Sembra che l’elezione del sindaco a Torino si profili con un significato diverso rispetto al 1993. Allora ci furono il Pds e la bella esperienza di Alleanza per Torino. Poi’ c’erano Rc, la sinistra storica, la Rete. Tempi lontani. La scelta di Castellani qualificava il campo dell’innovazione. Pare di capire che ora il percorso sia un po’ all’inverso. Buio pesto sul profilo del sindaco o dei sindaci dentro il centrosinistra e la sinistra più radicale, e poi la somma di improvvisate auticandidature. Il nuovo starebbe nel progetto della presentazione di una lista civica dai contorni programmatici indefiniti. Ne parlano bene i sindacati e alcuni industriali e diversi esponenti politici di varia estrazione.
L’intervista a Chiamparino de Il Fatto di ieri evidenzia che per Sergio questa sarebbe in nuce l’operazione di ristrutturazione e risanamento del Pd. Personalmente ritengo (ma non ho del tutto le idee chiare) che le liste civiche si fanno se si vuole qualificare il campo della contesa come puramente amministrativo. E se si pensa alla lista civica come aggregato intenso, vasto ed efficace di tante forze utili alla città che non scenderebbero in campo con i partiti tradizionali. Si giustifica per sé e vale per sé. Se, invece, si vuole prefigurare come esperimento per altro , allora non sono d’accordo, perché il pd, seppur malandato, è un partito che può giocare un ruolo per l’innovazione in Italia. E in Piemonte, dove alla guida della Regione c’è il centro destra della Lega, c’è bisogno di un baluardo politico chiaro e della giusta forza per contrapporsi.
Si intreccia la vicenda del Segretario del Pd di Torino, che meriterebbe una sua autonomia. Continuo a pensare che sia necessaria una soluzione di garanzia e autorevole per un anno, ma se si vuole andare a congresso subito e con modalità classiche, allora liberi tutti. E non c’è caminetto che tenga