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Ragionando del voto

By 31/03/2010Politica

Non sono convinta degli argomenti utilizzati da Bersani, nella conferenza stampa di oggi, per motivare la sua valutazione del voto regionale: non abbiamo vinto, ma non abbiamo neppure perso. Al netto di un'obiettiva tenuta dell'asse di governo Pdl-Lega, pur con un riequilibrio di rapporti di forza in favore di quest'ultima, non si può sostenere il contrario, con un'analisi del voto in termini di punti percentuali guadagnati. I numeri reali ci dicono di una perdita netta di più di un milione di consensi tra la tornata elettorale di giugno e questa di marzo. Bersani mi ricorda Fassino quando nel 2006, dopo le elezioni, si ostinava a volerci spiegare che era stata una buona idea andare divisi tra Ds e Margherita nelle votazioni per il Senato. Se avessimo, invece, partecipato a quelle elezioni con la lista Uniti per l'Ulivo al Senato come alla Camera, avremmo di certo conquistato un numero maggiore di senatori e oggi avremmo ancora, forse, il governo Prodi in carica. Una riflessione monca e sbagliata del dato elettorale del fine settimana rischia di compromettere il rapporto tra partito e paese.

Per il Piemonte credo sia stata decisiva la Lista Grillo, ma quando non si ha abbastanza fieno nella cascina grande è inutile guardare con invidia alle balle di fieno nello stallino di Grillo. La stessa anomalia positiva e puntiforme delle nostre odierne vittorie nei comuni rispecchia la situazione del 2008, quando al netto di una sconfitta chiara contro il centrodestra al Nord e in tutta Italia, riuscimmo a conquistare comuni come Vicenza e Udine. Quanto accaduto segnala lucidamente che, in un anno e mezzo, abbiamo perso Friuli, Abruzzo, Sardegna, Piemonte, Lazio, Campania, Calabria: un fatto strutturale. Stupirsi di quanto accaduto non depone a nostro favore. Non abbiamo fermato i lumbard sul Ticino perché abitavano da tempo nelle valli del Piemonte, malgrado noi pretendessimo di considerarle truppe di invasori.

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