Ore 17.
D’Alema ha appena finito di leggere un lungo e documentato (ma un po’ freddo) rapporto sulla situazione internazionale. Non un atto dovuto ma un confronto serio con il Senato. L’ha presa larghissima dai problemi della Costituzione Europea ad Hamas. Aspettando il problematico voto sulle molte mozioni, il Senato si svuota.
Giorgio Tonini al mio fianco, prepara di getto il suo intervento, e sembra un po’ deluso. Panetta per Forza Italia, attacca volgarmente sul nostro presunto riconoscimento dell’organizzazione paraterroristica di Hamas. “Politichetta” commenta Giorgio. Tutto è finalizzato all’allestimento dell’eventuale trappola. Il merito non rileva.
Il mio amico Giogo Mele, ora di SD, da un elevato contributo di buon “conio” riformista.
Scendo nel “sottoscala” dei banchi a prendere un po’ d’acqua. Il Generale Ramponi, ora senatore di AN, mi chiede di che città sono, fa un po il galante, e ricorda di aver fatto a Torino due anni di scuola militare.
Ricorda Torino, e due anni della sua giovinezza, una fidanzata importante, figlia di un produttore di cioccolatini.
Ricorda un pomeriggio dietro la Gran Madre, un gran temporale, la fuga verso via Verdi, proprio quando la guglia della Mole cadde colpita da un fulmine.
E’ molto anziano il Generale Ramponi, e nel grande e duro giorno di D’Alema si lascia andare ad un ricordo tenero.
Anche Meccanico e Cossutta sono molto anziani. Sono seduti vicini, commentano sempre ogni intervento. Leggono ogni tipo di documento.
Sono quasi diventati simili nella loro discrezione, quasi nella loro isolata differenza.
A molti spalti di distanza e di livello culturale, il senatore trentino Divina, della Lega sproloquia di moschee, di orride mutilazioni che gli islamici fanno ai bimbi, della Cina che va messa al bando dalla Comunità Internazionale.
“La Cina?” sobbalza Tonini, “Ha detto la Cina… un miliardo e duecento milioni di persone? Con i suoi ritmi di sviluppo?” “Si – ha detto – la Cina”. Confermo io. Il dibattito continua.