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San Valentino- ai tempi delle streghe!!- 14 febbraio

By 15/02/2008Politica

Repubblica, 14 febbraio 2008 – Il ritorno del maschio – NATALIA ASPESI

Non era mai capitato neppure ai tempi tragici della clandestinità, quando i giornali non pubblicavano per pudore la parola infamante, aborto; quando prosperavano cliniche con professoroni che liberavano a caro prezzo dall'incomodo le signore abbienti. Mentre le altre, una moltitudine silenziosa di donne umiliate, precipitava nelle mani di improvvisate mammane (che venivano anche chiamate per non offendere i lettori, fabbricanti di angeli) o si arrangiavano malamente da sole. Di clandestinità, allora, sino all'approvazione della legge 194 nel 1978, spesso le donne morivano o restavano per sempre rovinate.

Pare insopportabile, in tempi che dovrebbero essere civili, essere costretti dal vergognoso episodio al Policlinico di Napoli, a ricordare, riraccontare per l'ennesima volta, storie del passato di solitudini femminili desolate, dato che quella legge vige da 30 anni e ha fatto precipitare il numero di aborti (dal 1982 del 44%). Ai tempi della criminalizzazione, quando per il nostro codice l'aborto era ancora un delitto 'contro l'integrità e la sanità della stirpe', per esempio nel 1968, al 53° congresso di ostetricia a Bologna, si parlò di 3.500.000 aborti procurati l'anno, stabilendo quindi che nel periodo fecondo due donne su tre abortivano. Era probabilmente una esagerazione, tanto che l'Onu parlò per l'Italia di 1.200.000 aborti: nel 2006 sono stati 130.033, un bel salto

La legge puniva da 2 a 5 anni sia la donna che chi l'aiutava ad
abortire, se si arrangiava da sola, il delitto pareva meno grave e
la pena era più mite, da 1 a 4 anni. In realtà la legge chiudeva
tutti e due gli occhi: in dieci anni, dal 1955 al 1965, le
statistiche giudiziarie parlano di 150 casi di aborto procurato,
mentre quelle mediche ne registrano milioni.

Quel dolore solo femminile ce l'hanno ricordato il bel film rumeno 4
mesi tre settimane e 2 giorni di Cristian Mungiu, Palma d'oro a
Cannes nel 2007, (che ha scioccato per la ripresa del feto) e ancor
prima Mike Leigh in Il segreto di Vera Drake, Leone d'oro alla
Mostra di Venezia 2004, e addirittura nel 1988, Claude Chabrol, con
Un affare di donne.

Ma ciò che è avvenuto nell'ospedale napoletano, è talmente clamoroso
e cinico da rasentare un atto di terrorismo, come terroristica sta
diventando la campagna pro-life che potrebbe stravolgere sino alla
ferocia l'andamento di quella elettorale.

Susanna Tamaro, che lancia in questi giorni il suo nuovo romanzo,
Luisito, invitata da Giuliano Ferrara a entrare nella lista dei suoi
candidati anti-aborto, ha gentilmente rifiutato, con una lettera
pubblicata ieri sul Foglio, dichiarandosi tuttavia con lui 'nella
passione con cui tu porti avanti questa tua lotta per la vita'.
Probabilmente non sapeva ancora dell'irruzione di ben sette
poliziotti nell'ospedale napoletano, con interrogatori alla madre
ancora sotto anestesia, ai medici, alla vicina di letto, e al
sequestro del 'corpo di reato', il feto.

Un evento così punitivo, tenebroso e inutile (l'intervento
rispettava la legge) segna l'inizio di una guerra per niente etica e
del tutto politica, per assicurare al movimento di Ferrara e quindi
alla destra l'appoggio elettorale della potente macchina del clero,
una guerra che potrebbe farsi sempre più feroce e vergognosa. E
intanto i già pochi medici che non si sono dichiarati obiettori di
coscienza, dopo questa offensiva poliziesca, adesso saranno sempre
più tentati di farlo; ma non basterà a convincere le donne che hanno
deciso di abortire, a cambiare idea, solo che potrebbe succedere
che, pur in presenza di una legge che lo consente, non avranno altra
scelta che tornare ai tempi della clandestinità, rivolgendosi a
medici magari obiettori e molto costosi, come è già capitato, o a
Vere Drake si spera più abili del passato, o a trafficanti di Ru486.

