Le dimissioni di Nicola dai DS forse indeboliscono l’unitaria battaglia dei riformisti (nei DS, nella Margherita, altrove sparsi, etc) verso il Partito Democratico. Per molti decenni i riformisti nel PCI e nella DC ci sono stati, vivaci e propositivi (si pensi all’esperienza dei “miglioristi” nel PCI che è stata la mia casa politica…).
C’erano, ma considerati intelligenti minoranze da “controllare” perché eretiche o troppo anticipatrici, spesso emarginate con la violenza burocratica di cui solo i grandi partiti di massa (specie comunisti od ex comunisti) sono capaci.
Ora, nel futuro PD, riformisti di origine socialista, comunista, democristiana, possono diventare pilastro centrale, forte unitario, in leale dialettica con le altre componenti del futuro partito.
Nicola sembra dirci che questa battaglia non ha agibilità politica nei DS, e ce lo dice alla soglia di un congresso impegnativo.
Ricordo con lui, circa due anni fa, molte riunioni nella sede romana di LibertàEguale, prima del congresso di Roma per valutare se, in forme varie, fosse utile e necessario arricchire di più nette proposte riformiste ( sui contenuti e sul partito dell’Ulivo) la piattaforma di Fassino.
Alla fine, un po’ di noi (ulivisti di varie tendenze, ex miglioristi, nuovi compagni militanti dei circoli dell’Ulivo etc,) presentammo un’adesione piuttosto motivata e impegnativa. La sua firma non ci fu, preferì una riflessione solitaria, o comunque non un’assunzione di responsabilità in quel senso.
Già allora, non aveva grande fiducia nei Congressi come sede pregnante di battaglie politiche che possono pesare e “fare svolta”.
Ma Nicola è un combattente del pensiero, dello scritto.Questo vale molto di più di un voto congressuale. Resta nell’Ulivo, e guarda a equilibri politici futuri, senza dubbio al PD.
Mi sento solo di dire: stai con serenità e con agio là dove le tue convinzioni e la tua ricerca ti fanno sentire più produttivo per la causa in cui credi.
Noi liberal siamo fatti così.