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Riforme elettorali e Pd: Ceccanti compara i sistemi europei – 26 Febbraio 2007

By 26/02/2007Politica

Segnaliamo l'intervento di Ceccanti su 'Unità del  26.02.07

Grazie al presidente Napolitano la riforma elettorale è tornata una priorità. Altrimenti avrebbe dovuto attendere la fine di aprile, con l’inizio  della campagna referendaria. Il dibattito dovrebbe includere anche limitate riforme costituzionali e regolamentari. Limitandoci qui all’aspetto elettorale, esso sembra svolgersi con alcuni postulati. Il primo è che i sistemi con collegiouninominale non sembrerebbero riproponibili; me ne dispiaccio perché garantirebbero governabilità e buon rapporto col territorio, ma prendo atto. Il secondo è che, dopo la crisi, i limitati ritocchi, quali quelli che sta predisponendo il ministro Chiti, vengono considerati minimalisti.

Questo soprattutto per il modello di proporzionale con premio ormai discusso. Anche qui me ne dispiaccio perché con un secondo turno nazionale sarebbe possibile portare il premio al 60%, riducendo i poteri di veto, come accade a livello amministrativo, ma prendo atto. Cosa resta? Prendo per buone due indicazioni di principio: rafforzare il bipolarismo e ridurre i poteri di veto. Si possonoperseguire rinunciando al collegio e al premio, tenendo conto di modelli sperimentati e prevedendone l’impatto sul nostro? Vanno esaminati il sistema tedesco e quello spagnolo.

Il sistema elettorale in vigore in Germania è un proporzionale puro. Fotografa maggioranze che già ci sono. La formula è semplice: a tanti voti corrispondono tanti seggi. Non ci sono correzioni significative tranne lo sbarramento. Partecipa alla distribuzione chi ha preso almeno il 5% dei voti. Ma, questo è il punto chiave per l’importazione in Italia, dove sono presenti suggestioni al ritorno a una palude centrista, se superi il 5 puoi anche collocarti al centro dopo il voto e venderti al migliore offerente. Perché invece qualcuno pensa che sia una via di mezzo col maggioritario? Perché i voti sono due: uno in collegi uninominali e uno su lista bloccata e perché i numeri sembrano
quelli di un sistema diviso esattamente a metà. Metà di eletti in collegi e metà su lista. Il punto è che col voto di lista si incide anche su quello di collegio: il voto proporzionale determina “quanti” sono gli eletti (compresi quelli dei collegi) per cui non sono due voti alla pari. È un “proporzionale personalizzato”: dove il secondo voto decide tutto (proporzionale) e il primo (personalizzato) serve a individuare “quali” sono gli eletti dentro la lista votata.

Ci sono alcune eccezioni, di cui la principale è la seguente: consente di entrare con tutti i seggi anche a chi non ha preso il 5% se vinci tre collegi uninominali. Quindi se hai preso il 2% e hai vinto 3 collegi prendi il 2% dei seggi. Lì nessuno bara; ma da noi questo si presterebbe a eludere la soglia con desistenze reciproche (ricordiamoci le liste civetta per eludere lo scorporo).

In ogni caso, trapiantato sul sistema dei partiti italiano questo sistema è fatto su misura per l’Udc perché gli consentirebbe di decidere dopo il voto se rivendersi al centrosinistra o al centrodestra. In parte favorisce anche Rifondazione perché le permette di satellizzare il resto della sinistra radicale.
Siamo sicuri che vogliamo questi due risultati? Per di più, dal momento che diventa decisiva la posizione di centro dopo il voto, siamo sicuri che alcuni settori della Margherita a quel punto non tornino indietro dal percorso verso il Pd anche per unificarsi con l’Udc o comunque non pensino di mantenere un partito separato? Se quella è la posizione chiave del sistema, dove si ottiene anche con pochi voti la guida del Governo, perché chi ne ha la possibilità non dovrebbe stare lì, magari
giustificandolo coi comuni valori? Detto in altri termini, ha senso battersi per il sistema tedesco solo se si pensa che le preoccupazioni per un eventuale ritorno di Berlusconi siano un male assoluto tale da considerare preferibile costruire un sistema su misura per l’accesso di Casini a Palazzo Chigi, a sua scelta se in accordo coi riformisti del centrosinistra o con Berlusconi, rinunciando anche all’idea del Pd come partito a vocazione maggioritaria. Il Pd non nascerebbe più o sarebbe stretto tra una Rifondazione rafforzata e un’Udc partito-chiave del sistema. Facile prevedere che potrebbe ambire al massimo al ruolo del Psi nella prima fase della Repubblica. Non c’è niente di male a pensare
che questo esito sia il male minore, è un dibattito laico. Ma allora si indichi chiaramente quel fine; se è quello, il prezzo della palude per evitare un ritorno al potere del centrodestra, è giusto che chi lo
vuole si batta per il sistema tedesco.

Il sistema spagnolo, invece, è un proporzionale molto corretto. Ha due pilastri:

la proporzionale solo dentro ogni circoscrizione (senza mettere in comune i resti) e un numero molto elevato di circoscrizioni, corrispondenti alle province. Il numero di rappresentanti che si eleggono in ogni circoscrizione è molto basso: varia da uno fino agli oltre 30 di Madrid e Barcellona. In molte i seggi sono tre o quattro. Agisce pertanto uno sbarramento implicito. La legge prevede anche una soglia di sbarramento formale del 3% a livello circoscrizionale. Essa vale a escludere i partiti molto

piccoli nelle circoscrizioni come Madrid e Barcellona. Questo insieme di elementi favorisce i partiti in grado di avere una vocazione maggioritaria. Allo stesso tempo consente ai partiti minori nazionali, per di più posizionati sulle estreme, di avere un diritto di tribuna grazie alle province più grandi e non penalizza invece le formazioni regionali i cui consensi sono concentrati in specifiche circoscrizioni.

Le liste sono bloccate, ma il numero molto basso di candidati che compongono le liste consente comunque un’ottima relazione tra elettori e candidati. Il sistema appare facilmente adattabile a quello oggi vigente in Italia, dato che sarebbe sufficiente prendere le attuali circoscrizioni e frammentarle in tante circoscrizioni provinciali autonome. Invece il passaggio al sistema tedesco richiederebbe anche il ritaglio di collegio uninominale. Se pertanto le difficoltà di questa legislatura impongono, come credo, di passare da un bipolarismo di coalizioni a un bipolarismo di partiti a vocazione maggioritaria, di promuovere il bipolarismo più che difenderlo (parafrasando il card. Martini sulla famiglia) possiamo e dobbiamo parlare spagnolo, non certo tedesco.

Segnaliamo dell'autore anche due schede sul sistema elettorale spagnolo e tedesco, sacricabili all'indirizzo web

http://w3.uniroma1.it/ceccanti/

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MAGDA NEGRI

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