Anche il Pd nazionale si sta occupando della vicenda Pomigliano. Da approfondire resta il tema negletto dell’organizzazione del lavoro nelle linee e l’analisi su quanto accade in altre grandi industrie automobilistiche nel mondo. Abbiamo organizzato di vederci con liberataguale, Aperto e altri amici interessati all’argomento, il 5 luglio alle 18 in via Mazzini 44 a Torino, nella sede del Pd. Un incontro del tutto informale, che ha dato interessanti spunti di riflessione.
Riportiamo l'intervento dell'ex sindacalista Pessa, che oggi segue per il pd piemontese la questione:
Il documento consegnato dalla Fiat alle organizzazioni sindacali il 28 maggio u.s. rappresenta in-dubbiamente una forte innovazione del sistema di relazioni sindacali, che avrà probabili effetti imitativi in altre aziende. Per il momento il testo riguarda la ripresa produttiva dello stabilimento di Pomigliano, ma è noto che lo stesso modello sindacale e produttivo sarà progressivamente esteso agli altri stabilimenti del gruppo.
L’oggetto principale della trattativa sindacale è noto fin dalla presentazione ufficiale del piano Fiat (21 aprile 2010): in cambio di un forte aumento delle produzioni automobilistiche negli stabilimenti italiani, l’azienda pretende un forte aumento della produttività attraverso un incremento dell’utilizzo degli impianti e la possibilità di richiedere unilateralmente cospicui livelli di lavoro straordinario, oltre i livelli previsti dal contratto nazionale di lavoro.
Turni e flessibilità della prestazione
Lo schema di turnazione presentato dall’azienda è sostanzialmente quello già previsto per lo stabi-limento di Melfi: 18 turni settimanali con il sistema 48 – 32 con riposi a scorrimento (il lavoratore ruota sui tre turni effettuando alternativamente una settimana 48 ore e la successiva 32 ore). Come a Melfi la mezz’ora di mensa verrebbe spostata a fine turno, perciò il lavoratore effettuerebbe 7,5 ore di lavoro effettive di seguito. L’organizzazione del lavoro si basa, quindi, su tre squadre di lavorato-ri (rinforzate del 20% per sostituire gli assenti per il riposo a scorrimento) che si alternano nei tre turni: il ciclo lavorativo formale inizierebbe domenica alle ore 22 e termina sabato alle ore 22, com-prendendo 18 turni settimanali di 8 ore. Le attività di manutenzione saranno invece strutturate sul ciclo continuo (7 giorni settimanali per tre turni) con il sistema 6 – 2 (6 giorni di lavoro e 2 di ripo-so).
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La variante che viene introdotta rispetto a Melfi riguarda l’eliminazione del primo turno di lavoro del ciclo settimanale, cioè il turno notturno che va da domenica alle ore 22 al lunedì alle ore 6: in questo modo gli impianti produrrebbero effettivamente per 17 turni settimanali. Per garantire la co-pertura retributiva ai lavoratori (circa 12-13 giorni all’anno pro capite che non verrebbero lavorati) verrebbero assorbiti i riposi retribuiti definiti contrattualmente e le festività cadenti di domenica.
Questa turnistica dei 18 turni settimanali “ridotti” è chiaramente finalizzata alla possibilità di intro-durre un turno di lavoro straordinario nei periodi in cui si manifestano punte di mercato o esigenze di recupero produttivo. Allo stesso modo la mezz’ora di mensa spostata a fine turno potrà essere uti-lizzata per il lavoro straordinario.
In deroga al contratto nazionale di lavoro, il testo prevede la possibilità di effettuare prestazioni straordinarie per 80 ore annue pro-capite (10 turni) senza contrattazione preventiva con le organiz-zazioni sindacali, raddoppiando quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro.
In deroga al contratto nazionale è stata introdotta anche la possibilità di effettuare dei recuperi pro-duttivi per specifici eventi che determinano l’interruzione del flusso produttivo con prestazioni du-rante la mezz’ora di mensa o nel turno mancante di domenica notte. Detti recuperi saranno possibili entro sei mesi dall’interruzione produttiva. In questi casi non sono previste le maggiorazioni per la-voro straordinario.
