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Sempre sulla 194- Perché proprio Ferrara- Intervento di Andrea Benedino

By 12/01/2008Politica

Dialoghi democratici not in my name – Caro Veltroni, ma perché sull'aborto come interlocutore hai scelto Ferrara? – Andrea Benedino

Forse sono l'ultimo a dover parlare. Non sono donna, non sono padre e non sono neppure eterosessuale, e di conseguenza non vengo considerato come naturalmente predisposto alla procreazione. Però l'idea che il segretario del mio partito scelga come interlocutore per discutere di aborto Giuliano Ferrara (che peraltro non ha molti
titoli più di me a questo riguardo) mi urta nel profondo, perché va di fatto a riconoscere una patente di legittimità alle posizioni di chi, con la sua proposta di «moratoria», ha equiparato di fatto quelle donne che abortiscono a delle assassine, o peggio a dei «boia».

Certo, Veltroni nella sua lettera al Foglio difende la 194, e certo, difende pure a spada tratta la posizione della ministra Turco, e certo, essendo noi tutti dei veri e autentici democratici, a un sano dibattito non diciamo mai di no, ma perché
proprio Ferrara?
(leggi tutto)

L'ho già scritto altre volte: reputo Walter Veltroni troppo
intelligente e troppo attento all'importanza della comunicazione per
non comprendere come il valore simbolico della sua disponibilità a
incontrare Giuliano Ferrara per discutere della moratoria
dell'aborto sia infinitamente superiore al contenuto della posizione
politica da lui espressa nella sua lettera al Foglio . Perché
rischia di rappresentare la prima vera breccia in quel muro che da
decenni impedisce alle forze clericali di questo paese di mettere le
mani sulla 194, che poi significa mettere le mani sul corpo delle
donne, sulla loro libertà di scelta e di autodeterminazione e più in
generale sul valore di uno Stato laico che si rifiuta di
trasformarsi in Stato etico. Perché era assolutamente logico pensare
che nella folle strategia di conquista di un consenso egemonico
nella società da parte delle gerarchie ecclesiastiche, dopo il
risultato che è sotto gli occhi di tutti di aver impedito qualsiasi
nuova legge che ampliasse i diritti civili dei nostri cittadini
(dalla procreazione assistita, al testamento biologico, al divorzio
breve, alle unioni civili) il passo successivo sarebbe stato quello
di provare a mettere le mani, magari servendosi dell'aiuto di
qualche ateo devoto, su quella legge – la 194 – che nell'immaginario
collettivo di questo paese ha rappresentato e ancora rappresenta,
assieme alla legge sul divorzio e al nuovo diritto di famiglia, quel
complesso di leggi che hanno emancipato l'Italia dal condizionamento
eccessivo della Chiesa cattolica nella vita dei cittadini.
Viene quindi da pensare che il senso di questo gesto apparentemente
folle se non "contro natura" di Veltroni stia proprio lì: nel
segnare un passo avanti verso l'apertura di un dialogo che possa
consentire a quelle forze di provare a piantare con forza una
bandierina, seppur piccola, sulla cima della 194, magari nella
speranza che possa col tempo provocare quella valanga da essi
auspicata in grado di trasformare per sempre il valore che quella
legge rappresenta per le donne italiane, e più in generale per i
laici di questo paese. Nel rendere palese all'opinione pubblica che
nemmeno la 194, per quanto difesa e sostenuta a parole, può più
rappresentare quel santuario inviolabile che finora è stata per le
donne e i laici di questo paese, perché della sua riforma si può e
si deve discutere, addirittura con i peggiori interlocutori.
Di questo stiamo discutendo in realtà, non di altro. Di come
attraverso una serie di gesti simbolici – il voto contro il registro
delle unioni civili a Roma e appunto il dialogo con Ferrara sulla
moratoria degli aborti – la nuova stagione inaugurata da Veltroni
stia mutando nel profondo il Dna della sinistra democratica e laica
di questo paese.
Bene ha fatto quindi il presidente nazionale dell'Arcigay Aurelio
Mancuso nei giorni scorsi, in un articolo scritto con perfida e
sapiente ironia, a chiedere anch'egli un confronto alla pari di
Ferrara con la Commissione che sta scrivendo il Manifesto dei Valori
del Pd. Bene farebbero a chiedere un confronto serrato con Veltroni
il movimento delle donne, gli scienziati, i medici, i ricercatori.
Perché da troppo tempo questo partito (e anche quelli che l'hanno
preceduto) non parla più coi movimenti e non si confronta con la
realtà della vita delle persone, troppo chiuso com'è nella sua
fortezza assediata. Perché il rischio che corriamo è che questo Pd
dialoghi e interloquisca solo con chi alza la voce con prepotenza,
con chi non si fa scrupolo di strumentalizzare il dramma delle donne
che abortiscono pur di affermare il proprio dominio sull'agenda
politica del paese. Perché ha ragione Mariella Gramaglia quando
afferma che «la ragione per cui la moratoria dell'aborto sta
nell'agenda politica è che la signoria dell'immaginario collettivo e
dei canali attraverso cui si struttura è saldamente nelle mani degli
uomini».
È un bene quindi che i laici del Pd – come annunciato nell'appello
promosso da Barbara Pollastrini, Salvatore Veca, Gianni Cuperlo,
Miriam Mafai e tanti altri tra cui chi scrive – stiano finalmente
iniziando a organizzarsi, a esprimere con forza le loro
preoccupazioni per questa fase confusa che stiamo attraversando. Non
si tratta affatto di rinchiudersi in un recinto identitario, ma
piuttosto di ridare una voce chiara e forte a quelle tante e a quei
tanti che in questi mesi una voce non l'hanno avuta, che non
capiscono più cosa sta succedendo, e che rischierebbero di trovarsi
presto senza un partito di riferimento se nel Pd non venissero
fissati paletti chiari su diritti civili, laicità ed etica. Perché è
proprio l'assenza di questa voce che consente a chi urla più forte
di farsi ascoltare e di divenire l'unico vero interlocutore. Perché
è importante che Veltroni sappia, quando incontrerà l'orco Ferrara,
che saranno in tante e tanti in quel momento nel Pd a pensare, come
io penso, «not in my name».

componente commissione nazionale Manifesto dei Valori del Pd

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MAGDA NEGRI

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