzione 40 ore), ha siglato un accordo con i sindacati che non solo lo mette tra le opzioni possibili, ma dice esplicitamente che le classi a tempo pieno avranno il doppio organico. Ovviamente fanno in tempo a rimangiarsi tutto, ma fino a quando le cose stanno così è di questo che dobbiamo discutere, non dei processi alle intenzioni.
Bene, questa sul tempo pieno è innegabilmente una vittoria: il doppio organico nei regolamenti! Se non è una vittoria questa? Una vittoria per il movimento e per l’opposizione politica e parlamentare (Pd in testa). Se si hanno a cuore il raggiungimento degli obiettivi e non la propaganda bisognerebbe rivendicare la vittoria, dare i propri meriti a chi nella maggioranza ha provato a evitare il disastro (Valentina Aprea in testa) e lavorare perché il Ministro continui nella sua presa di coscienza che a fare la passacarte di Tremonti lei ha solo da perdere.
Invece sono arrivati subito gli allarmi: attenzione, non è vero che sono tornati indietro su tutta la linea… attenzione le quaranta ore non sono il tempo pieno… tempo pieno si, ma di cosa?… attenzione il modulo (tre insegnanti per due classi) è morto e sepolto…
Cose in parte vere, in particolare che il modulo (scelto nel 75% delle classi) è morto e sepolto. Però… Personalmente non ho mai accettato (e l’ho scritto in tempi non sospetti) che l’opposizione alla Legge Gelmini Tremonti si basasse quasi esclusivamente sull’assunto che non mandare i figli a scuola per 40 ore fosse un danno fatto alle famiglie. Ovviamente mi è chiaro il motivo di questa scelta: la si è fatta per fare del “terrorismo��? verso le famiglie e indurle alla mobilitazione e perché il movimento è stato egemonizzato da Retescuole, una realtà radicata dove il tempo pieno raggiunge un gran numero di classi (a Milano più del 90%).
Si badi bene, tutto questo non è avvenuto per “colpa"? di Retescuole o del movimento in genere, ma di chi ha preferito accodarsi per averne un ritorno in termini di consenso sul breve periodo, abdicando alla propria funzione politica. Si badi ancora meglio, non ce l’ho con i gruppi parlamentari, che anzi hanno lavorato benissimo, ma con il partito. E qui si potrebbe aprire una parentesi sui danni che possono derivare dall’egemonia dei gruppi sulla struttura dei partiti politici, ma ci porterebbe troppo lontano.
Per questi e per altri motivi, in pochissimi abbiamo approfittato dell’occasione che ci era fornita da un dibattito pubblico sulla scuola (quante volte lo abbiamo invocato? e quando ce lo abbiamo lo usiamo per fare propaganda? suvvia!), mentre la maggioranza di chi ha partecipato alle numerose assemblee e la quasi totalità di chi è intervenuto sui media si è limitata alla propaganda spicciola. In pochissimi abbiamo approfittato di questa occasione per precisare che il modulo è un modello educativo validissimo, che il modulo in molti casi funziona meglio del tempo pieno, optato solo per venire incontro alle legittime esigenze delle famiglie, che sprechi ce ne sono tantissimi ad esempio là dove ci sono gli organici per le 30 ore, ma si sta a scuola per 24.
Tutti argomenti ora utilizzati (in alcuni casi in buona fede, ad esempio da chi forse si è reso conto che ha combattuto la battaglia di altri) per dire che non è vero che “abbiamo vinto"?. E così torniamo alla domanda iniziale: è vero che abbiamo vinto una battaglia o no? Si, l’abbiamo vinta. Abbiamo vinto la battaglia che abbiamo deciso di combattere.
Se non era la battaglia giusta bisognava pensarci prima.