Ultimi regali in arrivo nella mia casella della posta al senato. Un bel libro del Ministero dell’istruzione con tanto di CD dedicato alla didattica della Shoah. Grazie a Violante è stato istituito il giorno della Memoria, ma è una piaga che non si rimargina, perché le violente contestazioni torinesi sulla Fiera del libro dedicata a Israele la rinfocolano con una crudezza inconsapevole. I ricordi si accavallano, la gratitudine a Violante, la difesa che Picchioni sta facendo della Fiera del libro e la bellissima mattinata del 27 gennaio al Consiglio comunale di TORINO con il ricordo del professor Levi, presidente della Comunità Ebraica e dei combattenti ormai molto anziani, rappresentanti del Cln. E con il bellissimo concerto di mandolino offerto da giovani musicisti venuti da Tel Aviv.
Ero circondata da ex combattenti dell’esercito italiano e e delle formazioni partigiane ormai molto anziani, ma tenaci, che leggevano memorie scritte a mano. Spero qualcuno le raccolga. Ho appreso lì che il presidente Ciampi ha dedicato un monumento ai soldati italiani che hanno fatto battaglia passiva dopo l’8 settembre ’43. Sapete chi sono gli IMI ? Gli internati militari, quelli dell’Esercito italiano che dopo l’8 settembre furono catturati nei campi prigionia e lager nazisti, quelli che furono sorpresi dall’evoluzione della guerra e quelli che si rifiutarono di arruolarsi nell’esercito di Salò. A 58 anni mi rendo conto di essere l’ultimo anello generazionale che ha potuto attingere alla storia patria non tanto recente di persone come mio padre. Mio padre era un IMI.
Ricordo una foto di lui poco più che 20enne, una foto della sua prigionia, in un campo di lavoro polacco. Raccontava a me, bambina, dei 7 giorni passati nel vagone blindato con poca acqua e senza mangiare. E dei compagni che al Brennero tentarono la fuga e furono fucilati. E mi raccontava del suo ritorno quasi a piedi dopo il’45 attraverso tutta la Germania. Di volta in volta ottenendo passaggi dai convogli degli inglesi. Aveva visto irrompere vicino al campo di lavoro e di prigionia nazista, là nelle pianure della Polonia, un grande terno che portava davanti un’enorme falce e martello dei soldati sovietici. E lui, giovane, di famiglia poverissima, cresciuto sotto il fascismo e deportato nei campi nazisti si era terribilmente spaventato. Paradossi dell’ideologia!. Il 27 gennaio a Torino il vecchio comandante partigiano ha reso omaggio alla sofferenza di tutti i ragazzi come mio padre. La storia, davvero, siamo noi!