Rapporto diretti – indiretti
Il testo aziendale contiene un esplicito riferimento al riequilibrio tra lavoratori direttamente produt-tivi e indiretti (manutenzioni, controllo di qualità, addetti alla logistica ecc.). Il punto è poco svilup-pato, ma probabilmente si riferisce alla necessità aziendale di trasformare dei lavoratori indiretti in lavoratori diretti. La cosa può essere poco significativa, ma i lavoratori indiretti sono inquadrati normalmente in categorie professionali superiori: ne consegue un possibile demansionamento.
Prestazione di lavoro
Anche per quanto riguarda l’intensità del lavoro, il testo prevede un incremento della produttività individuale del lavoratore. Ciò avverrebbe con due modalità:
• La riduzione delle pause per gli addetti alle linee di montaggio: dagli attuali 40 minuti per turno a 30 minuti. I 10 minuti di pausa soppressi saranno trasformati in retribuzione “ad per-sonam” legata alla presenza, in altre parole ne hanno diritto i lavoratori già in forza e non i futuri nuovi assunti.
• L’adozione di una nuova metrica del lavoro che, probabilmente, richiederà un aumento della velocità di esecuzione delle operazioni.
Vengono accantonate definitivamente tutte le norme contenute negli accordi aziendali che consenti-vano alle Rsu di controllare e eventualmente contestare le modalità di assegnazione dei tempi di la-voro.
Assenteismo
In deroga al contratto nazionale l’azienda propone che, per contrastare determinati picchi di assenze per malattie (soprattutto durante le dichiarazioni di sciopero), non siano corrisposte le quote di pa-gamento a carico dell’azienda (in particolare i primi tre giorni di malattia). Inoltre l’azienda pone il problema di recuperare le ore di produzione perse in occasione dei momenti elettorali, per l’accentuata quota di lavoratori che chiedono i permessi elettorali.
Retribuzione
Il testo propone di abolire alcuni specifici istituti frutto della contrattazione degli anni ’50 e ’60: pa-ghe di posto, indennità linea ecc. Si tratta ormai di cifre quantitativamente insignificanti che saranno trasformati in un superminimo individuale “ad personam” (solo per i lavoratori in forza).
Clausole di esigibilità
Un aspetto molto delicato riguarda la questione di esigibilità dei diversi punti dell’eventuale accor-do: il testo propone l’inscindibilità di tutti i punti e stabilisce delle penalizzazioni per i sindacati nell’eventualità di comportamenti (sciopero) dei sindacati o anche di lavoratori non organizzati che rendano inesigibili i punti sopra elencati. Queste penalità consistono nel blocco dei contributi sinda-cali, nel blocco dei rappresentanti e dei permessi sindacali previsti dagli accordi aziendali. Viene inoltre introdotto il principio che anche il comportamento di rifiuto individuale o collettivo del sin-golo lavoratore può essere sanzionato con provvedimenti disciplinari che possono arrivare al licen-ziamento. Il testo ha alcune ambiguità, poiché non è chiaro se l’esigibilità richiesta e le relative pe-nalizzazioni si riferiscono solamente al diritto aziendale di pretendere i 10 turni di straordinario an-nui, oppure a qualsiasi forma di protesta e opposizione che sorga dai sindacati o dai lavoratori.
Alcune osservazioni
Un eventuale accordo basato su questi punti ha dei significati più generali: da una parte è il definiti-vo accantonamento degli accordi dell’era fordista (in particolare degli accordi Fiat del 1969 e 1971), da cui si uscirebbe con maggiori possibilità di governo della forza lavoro da parte dell’a-zienda. Dall’altra mette in la crisi l’attuale modello di contratto nazionale di lavoro per quanto ri-guarda la questione degli orari e delle flessibilità, proprio per l’impatto che avrà nelle relazioni sin-dacali del mondo industriale.
Infine, dopo le recenti dichiarazioni sindacali che fanno temere un accordo separato con l’esclusio-ne della Fiom Cgil, è utile osservare che una tale eventualità proporrebbe una situazione ingestibile: infatti, dal punto di vista giuridico le clausole avrebbero valore solamente per gli iscritti ai sindacati firmatari, non per gli iscritti Fiom. Anche nell’eventualità che l’azienda subordini il rientro (tutti i lavoratori di Pomigliano sono in cassa integrazione) a un’accettazione individuale dell’accordo, sorgerebbero nel tempo inevitabili e complessi problemi giuridici e legali. Perciò è molto probabile che la Fiat insista per avere il consenso da parte dell’insieme delle organizzazioni sindacali.
Torino, 13 giugno 2010 – Piero Pessa