Senato- intervento della senatrice Negri in aula sulla:
Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca
NEGRI (Aut). Signor Presidente, colleghi, il dibattito che si è svolto in 7ª Commissione e che si sta svolgendo adesso in Aula non dovrebbe apparire e non vuole essere un dibattito procedurale di diritto amministrativo o qualcosa di simile. Credo che vi furono delle coincidenze particolari: proprio l'8 febbraio fu presentato il rapporto del CIVR e la valutazione del lavoro di molti di questi enti.
Oggi stesso, mentre noi svolgiamo questo dibattito, apprendiamo dell'interesse scientifico sul fatto che fra due settimane, il 25 aprile a Bruxelles, si chiuderà il primo bando dell'European research council di 300 milioni di euro destinati a giovani ricercatori impegnati in ricerche di frontiera, spostando il paradigma di valutazione dei progetti delle ricerche e il suo finanziamento.
Il dibattito che abbiamo svolto, e di cui dobbiamo ringraziare maggioranza e opposizione, e in particolar modo il relatore Ranieri (se i colleghi avranno voglia di vederla, esiste una copiosissima somma di proposte avanzate nelle numerose audizioni), non è diretto – c'era stata qualche preoccupazione legittima – a tenere giù le mani della maggioranza di Governo dal governo degli enti di ricerca, ma a fornire al Paese e a noi stessi gli strumenti migliori per potenziare e valorizzare, per il bene del Paese, la ricerca italiana e per tenerla in un apprezzabile equilibrio di competitività.
Alcuni problemi sono stati risolti e altri no. Vorrei ricordare che l'AIRI, la Confindustria, ed anche la CISL ci esortano ad estendere le nuove norme – ne ha fatto cenno anche il relatore Ranieri – a tutti gli enti di ricerca e non solo a quelli vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca. Essi hanno altresì sottolineato che, anche se alcuni emendamenti sono stati accolti e hanno migliorato il testo, è necessario trovare un migliore rapporto con gli enti locali, con le Regioni e con i settori produttivi.
Poi ci è stato chiesto – e su ciò dobbiamo riflettere – come riusciremo a combinare l'eccellenza scientifica, che pur vogliamo negli organi di governo, con le capacità manageriali e gestionali che il livello attuale del lavoro di ricerca pubblica comporta. È vero che la Corte dei conti sostiene che al CNR va tutto bene, ma certo i dati sulla produttività della ricerca italiana rispetto a quella di altri Paesi – perché non contano soltanto i saggi scientifici, ma anche il numero dei brevetti e la loro produttività – ci fanno riflettere.
Quindi, è nell'ambito di una valutazione di contesto generale che questa discussione si è svolta per cui penso si debba riflettere. Ho ascoltato al riguardo anche il parere di molti colleghi. Tra noi si è sviluppata una discussione su come debba essere il rapporto tra ricerca pura e ricerca applicata. Ad esempio, in Europa la linea di demarcazione e di definizione è più mobile rispetto alla nostra. Stiamo riflettendo sull'appello che tutti i ricercatori del CNR, insieme ad un grande numero di docenti universitari, ci hanno rivolto in Commissione.
Tutti i sistemi scientifici dei Paesi avanzati, anche nella loro componente pubblica, essendo di tipo competitivo, devono essere essi finalizzati al complessivo benessere ambientale e sociale del sistema paese per cui deve esserci un processo sincronico tra ricerca pura e ricerca applicata, con adeguati finanziamenti ed il reperimento di risorse, sia dal sistema pubblico che privato, deve avvenire con bandi nazionali ed europei.
Ebbene, ci siamo trovati di fronte ad un discorso pubblico con molti protagonisti e molte voci, da cui abbiamo tratto vari spunti di riflessioni, nessuno dei quali è apparso un punto di vista corporativo o settoriale. I ricercatori che chiedevano stabilizzazione parlavano insieme della migliore definizione degli organi di governo del loro stesso istituto.
Colgo l'occasione per ricordare una sorta di studio di fattibilità esemplare svolto dall'INAF in seguito alle audizioni ancora prima dell'arricchimento apportato dalle minoranze sul disegno di legge originale. L'INAF ci ha presentato sul primo disegno di legge (che in seguito – ripeto – è stato giustamente arricchito, come sottolineato dal senatore Valditara), in particolare sugli articoli 1a) 1b) e 1c) una sorta di simulazione di fattibilità. In esso erano già presenti tutti i search committees, l'autonomia statutaria, un originale consiglio gestione delle risorse. Con ciò intendo dire che un rilevante istituto, sollecitato, già si applicava, insieme ai contributi che sarebbe poi venuti certamente dal Ministero, a definire esso stesso, in prima persona, le modalità di funzionamento della propria autonomia statutaria.
Ecco perché penso, in conclusione, che a tutti i punti che sono stati giustamente sottolineati – autonomia statutaria, ma nell'ottica di un piano nazionale della ricerca, valutazione dei search committees per l'individuazione dei candidati di nomina governativa, autonomia e responsabilità della comunità scientifica – abbiamo lavorato partendo da punti di decollo talvolta immaturi e poi cresciuti grazie al confronto, al fine di tener conto della straordinaria eccezionalità di contesto, di temporaneità, in cui versa la ricerca italiana e a cui è chiamato a rispondere il Governo italiano. Non abbiamo ragionato di spoils system e se qualcuno ha temuto che si ragionasse di questo ha ridotto l'obiettivo.
Pertanto, l'urgenza avvertita – penso alla CISL – di estendere questo modello anche ad altri enti credo sia essa stessa riconoscimento della bontà di questo lavoro.