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Quante infinite ipocrisie sul cosiddetto sindaco d’Italia

By 21/02/2020Attualità
Quante infinite ipocrisie sul cosiddetto sindaco d’Italia.
Potevamo già averlo, se Renzi non avesse sbagliato il timing delle pur necessarie riforme quando comandava nel Pd, e se tutti gli altri partiti avessero rispettato davvero creduto e rispettato il principio che il voto popolare deve anche segnalare l’indirizzo del governo.
Quanta ignoranza, quante interessate dimenticanze…
Il 30 MAGGIO 2013, all’inizio della XVII legislatura, alla Camera dei Deputati si è presentata la PROPOSTA DI LEGGE n°1116, primo firmatario On. Nicoletti, altri importanti firmatari Bindi, Madia, Miotto, Guerini, Quartapelle ecc.., per l’introduzione del doppio turno di coalizione per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Arrivò la discussione in aula con relatori di maggioranza e minoranza e poi finì.
Si tratta della vera quadratura del cerchio.
Aspettando riforme istituzionali più premianti, veniva incontro alle osservazioni della Corte Costituzionale e restituiva ai cittadini il potere di determinare con il proprio voto l’indirizzo politico del Governo.
Soluzione semplice: circoscrizioni provinciali, premio di maggioranza moderato alla lista o alla coalizione di liste che raggiungessero il 40%; in caso contrario “doppio turno di coalizione”, ossia ballottaggio tra le due liste o coalizione di liste che avessero conseguito il miglior risultato al primo turno senza aver superato la soglia del 40%.
Introduzione del voto di preferenza, possibilità della doppia preferenza di genere, per avere maggioranze parlamentari stabili, interventi sul meccanismo di distribuzione del premio di maggioranza al Senato per renderlo omogeneo a quello della Camera dei Deputati.
Come è avvenuto nel Porcellum e nel Rosatellum, la lista e le coalizione di liste erano appaiate sulla scheda a un potenziale premier – sindaco, senza arrivare alla elezione diretta, che nella sua forma pura esiste solo in pochissimi paesi.
Questo era il “Sindaco d’Italia”, non una soluzione presidenziale o semi presidenziale, che richiedeva un’altra dimensione di riforma costituzionale.
Questa soluzione, come si dice chiaramente nella presentazione del disegno di legge, era automaticamente adattabile nel caso di abolizione costituzionale del Senato.
Perchè non si è lavorato convintamente a questa soluzione?
Perchè alla fine della XVII legislatura ci si è impantanati nel contraddittorio Rosatellum?
Perchè il gruppo parlamentare del Pd, in questi due anni della XVIII legislatura non l’ha ripresa in considerazione, dal momento che era così vicina alla cultura dell’Ulivo e del Pd?
Perchè Renzi gioca strumentalmente, adesso, con una proposta che ha di fatto abbandonato quando ce l’aveva tra le mani?
La risposta a ciascuna di queste domande è tutta e solo politica: se si crede o no alla democrazia decidente, se si crede o no a un moderato uso del maggioritario per consentire rappresentanza e governabilità insieme, se si ha una precisa idea degli assetti istituzionali politici e poi si è disposti a mediare.
Il fatto che i gruppi alla Camera e al Senato del Pd, oggi, non ieri, non abbiano presentato anche una proposta simile al confronto con gli altri partiti di maggioranza, è segno di grande debolezza politica.
Renzi trucca le carte, ma noi siamo, su questo terreno, politicamente deboli e reticenti.
 
 
 
 
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MAGDA NEGRI

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