Le nuove vittime saranno soprattutto le immigrate, abbandonate a se
stesse e a una vita precaria che potrebbero non voler imporre a un
incolpevole nascituro. E' interessante che i nostri pro-life che
odiano la vita e soprattutto il potere delle donne sul loro corpo,
un tempo patrimonio maschile di scambio, abbiano scelto come primo
campo di battaglia quella parte della legge che sposta al secondo
trimestre di gravidanza la liceità dell'aborto terapeutico se il
feto risulta malformato al punto da assicurargli, se dovesse
nascere, una morte precoce o una vita-non vita, e alla madre, ai
genitori, un futuro di inevitabile quotidiana sofferenza. E alla
società quell'organizzazione di cure e aiuto che oggi non riesce ad
assicurare a tutti i cittadini e non solo a quelli colpiti da
handicap.

Puntando per ora sull'aborto terapeutico lo ingigantiscono come una
specie di genocidio, che non è, arrivando al 2,7% di interventi dopo
la 13esima settimana; e cui obbligano a immaginare una parvenza di
vita in quel feto malato, con inevitabili dubbi, disagio, sensi di
colpa. E' inevitabile che poi si passerà, malgrado le attuali
assicurazioni, all'assalto agli articoli di legge che consentono
l'aborto nel primo trimestre, in uno scontro assurdo attorno a una
legge di cui qualsiasi donna credente e no può non servirsi, non
impedendo però alle altre, sempre di meno, di farlo.

Ciò che è impressionante in questa offensiva lunatica è che tutti
quei raduni di alte gerarchie in veste nera e zucchetto cremisi,
tutte le perorazioni di agguerriti e spesso mendaci predicatori
cosiddetti laici, avvengono tra maschi. A parte qualche sporadica
donna (Binetti, Scaraffia, Tamaro, e altre) è soprattutto maschile
la piccola folla che vuole decidere su qualcosa che riguarda solo il
corpo della donna, il suo cuore, il suo futuro, il suo legame col
figlio. Una sofferenza, un senso di impotenza, una paura che gli
uomini non conosceranno mai, per cui alla loro spietata etica in
difesa astratta di una generica vita, dovrebbe sovrapporsi il
rispetto per chi sceglie di non diventare madre, di non volere
mettere al mondo un figlio non desiderato o casuale cui non potrà
assicurare il necessario amore.

Questi paladini di qualcosa che chiamano vita soprattutto pensando
di dare lustro politico alla loro, sanno poco dei tempi, sino a
qualche decennio fa, in cui gli uomini erano bravissimi a far di
tutto per portare a letto una ragazza, a lasciarla disgustati perché
un gentiluomo sposa solo una vergine e, nel caso la sedotta
pasticciona rimanesse incinta, a lavarsene le mani,
nell'approvazione generale: 'Non sono stato io!' era il nobile
grido. Mi assicurano che anche oggi, le sventate che non si
preoccupano da sole di difesa contraccettiva, se lo sentono dire da
quelli che si chiamano sportivamente partners, cui non passa per la
testa che anche loro hanno delle responsabilità.

Prima del liberatorio '68, c'erano ancora genitori che cacciavano di
casa le ragazze madri il cui figlio senza padre diventava il
bastardo. Adesso la modernità suggerisce altro: e per esempio in
Desperate Housewives la perfetta Bea per non fare brutta figura coi
vicini, nasconde la figlia nubile incinta e fa finta di essere lei
la madre attempata del bambino che nasce. Ma in passato, importava a
qualcuno il destino di una madre e di un figlio colpevoli di non
avere un pater familias? Importa oggi a qualcuno che si inginocchia
davanti a una non meglio specificata vita (pur che sia in forma di
embrione o feto, perché le migliaia di donne, vecchi e bambini che
muoiono orrendamente in Darfur non suscitano il minimo interesse)?.

In tutto questo sterile vociare, con eventi vergognosi come quello
di Napoli, manca una voce, non quella dei politici o dei teologi o
dei medici che infatti dicono la loro, manca quella degli eventuali
padri. Le donne alla fine, sono sempre sole, ogni responsabilità di
vita è troppo spesso solo loro. Non basta offrire elemosine, come se
avere o non avere un figlio fosse solo una questione di soldi. Non
basta chiamarle assassine come ha fatto ridicolmente e colpevolmente
Ferrara: si tratta di un termine storico, anzi antico.

Un indimenticabile vecchio articolo di Guido Ceronetti, lo scrittore
che sosteneva la necessità della legge che liberasse le donne dal
marchio di criminali (contro la stirpe poi) cominciava più o
meno: "Un'assassina ogni mattina mi rifà il letto, un'assassina mi
prepara la colazione, un'assassina

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MAGDA NEGRI

www.magdanegri.it

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