Al leader della terza mozione congressuale del Pd, che ha criticato il "documento dei 75" per i tempi e i modi della sua pubblicazione, replicano due firmatari di quel documento che al congresso hanno sostenuto quella mozione.
Caro Ignazio, condividiamo molte delle cose che hai detto nell’intervista all’Unità del 21 settembre e di quelle che hai detto oggi nel tuo intervento alla Direzione del Pd. E condividiamo anche quello che hai scritto nella mozione congressuale dello scorso anno, che abbiamo sostenuto con il nostro voto, sulla necessità di un partito che faccia suo il linguaggio chiaro del “sì, sì” e del “no, no”; un partito capace di proposte credibili e incisive che siano vere e proprie idee-forza, sui temi-chiave per la crescita del Paese.
“Un Partito democratico – per dirla con le parole di quella stessa mozione (p. 4) – che non sia né centralista né autoreferenziale… che pratichi le cose che dice, che sia riformista prima di tutto di se stesso… un partito che abbia un forte respiro maggioritario e costruisca le proprie alleanze sulla base del proprio programma, del proprio profilo, e non in base alle convenienze elettorali”.
E siamo convinti, come crediamo lo sia tu, che solo un partito con queste caratteristiche possa costituire un’alternativa credibile al centrodestra nel momento in cui il fallimento del suo Governo sta diventando evidente. Questo e solo questo è il motivo per cui abbiamo sottoscritto il documento proposto da Walter Veltroni insieme ad altri 73 parlamentari: per manifestare la nostra preoccupazione di fronte a un Pd che ci sembra, invece, si stia allontanando da quel progetto, che negli ultimi tempi ha mostrato alcune gravi incertezze di rotta, e che per questo appare oggi in grande affanno nel suo tentativo di costituire la struttura portante dell’alternativa al centrodestra in crisi.
Ora, sull’Unità tu ci hai rimproverato di avere manifestato questa preoccupazione grave, che pure tu condividi, in tempi e modi sbagliati. Quanto ai tempi: è stato durante quest’ultima estate, non prima, che abbiamo visto il nostro partito sbandare tra progetti di alleanza elettorale, un giorno con Rifondazione comunista, il giorno dopo con l’Udc, come se la politica potesse farsi essenzialmente col pallottoliere; ed è stato quest’estate, non prima, che abbiamo assistito al collasso del centrodestra e a un crollo dei suoi consensi, cui non ha corrisposto alcun aumento dei consensi per il Pd.
Se non ora, quando mai avremmo dovuto lanciare il nostro allarme, chiedere la correzione di rotta che ci sembra urgentemente necessaria? E poi, quante volte, nell’ultimo mezzo secolo, ci siamo sentiti dire – prima nel Pci, poi nel Pds, poi nei Ds – che “non è il tempo giusto” per proporre questa o quella scelta coraggiosa! Non abbiamo partecipato alla fondazione del Pd per sentircelo ripetere ancora una volta.
Quanto ai modi, ci rimproveri di aver manifestato con il documento incriminato la nostra preoccupazione anche utilizzando gli strumenti mediatici. Che cosa hai inteso dire? Forse che la discussione politica deve svolgersi soltanto nel chiuso del Palazzo o delle stanze del Partito e l’opinione pubblica deve esserne tenuta all’oscuro? Non possiamo credere che tu sostenga questo; e allora non comprendiamo davvero che cosa tu ci rimproveri.
Lo statuto del nostro Partito non pone limiti né circa i tempi né circa i modi del dibattito interno. Occorre dunque una concezione della disciplina di partito che non mortifichi il dibattito, non impedisca a nessuno di noi quel “sì sì, no no” che tu stesso giustamente chiedi. Occorre un atteggiamento davvero più liberale (che sapore antico hanno avuto le reazioni al nostro documento!) e più rispettoso verso chi in prima persona qualche volta si fa carico del compito non facile, ma anch’esso necessario a un partito vitale e democratico, di manifestare lealmente un’opinione controcorrente.
Pietro Ichino e Magda Negri